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Le ragazze di Roma: la rabbia, la sorpresa, il magico raduno degli storni.

Non è. questo che leggete, un reportage o un bilancio politico sulla “grande marea fucsia”,  quella cosa enorme, inaspettata, straordinaria andata in scena sabato scorso a Roma. Tra l’altro, non è compito che mi spetterebbe.
Perché  io a Roma non c’ero.
Perché sono un giornalista. Un giornalista democratico? Bastasse questo a controbilanciare l’onda maschile di chiacchiere, sciocchezze, bugie che ha inondato i media e la politica nostrana dopo l’assassinio di Giulia.
Perché sono un uomo – e  farei meglio a starmene zitto, come dicono con molte ragioni le  ragazze di NUDM – perché anche io faccio parte – porto dentro di me -un pezzo piccolo o grande di Patriarcato.
Il quale Patriarcato non è una roba ottocentesca, un arcaico sistema di potere pre Sessantotto; il Patriarcato è qui e ora: nello Stato, nei partiti, nelle professioni, nelle famiglie: nei maschi (in tutti i maschi). Cantava Giorgio Gaber di un uomo così moderno, così evoluto, così democratico, così di sinistra … che però “quand’era nudo, era un uomo dell’Ottocento”. Cari maschi (maschi come me), “fate la prova costume” e vedrete che  le cose stanno esattamente così.

     

Proprio “Patriarcato”, quel termine così indigesto ai “benpensanti” (già, anche i benpensanti non sono affatto morti, godono invece di ottima salute) era al centro della manifestazione voluta da Non Una di Meno. Da qui la rabbia che ha percorso tutto intero l’enorme corteo delle ragazze di Roma.

Non c’era il tranquillo clima dei girotondi, le canzoni in coro, gli sfottò, i ritornelli, Non c’era il famoso “tremate le streghe son tornate”. Era proprio la rabbia. Il vaso che straripa. Il grido. E un ultimatum: allo Stato, alla politica, alla scuola, al lavoro, ai rapporti sociali come ai rapporti intimi e privati, a tutti gli ambiti, dal primo all’ultimo, contaminati dalla cultura e dall’ oppressione maschile.

   

A Roma, questo mi pare di aver capito, è successa una cosa mai vista. Non è stato uno di quegli  eventi decisi con mesi di anticipo e meticolosamente organizzati dai partiti o dalle grandi organizzazioni sindacali, ma una manifestazione spontanea, nata dal basso, trasmessa di bocca in bocca, messa in piedi in una sola settimana, e solo grazie alla rete informale dei gruppi locali di Non Una di Meno.

Dunque un corteo “a prevalenza giovanile e femminile”? Molto di più: è stato un movimento tellurico improvviso che ha scosso il sottosuolo di tutto il Paese.
Dal Circo Massimo al Colosseo (rubo l’aggettivo dal titolo de il manifesto di oggi) ha sfilato un “indomabile”  corteo femminista. Alla faccia del Pensiero Unico che giudica il femminismo come un fenomeno residuale, l’ultima ideologia del XX secolo. Invece eccole qui le ragazze d’Italia, quelle che sarebbero interessate solo all’imminente Black Friday. Eccolo qui il nuovo femminismo.

Potevo, forse dovevo tacere, far parlare solo loro, le ragazze fucsia del terzo millennio.  Ma ho un’ultima cosa da raccontare, un piccolo fatto privato che ha messo in moto i miei pensieri e le parole di oggi.

L’altra sera, venerdì, sento al telefono mia figlia Meri, 23 anni, studentessa in medicina a Modena.
Vieni a Ferrara nel weekend?
No papà, vado a Roma.
Casco dalle nuvole: A Roma?

50 Ragazze fucsia in viaggio da Modena a Roma.

Ieri mattina, le 7 e 20,  Meri mi invia la foto del suo pullman: 50 ragazze giovanissime, tutte truccate in fucsia.

Sempre sabato, ma nel pomeriggio, faccio un’altra scoperta: a Roma c’è anche mia figlia Amelia, 29 anni,  traduttrice interprete, E’ partita in treno da Milano per  raggiungere il corteo di Non Una Di Meno.

Per farla breve, il padre disattento, il giornalista di mezza tacca, non ne sapeva niente di niente.
Ma non è finita. Nemmeno loro, le due sorelle, sapevano l’una dell’altra. Sono già dentro il corteo, si messaggiano, provano a darsi un appuntamento. Alla fine desistono: impossibile beccarsi dentro quell’alta marea che monta attorno al  Colosseo.

Cerco tra i contatti, invio messaggi, faccio telefonate… e alla fine la trovo la pista giusta. La ragazza mi conosce, è la figlia di un’amica di un’amica, il nome non importa.  Mi risponde. Anche lei a Roma, e mentre cammina prende appunti in diretta sullo smartphone. Scrive cosa vede, cosa sente, fuori e dentro di sé.
Puoi inviarmi il tuo diario?
Posso pubblicarlo?
Tornata a casa, si è ricordata della promessa e due ore fa mi ha girato questa cosa.

CORO DI RABBIA

1. Cantamos sin miedo, pedimos justicia
Gritamos por cada desaparecida
Que resuene fuerte “¡nos queremos vivas!”
Que caiga con fuerza el feminicida

2. insieme siam partite, insieme torneremo, non una, non una, non una di meno

3. la nonna partigiana ce l’ha insegnato, il vero nemico è il patriarcato

4. no sentir rabia es privilegio

5. ma quale stato ma quale dio, sul mio corpo decido io

6. lo stupratore non è malato, è figlio sano del patriarcato

queste alcune delle note su cui avanza la marea raccolta al Circo Massimo il 25/11.
Da Modena si parte all’alba, avvolti da in aria gelida che sembra risuonare della nostra rabbia. Il viaggio è lungo ma appena approdati a Roma si coglie la grandezza di quello che sta per accadere.

Mamme, nonne, coppie, cani e bambini tutti uniti e colorati.

“Quanti saremo? 100.000? 200.000? Mai visto qualcosa del genere?”

Dentro la marea non importa, fai solo in tempo a muoverti al momento giusto per non perderti. È una marea maestosa, certo, ma anche spaventosa nel suo avanzare fagocitando strada dopo strada, piazza dopo piazza.

È solo quando volti l’angolo che, finalmente, lo vedi: migliaia di persone dietro, altrettante davanti, che cantano, urlano e si stringono come fossero una cosa sola. Sono tristezza e commozione a spingerli a scendere in piazza al gelo? Forse, ma è soprattutto la rabbia: rabbia per Giulia, ma anche per tutte quelle prima e (purtroppo) dopo di lei di cui pochi ricorderanno il nome, perché la loro storia non è stata altrettanto romanticizzata.

“la mia tristezza è sepolta insieme alle sorelle uccise. non mi resta che rabbia”

Rabbia che, anziché dividere, unisce cause in maniera intersezionale, su uno sfondo di cartelloni, bandiere arcobaleno e bandiere palestinesi che si stagliano contro il vento

Fin troppo presto arriva il momento di ripartire. “È davvero successo? Stiamo davvero tornando da Roma? Eravamo mezzo milione?”
Forse la stanchezza è troppo per realizzarlo, ma sicuramente abbiamo avuto la fortuna di vivere qualcosa di unico, qualcosa che – si spera – lascerà un segno in ben più di 500.000 cuori.

“Oggi è stato bellissimo. Indimenticabile”

Tutto questo per dire che, pur restandomene a Ferrara, le ragazze di Roma mi hanno insegnato qualche cosa. Il loro improvviso raduno dai quatto angoli d’Italia mi è parso una magia, come quando, proprio nel cielo della capitale, milioni di storni si danno un misterioso appuntamento, milioni di storni e tu rimani incantato col naso in su a vedere le loro evoluzioni. La Roma del corteo femminista, mi è sembrata finalmente libera, l’unica Seconda Repubblica desiderabile. E mio Dio, c’è dell’altro: non è vero che la nostra Italietta è solo e soltanto il deserto del disimpegno, del consumo, del dio-mercato-Amazon . I giovani, adolescenti, ragazzi e ragazze non corrispondono in nulla ai sermoni e alle indegne bugie di Paolo Crepet e compagnia.

Poi, ma questo lo penso tutti i giorni, mi sono detto (anche io con un po’ di rabbia) che non ci meritiamo in Italia questo governo. Come a Ferrara, non ci meritiamo una destra leghista e fascista. E neppure, a Roma e a Ferrara, al Nord come al Sud, ci meritiamo questi deprimenti partiti del Centrosinistra.
Il Nuovo potrà venire solo dal basso.  E senza preavviso, come la rivoluzione fucsia.

In copertina: Roma, 25 novembre 2023, il Corteo Fucsia. Punto di raduno al Circo Massimo.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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