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Le storie di Costanza. Agosto 2062 – La morte dello zio Celeste

Io e Bianca abbiamo portato Costanza in ospedale a Trescia per togliere il gesso. Là, dopo una radiografia, hanno costatato che il piede non è ancora guarito del tutto. Le hanno fatto una fasciatura rigida e raccomandato di camminare ancora per tre settimane con le stampelle. La situazione è migliorata, ma bisogna pazientare ancora un po’. Così ci hanno detto i medici e, con un po’ di dispiacere per le nostre aspettative in parte disattese, abbiamo riportato mia zia a casa sua in via Santoni Rosa numero 21.

Purtroppo, la pazienza non è la dote migliore Costanza Del Re. “Maledetta la miseriaccia brutta” ha detto “mi tocca andare con le stampelle ancora per quasi tutto agosto. Mi perdo la possibilità di camminare per le vie di Pontalba mentre il sole tramonta e il cielo si riempie di stelle. Agosto è il mese delle stelle cadenti. Basta uscire dal paese di qualche centinaio di metri e si vedono le stelle che, come fiammelle morenti, incendiano il cielo blu per un attimo appena. Sono stufa di questo piede maledetto, mi ha dato problemi per tutta la vita.”

Purtroppo, è vero, quel piede ha avuto diversi guai. Rotto un legamento una volta, rotto l’alluce un’altra, una brutta botta al tallone una terza, la rottura del metatarso adesso. I primi tre incidenti sono lontani nel tempo perché risalgono a quando la zia era giovane e faceva sport, l’ultimo è attuale. Un piede davvero mal messo. Già prima di quest’ultimo incidente usava spesso la cavigliera elastica, non so come la metterà adesso. Speriamo comunque che riesca a camminare, perché in caso contrario potrebbe diventare intrattabile.

A Costanza piace passeggiare e, nella sua lunga vita, ha macinato tantissimi chilometri a piedi, credo che se provassimo a contarli ci stupiremmo di quanti sono. Ha camminato sugli argini del Lungone quando era felice e quando era triste, quando c’era il sole e quando pioveva, con la neve e col ghiaccio.

Credo che ciò che ha caratterizzato sempre questa sua abitudine sia stata la solitudine dell’esperienza.  Ad eccezione di alcune passeggiate fatte con suo marito, le spedizioni sugli argini le ha fatte quasi sempre da sola. Le piace camminare con il suo ritmo, facendo passi un po’ lunghi e un po’ corti, camminando in avanti e a volte anche all’indietro, fermandosi dove vuole, sedendosi sull’erba, o sul ramo di qualche grande albero, o vicinissimo alla riva del fiume, a qualche centimetro dall’acqua.

Mi ha raccontato che una volta Genziano, un signore che conosceva perché anche lui era amante degli argini, si è spaventato vedendola ferma immobile vicino al pelo dell’acqua. È corso giù verso il fiume e si è messo a gridare: “Costanza cosa fai lì? Perché stai ferma a quel modo vicino all’acqua? Sei sicura di stare bene?” Lei ricorda di essersi messa a ridere e, così facendo, di aver tranquillizzato il suo potenziale soccorritore.

Le ho chiesto cosa facesse così vicina all’acqua e lei mi ha risposto che le piace guardare il fiume da vicino. Ancora adesso che ha novantadue anni, ogni tanto scende dall’argine fino a pelo d’acqua, cosa abbastanza pericolosa, perché se mai le dovesse venire un giramento di testa o un malore improvviso, rischia di finire direttamente in acqua e di essere trascinata dalla corrente. È vero che sa nuotare molto bene, ma questa sua abitudine mi sembra comunque non più adatta alla sua età.

Una volta ho provato a dirglielo e lei mi ha risposto “Non me ne importa proprio nulla, guardare l’acqua da vicino è come ricaricare la mia pila interna. L’energia del fiume che scorre passa nel mio sangue, recupero vita dall’ambiente. Inoltre, l’acqua è molto bella da vedere. Sempre uguale e sempre diversa, sa rasserenare e divertire.”

Le ho chiesto perché ritenga l’acqua divertente e lei mi ha detto “Perché è viva! Se tu la guardi scorrere da vicino vedi piccoli insetti, piccoli pesci, tronchi e foglie, lumache. Io mi diverto. Guardo l’acqua che scorre e mi sento meglio, leggera. È tutto vero, naturale, imprevedibile e curioso. Lo scorrere del fiume visto da vicino è contemporaneamente un evento grande e piccolo. È grande perché riguarda l’intero fiume, è piccolo perché riguarda anche il più minuscolo degli insetti.”

La zia ama particolarmente le anse del fiume. Nelle anse l’acqua rallenta mentre curva. Questo scorrere più lento crea un microclima particolare, davvero unico. La temperatura è più alta e, con un maggiore tasso di umidità, le larve si sviluppano meglio e le uova dei pesci si schiudono con facilità. La vegetazione è particolarmente rigogliosa e, in primavera, sbocciano tanti fiori.

Inoltre, le anse dei fiumi sono una protezione naturale dalle esondazioni e dalle varie maledizioni che l’acqua può portare. Sono infatti proprio le anse che rallentano il cammino dell’acqua la quale, scorrendo più lentamente, penetra meglio nel terreno e, così facendo, diminuisce la portata complessiva del greto, diventando un rimedio naturale contro le esondazioni.

Le anse sono anche molto belle da vedere. Le foglie sono verdissime e i pesci si avvicinano molto a riva per magiare. Lì si sta in pace. Se guardi il cielo lo vedi, se ascolti la natura, la senti. Con meno poesia è meglio usare un berretto, il repellente per le zanzare e le calze, prima che qualche insetto decida di abitare nei tuoi pantaloni e di verificare quanto il tuo sangue sia succulento.

La magia della natura non è mai assoluta, è la nostra capacità di apprezzarne la parte edificante che fa la differenza.

I gatti graffiano, i cani mordono, i piccioni sporcano ovunque, le nutrie fanno paura perché sembrano dei grandi topi aggressivi. In realtà non so se tutto questo odio verso le nutrie sia giustificato dalla loro conformazione fisica e dalle loro abitudini. Mi sembra però che il loro aspetto contribuisca a rendere questi animali odiosi.

C’è stato un periodo intorno al 2025 in cui le nutrie erano così tante, che i cacciatori della zona le hanno sterminate con i fucili. In quel lontano 2025 la zia era una cinquantenne molto arzilla e si ricorda con una certa apprensione lo sterminio di quegli animali. Credo che le abbia fatto impressione, anche perché ricorda mucchi di cadaveri sui cigli delle strade.

Da allora di tempo ne è passato tanto e lei continua a scendere a pelo d’acqua e a guardare il fiume come se fosse una novità. Speriamo che il suo piede guarisca definitivamente e che lei possa riprendere le sue solitarie passeggiate. Le fanno bene al corpo e allo spirito. Altrimenti un giorno o l’altro finirà per arrabbiarsi per un nonnulla e per prendersela con qualche malcapitato.

Su e giù per via Santon Rosa la conoscono tutti. L’attuale fornaio, che ha il negozio sull’angolo della via, si chiama Axel ed è il figlio del fratello di Camilla, la fornaia amica della zia che è andata in pensione quindici anni fa, lasciando il minimarket al nipote. Axel è laureato in economia degli spostamenti materiali e si occupa di teletrasporto di particelle viventi, oltre a questo gestisce il negozio.

Ha assunto una commessa che vende il pane e lui si occupa degli acquisti e della gestione contabile. La commessa si chiama Levante Azzurra Azzini e la chiamano tutti Leaz. Leaz è gentile ed efficiente, Axel ha scelto bene. La ragazza ha gli occhi azzurri, i capelli verdi (dice che adesso si usa così), non è molto alta e ha una corporatura robusta. Ha un seno prominente e piace molto ai clienti maschi. Mi chiedo se Axel l’abbia scelta anche per questo.

Due giorni fa sono andata in negozio e Leaz mi ha chiesto del piede di Costanza. Le ho raccontato quel che ci hanno detto i medici di Trescia, così adesso tutta Pontalba è aggiornata sui miglioramenti del metatarso della zia.

I negozi di paese sono così, sono dei costruttori efficienti di notizie e dei ripetitori importanti di novità. Se vuoi sapere ciò che sta succedendo a Pontalba, devi ascoltare quel che dice la gente nei negozi. Non importa che la notizia sia oggettivamente vera, o meglio, i gradi di oggettività possono essere molto diversi. Può capitare che la notizia sia solo arricchita di qualche particolare inutile e finto, ma il nocciolo della questione è che sia verificabile.

Oppure ti imbatti in una notizia falsa, che nessuno sa dove si sia generata. Qualcuno ha interpretato male dei pezzi di informazione, non li ha coerentemente assemblati, oppure si è inventato un evento di sana pianta e l’ha spacciato per vero con fini che, solo qualche volta, si riesce a riscostruire. Tutto questo succede in un paese piccolo e anche in tutti i paesi del mondo.

Tutto questo è comunque importante, perché è una delle fonti primarie di socialità. Anche smascherare le false novità fa parte dei fini che garantisce la conversazione che si svolge nei negozi. È un habitat di notizie, un contenitore di invenzioni e di relazioni necessarie perché la gente è così, perché le interazioni tra le persone sono così.

Perché la cattiveria e la bontà si manifestano quasi sempre nello stesso modo e qui ci sono entrambe, come dappertutto.

La zia ricorda un episodio di quando era piccola che porta sempre come esempio delle stranezze che possono succedere in un paese e di come la realtà sia una definizione che può degenerare non poco. Costanza racconta che quando aveva dodici anni, un giorno sua madre Anna, tornando da scuola, si è presa uno spavento terribile, perché ha visto il parroco entrare nella casa di nostro zio Celeste che abitava in piazza.

È arrivata a casa, ha depositato la borsa ed è riuscita di corsa, risalendo verso la piazza per verificare che non fosse successo niente di grave allo zio. Mentre correva, una persona l’ha fermata per dirle che Celeste era morto. Così, con le lacrime agli occhi e il dispiacere nel cuore la nonna è arrivata a casa dello zio, è entrata dalla porta che dava direttamente sulla cucina ed è rimasta di stucco.

Lo zio Celeste era seduto a tavola e stava pranzando con un piatto di tortelli di zucca. Presa alla sprovvista, la nonna Anna è riuscita a stento a trattenere le lacrime. È poi tornata a casa mezza sollevata e mezza arrabbiata per quella malefica fabbrica di notizie locali che l’aveva spaventata tanto.

Ma non è finita qui, il giorno dopo la nonna ha incontrato Paola, la figlia dello zio Celeste che le ha detto: “Che ci sei venuta a fare a casa mia ieri? Hanno detto anche a te che mio padre era morto?”. Così mia nonna ha raccontato l’intera storia a Paola ed entrambe, un po’ perplesse e un po’ stranite, hanno finto per riderci su.

La vita di paese è bizzarra, a volte divertente, a volte triste, spesso imprevedibile e, qualche rara volta, paradossalmente tragica.

N.d.A.
I protagonisti dei racconti hanno nomi di pura fantasia che non corrispondono a quelli delle persone che li hanno in parte ispirati. Anche i nomi dei luoghi sono il frutto della fantasia dell’autrice.

Per leggere gli altri articoli di Le storie di Costanza la rubrica di Costanza Del Re clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

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