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Le voci da dentro. Tossicodipendenza: il disastro peggiore

Una riflessione preziosa, una testimonianza emozionante ed un contributo interessante su un tema difficile come quello della tossicodipendenza di cui spesso i politici parlano a sproposito. (Mauro Presini)

Tossicodipendenza: il disastro peggiore
di J. W.

L’ONU, nel 1984, dichiarò il fenomeno della tossicodipendenza peggiore dei disastri atomici di Hiroshima e Nagasaki. Questo porta a comprendere oggi quante possono essere le morti dovute alla tossicodipendenza a quasi 40 anni di distanza.

Ci sono molte scuole di pensiero: su un argomento delicato come questo si sono messi al lavoro menti geniali, ma forse solo per avere i propri 5 minuti di fama. Il problema è che non esiste una ricetta, una cura esatta, essendo ogni persona diversa dall’altra.

Nei primi anni ottanta aprirono in Italia le prime comunità di recupero e venne studiato un farmaco sostitutivo per l’astinenza fisica chiamato eptadoneil metadone di oggi.

Le comunità si fondavano ognuna su un proprio preciso percorso; non importava che entrasse il ragazzino che si era fatto due schizzi o il vecchio tossico consumato con 20 anni, il percorso è uguale per tutti.

Negli ultimi 15 anni abbiamo visto una trasformazione nelle comunità; questo perché le varie generazioni di tossici erano diverse dalle precedenti e questo ha portato un percorso personalizzato per andare incontro alle esigenze di ognuno.

A oggi, nonostante alcune comunità esistono da più di 40 anni, la percentuale di riuscita (parliamo di stare bene in vita) è relativamente bassa: il 34 per cento. Sono le comunità che non funzionano o altro?

La tossicodipendenza è in continua evoluzione e ogni 2-3 anni esce qualche nuova droga sintetica che io non userei mai, essendo un tossico classico da eroina e cocaina, ma molti giovani cominciano proprio con queste droghe e ciò porta problemi nelle cure perché non si sanno ancora bene gli effetti collaterali che possono provocare.

Il percorso in comunità è con altri ragazzi ma in realtà sei solo, nel senso che è una gara da fare strettamente dentro di te.

Il primo passo da fare è ammettere a se stessi quello che si è; per quanto schifo e vergogna possa farci, lo dobbiamo fare, perché quando metteremo a posto questo, il primo passo sarà fatto. Io ho un problema di tossicodipendenza e ho sacrificato tutto, anche gli affetti più cari, e ho scelto altro.

Il secondo passo è fidarsi degli operatori, o anche solo del tuo operatore; se non c’è fiducia non ci si potrà mai mettere in gioco e quindi non si potrà mai fare niente di più.

Molte persone si costruiscono un finto personaggio per andare avanti più spediti e uscire prima dalla comunità; queste persone sono già fottute, non hanno nessuna speranza. Impara a capire dove sono le trappole, ricorda che quel che vedi non è, impara a riconoscere i campanelli d’allarme e ascoltali.

Abbi paura e molta rispetto della droga: non sei più forte di lei, nessuno lo è. Puoi stare tranquillo un mese, sei mesi, anche anni, ma se non hai fatto un lavoro serio su di te, tornerà a prenderti.

Non ti serve una scusa per farti, ti fai perché ti piace, ti fai perché non reggi la vita, la realtà e i problemi, per i traumi che hai avuto ma ciò non ti giustifica. I problemi nascono da te stesso, te li porti dentro quindi non puntare il dito al di fuori di te per giustificare tutto. Lavora su di te. Sempre. Se non ami te stesso, come puoi amare qualcun altro?

Hai perso molte persone nella tua vita ma non ti rendi conto che, in primis, hai perso te stesso.
Vivi la tua vita a 100 all’ora quando il mondo va 30 volte più veloce; allora andrai meno forte e quello sarà il tempo per stare con le persone che ami, perché brucerà il tragitto prima di loro o loro non riusciranno a starti dietro. Vale di più la velocità e la solitudine, o vivere ogni attimo assaporandolo con chi ti è vicino?

L’uomo più fortunato che calpesta questa terra è chi trova il vero amore, perché l’amore porta responsabilità invece la droga non te ne chiede.

L’amore è sacrificio, la droga non te ne fa sentire.

L’amore è una droga che ti porta a fare sempre lo stesso gesto.
Solo tu puoi, solo tu non puoi. Qualsiasi sia la scelta, sappi che hai trovato un amico.

 


Si chiama Astrolabio il giornale della Casa Circondariale di Ferrara. Ed è un progetto editoriale che, da qualche anno, coinvolge una redazione interna di persone detenute insieme a persone ed enti che esprimono solidarietà verso la realtà dei detenuti. Il bimestrale realizza il suo primo numero nel 2009 e nasce dall’idea di creare un’opportunità di comunicazione tra l’interno e l’esterno del carcere. Uno strumento che dia voce ai reclusi e a chi opera nel e per il carcere, che raccolga storie, iniziative, dati statistici, offrendo un’immagine della realtà “dietro le sbarre” diversa da quella percepita e filtrata dai media tradizionali.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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