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L’Europa e gli armamenti: il finto erbivoro tra i carnivori

Il Financial Times ha scritto che chi governa l’Unione Europea vorrebbe usare i miliardi del fondo di coesione (379 miliardi dei quali sono stati spesi solo una ventina) a favore del riarmo. Non proprio in armi vere e proprie, il che sarebbe inaudito, ma in infrastrutture e logistica utili alla difesa militare (porti, ponti, strade, ferrovie,…). Se così fosse sarebbe un argomento ulteriore, se già non ce ne fossero molti, per favorire l’ascesa delle destre che vogliono ribaltare l’attuale maggioranza popolare-socialista-verdi che governa (male), in quanto è nota la contrarietà della grande maggioranza degli europei ad un riarmo.

Non ci sono conferme ufficiali ma non è escluso che possa andare davvero così, visto l’aria bellicista che tira, così come si coglie anche dalla proposta di Draghi (e da molti “esperti”, tra cui un editoriale dell’economista Giavazzi -già consigliere di Draghi- sul Corriere della Sera del 15 novembre), in cui consiglia di dire a Trump (per ammorbidirlo sui dazi) che l’Europa sarebbe disposta a diventare “adulta” e ad armarsi arrivando non proprio al 3,5% delle spese militari sul PIL, come negli Stati Uniti, ma almeno al 2%, come richiesto dalla Nato. La narrazione è sempre quella: Putin vuole invadere l’Europa. Una cosa del tutto improbabile. Per l’Italia arrivare al 2% significa aggiungere agli attuali 33 miliardi altri 16 e arrivare a 50, 2/3 dell’intero budget di scuola e università. Per ora lo impedisce il Patto di Stabilità europeo, ma Draghi e Giavazzi chiedono che l’Italia sia autorizzata a spendere in deficit solo per le armi.

(Walter Veltroni, che scrive qualche editoriale sul Corriere della Sera, nei giorni passati ha lanciato l’idea per l’Italia di un nuovo New Deal, il programma di opere pubbliche lanciato da Roosevelt nel 1933, ma non ha specificato in quali settori, né ha spiegato come potrebbe essere finanziato. Non sarà mica d’accordo anche lui per un New Deal sulle armi?)

Dal 20 gennaio prossimo conosceremo le mosse effettive di Trump, il quale ha sempre detto che vuole chiudere la guerra in 24 ore. Pare certa, dopo la vittoria di Trump, la rinuncia degli americani a supportare ancora l’Ucraina in una vittoria contro la Russia che, peraltro, appare impossibile. Lo stesso Zelenskyj, che capisce che l’aria è cambiata, annuncia che il 2025 sarà l’anno della pace. Il cessate il fuoco (o la pace) è certamente meglio del proseguimento di una guerra atroce di trincee (come nella prima guerra mondiale) che distruggerebbe non solo l’Ucraina – che peraltro conta ormai 80mila disertori – ma tutta l’Europa (oltre alla Russia). Le motivazioni del sostegno all’Ucraina sarebbero che la Russia vuole invadere tutta l’Europa: la qual cosa non solo non è nelle intenzioni di Mosca ma pare del tutto demenziale, se si pensa che la Russia in oltre due anni non è riuscita a conquistare l’Ucraina.

 

L’Europa suicidatasi con due guerre mondiali fratricide si è declassata al rango di potenza di seconda fila…ormai subalterna a nuovi più giovani soggetti” scrive Luciano Canfora nella Grande guerra del Peloponneso (ed Laterza, euro 20): un po’ come Atene e Sparta che, facendosi la guerra per 50 anni, hanno aperto al dominio della Persia su entrambe. Il futuro dell’Europa dovrebbe essere quello di tornare alle sue origini di “polo” mondiale basato sulla cultura, arte, diritti, welfare, stile di vita, né americano né cinese. Un rango che può ottenere non certo col riarmo, ma sviluppando una sua indipendenza e autonomia, dialogando con tutti e imparando piuttosto dalla neutrale Svizzera che ha una spesa militare irrisoria e che non cresce negli anni. Peraltro, la spesa militare dell’Europa è imponente (quasi come la Cina, il triplo della Russia) con i suoi 315 miliardi di euro, che rappresentano il 13% del budget mondiale. Gli Stati Uniti hanno la spesa maggiore (900 miliardi), seguiti da Cina (345), Europa (315), Russia (126), India (83), Arabia Saudita (74), Gran Bretagna (69), Ucraina (62), Germania (61), Francia (57). I paesi occidentali (Nato) spendono il 66% (2/3) di tutta la spesa militare mondiale, mentre i Brics il 28%. I principali 36 paesi al mondo spendono il 94% del totale. L’Italia con 33 miliardi è al 12° posto al mondo: non proprio “noccioline”.

Spesa militare nei primi 36 paesi (94% del totale mondiale, pari a 2.400 miliardi) nel 2000 e 2023, milioni di dollari a prezzi costanti 2022
(fonte Annuario Sipri, 2024)

A mio avviso il futuro dell’Europa non sta nel diventare una super potenza militare, ma semmai un “polo” mondiale di pace e cooperazione come ha dimostrato negli ultimi 75 anni, dopo il periodo coloniale, soprattutto nel momento in cui venisse a cessare la disponibilità a seguire pedissequamente la pretesa degli Stati Uniti di spingere l’Europa ad allargarsi ad est, sapendo che ciò costituisce una provocazione per Mosca. L’Europa potrebbe cooperare coi paesi confinanti della Russia senza per questo doverli annettere all’Europa o alla Nato, fino a cooperare con la stessa Russia.

I fondi di coesione 2021-27 sono nati per ridurre le disuguaglianze territoriali e sarebbe inaudito usarli per un riarmo. La metafora zoologica di Macron di una Europa erbivora circondata da carnivori, oltre che essere falsa è penosa. L’Europa spende, seppure in modo frantumato (e acquistando dagli Stati Uniti per il 50% i sistemi d’arma) il triplo della Russia e ha un partner pronto a intervenire in suo aiuto come nella 2^ guerra mondiale, e che spende 7 volte più della Russia. Ci vuole un bel coraggio a definirsi erbivori.

 

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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