Al centro del nostro relazionarci c’è sempre una “storia”, perché le storie sono la materia narrativa che costituisce senso e legame. Ciò che gli altri raccontano di sé e noi di noi stessi a loro, diventa terreno comune di unione, di condivisione del dipanarsi del tempo.
E la forza di ogni storia non sta solo nella qualità e quantità di elementi narrativi che ci doniamo reciprocamente, ma anche nella capacità e volontà di recepirla e trasmetterla per poi depositarla rispettosamente nel magazzino della nostra mente e della nostra emotività.
Le storie di vita che ascoltiamo e raccontiamo ruotano attorno a parole pronunciate con dolcezza, tristezza, veemenza, passionalità, dolore, speranza, entusiasmo, rancore, pienezza, sarcasmo, esasperazione, lapidarietà, rassegnazione, riconoscenza, e ogni volta è una pagina nuova che ci dà modo di leggere o scrivere, interpretare e condividere le nostre esistenze.
Ascoltare e narrare storie ci appartiene strettamente fin dall’ infanzia, quando il racconto diventa il primo approccio con il mondo esterno per avvicinare ed elaborare la realtà comprendendone i risvolti. La storia di ciascuno di noi è quanto di più intimo, profondo, potente ed esclusivo ci appartenga: è la nostra pelle e la nostra essenza da cui non potremo mai separarci.
Ascoltare le storie di chi incontriamo, delle quali diventiamo testimoni e depositari, restituisce la dimensione umana giusta e preziosa che forse in quest’epoca andiamo perdendo per fretta, indifferenza, paura, egoismo, autoreferenzialità.
Fermarsi ad ascoltare con atteggiamento disponibile ed empatico arricchisce chi ascolta partecipando al racconto e dà sollievo e gratificazione al narratore, in uno scambio reciproco.
Ed ecco che uno studente in crisi esistenziale espone le difficoltà nell’individuare percorsi progettuali, riferiti ad un futuro nebuloso e incerto; una nonna profondamente provata, racconta della giovanissima nipotina venuta a mancare per “un brutto male che non perdona”, ricordando momenti toccati. Un imprenditore lamenta i problemi dell’azienda, raccontando la storia della sua attività e sottolineando i grandi cambiamenti epocali; una casalinga non più giovane sventola il conto della spesa e sconsolata rievoca la propria storia fatta di sacrifici e abnegazione a totale servizio degli altri, fino all’annullamento di sé e dei propri sogni.
Una cinquantenne che deve affrontare un divorzio complicato fa un bilancio della propria vita ed esplora nuove modalità su cui ricostituire la propria esistenza; un pensionato, la cui unica compagnia è il cane, commuove e si commuove al ricordo di chi non c’è più, delle opportunità non colte, ma anche di una vita movimentata e libera. Un giovane uomo in pieno burn out racconta di aver puntato tutto sulla professione, sottopagata e poco riconosciuta, finendo stritolato da ritmi insostenibili e profondo sconforto. Un aspirante in politica attende freneticamente il suo momento in autunno, confidando su un successo elettorale, dopo una vita di attesa, frustrazioni e false partenze.
Una signora racconta gli effetti della pandemia nella propria quotidianità, arrivando a non riuscire più a intessere relazioni con gli altri perché in preda all’ansia; una giovane di Kiev racconta della guerra e di un’Ucraina prebellica che non esiste più, di un domani ancora impossibile da disegnare.
Storie, esperienze di vita, racconti che fanno comprendere come l’avventura umana sia quanto di più complesso, affascinante e degno di attenzione si possa immaginare.
Come il racconto di un’anziana che si dichiara pronta ad andarsene serenamente, pienamente contenta della propria esistenza nonostante la povertà in tempi difficili, un padre-padrone, un marito-padrone, i figli emigrati nel resto del mondo, “ma ho vissuto tutto quello che c’è da vivere e non sono mai scappata davanti a niente. Ho pianto ma non ho mai dimenticato di sorridere”.
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Liliana Cerqueni
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