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Lettera aperta ai maschi “perbene”

Riprendendo il bel contributo di Arianna Ciccone, Lo stupro e la violenza sulle donne non è un’emergenza, è un enorme problema endemico e sistemico [Qui su Periscopio], vorrei approfondire in cosa consiste il caratterizzarsi come ‘endemico e sistemico’.

Per esperienza personale, purtroppo, posso infatti testimoniare che il secondo stupro alla vittima viene fatto dal sistema istituzionale. Non mi riferisco solo ai social, ai media, all’informazione, che non rispettano il legittimo bisogno di dimenticare della vittima per andare faticosamente avanti.

Mi riferisco al sistema giudiziario, composto da giudici e avvocati, assistenti sociali, forze dell’ordine, tutti apparentemente perbene che, specie quando sono nella veste di avvocato difensore, accettando di difendere l’indifendibile, rivelano tutta  la violenza del fenomeno della “vittimizzazione secondaria”, per cui la vittima è sempre complice diretta o indiretta dello stupratore.

In questa fase, che dura anni, si svela la struttura profondamente maschilista della nostra società, per cui una donna che fa esattamente quello che fanno gli uomini, cioè esce sola, beve, accetta di relazionarsi a persone sconosciute, si veste succintamente quando fa caldo, “SI CERCA lo stupro”.

Il messaggio piuttosto esplicito, espresso, anche se non richiesto, dal compagno della Meloni, è che le donne farebbero bene a limitare le loro estrinsecazioni di libertà eccessiva e  stare “attente al Lupo”. Non rendendosi conto che ci sono anche i lupi in doppiopetto, gli insospettabili uomini perbene, che tutto fanno tranne indagare quell’enorme buco nero della loro psiche che li porta a interpretare alcuni atteggiamenti femminili come un invito a divorare la preda senza chiedersi cosa sia il consenso.

L’impari patrimonio di libertà personale fra i sessi non solo non viene contestato, viene rafforzato dall’implicita accettazione che i maschi sono pericolosi, meglio rifugiarsi nella nicchia familiare o nella coppia, sempre più necessaria per la libertà di movimento della donna.

Ma da dove deriva il maschilismo endemico, poi organizzato come sistemico? Qui ci sono delle responsabilità politiche e culturali degli intellettuali, anche loro “maschi perbene”.

Nel deserto di filosofi femministi, si distingue Engels, nel suo L’origine della famiglia, della proprietà e dello stato aveva dato qualche giusta indicazione, mai seguita dagli intellettuali che hanno delegato pilatescamente un problema politico alle femministe, perchè rimanesse fondamentalmente tutto uguale. Engels ha indicato nella famiglia la prima cellula della proprietà capitalistica, basata sull’ineguale ripartizione del lavoro, sia per qualità, sia per quantità e dove la donna e i figli sono gli schiavi dell’uomo.

Nell’attuale versione riveduta e corretta in cui i genitori sono spesso acritici schiavi dei figli e difensori della malsana ideologia maschilista a loro trasmessa, permane tuttavia alla base dei femminicidi la punizione di “lesa proprietà” dell’ex partner che elimina fisicamente chi “osa” scegliere di porre fine alla relazione.

Lo stupro collettivo, al contrario, essendo non parentale, ma anonimo, sembra rivendicare un diritto di proprietà sulla donna come proprietà collettiva, come “bene comune” di cui godere sconsideratamente e impunemente.

Il famoso sociologo Pierre Bourdieu nel suo Il dominio maschile denuncia l’arbitrarietà del sistema simbolico patriarcale, senza alcuna corrispondenza nell’ordine naturale, ma basato sul dominio e il potere. La violenza sistemica ha bisogno dei suoi riti trionfali per rimarcare la differenza fra chi ha il potere (eludendo  vigliaccamente ogni forma di simmetria numerica nello scontro) e chi lo deve subire.

Gli uomini “perbene” delle istituzioni cercano ogni mezzo per minimizzare i fatti che si accumulano ripetitivi: femminicidi, stupri e violenze domestiche, rendendoli casi, elementi singolari e non collettivi, elementi del sistema impazziti, mentre il sistema “democratico” promette di rieducarli, dicono che il carcere non serve, anzi peggiora.

Ma chi si preoccupa della vittima che, dopo che ha denunciato, deve stare barricata in casa per paura della vendetta, in attesa che si muova la pachidermica macchina della giustizia? A cui propongono, se fa troppe storie, una casa protetta in totale anonimato, dove non ti possono venire a trovare parenti e amici? Chi si preoccupa degli psicofarmaci presi per anni per placare l’ansia di una fiducia nella vita distrutta?

La preoccupazione maggiore dell’ordine simbolico maschile sembra invece di dimostrare di essere buono, a parte alcuni rari casi, senza mettere in discussione il comandamento lacaniano che il significante principale della nostra società sia il fallo.

Come dice Chiara Saraceno, siamo di fronte a un enorme problema culturale, che non si può relegare alle donne, perchè riguarda la convivenza civile fra persone, le relazioni umane, il senso del mondo.

Tu, uomo per bene, da che parte stai?

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Eleonora Graziani

Laureata in pedagogia e filosofia, PHD in feminist studies presso l’Università di Coimbra. Ha insegnato in Italia e all’estero, in carcere e agli adulti stranieri lingua e cultura italiana. Filosofa femminista ha al suo attivo diverse pubblicazioni sulla mistica femminile.

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