L’Accademia degli Intrepidi in Ferrara: una integrazione
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L’Accademia degli Intrepidi in Ferrara: una integrazione
29 gennaio 1598: il Cardinale Pietro Aldobrandini prende possesso di Ferrara in nome del Pontefice Clemente VIII il quale entrerà in città il 5 maggio 1598.
In questa guisa accompagnato il Cardinale a piedi fino alla porta di esso Castello Thedaldo, che più non si vede, trovò quivi la Chinea Armellina, che gli era stata ordinata dal Giudice de’ Savi fornita di bianchissima tela d’Argento su la quale salì; si come, su i loro cavalli salirono il Giudice, et Magistrato de’ Savi, con il rimanente della Nobiltà, che quivi si ritrovava. Andavano avanti come dicemmo li soldati di esso Cardinale, dopo le quali vennero l’Arti della Città, et loro Palij, o Confaloni, et dopo queste seguirono le Regole de Frati con le loro Croci avanti, poscia il Clero, co ‘l Vescovo Fontana sotto la Croce di esso Cardinale, il quale dopo questi veniva sotto il Baldacchino cavalcando; alla cui destra era il Conte Camillo, Giudice de’ Savi; et alla sinistra il Conte Alfonso Turco. Seguiva il Magistrato; poscia il Collegio de’ Giuristi, dopo questi gli Artisti, et ultimamente poi molti Vescovi, et Prelati, che erano venuti con esso Cardinale.[1]
La restituzione di Ferrara alla Santa Sede era faticosamente avvenuta; il nuovo governo si giustificava come naturale proseguimento di quello estense decaduto per assenza di discendenza diretta. Numerose furono le misure deliberate al fine di costruire consenso ed adesione; nello stesso tempo furono riorganizzati gli strumenti di gestione del potere, alcuni specificamente costruiti. In tale contesto va considerata la fondazione della Accademia degli Intrepidi.
Nel 1600, consenziente, meglio promotore, il governo legatizio viene istituita l’Accademia. degli Intrepidi. Protettore sarà il Cardinale Bonifacio Bevilacqua (1571-1627), primo principe Carlo Cibo Malaspina (1581-1662). Entrambi ferraresi, vicini al potere pontificio, rappresentativi della aristocrazia ferrarese e della sua accettazione del nuovo ordine. Stupisce che i molti studi dedicati alla ‘devoluzione’ non si siano posti il problema della presenza della Accademia, del suo ruolo, della sua attività, delle scelte sostenute e diffuse.
In assenza di specifica attenzione si è obbligati a fare riferimento al molto posteriore libretto di Girolamo Baruffaldi il quale, quasi due secoli dopo la fondazione, ne fa schematico cenno.
Francesco Saraceni Ferrarese, Cittadino altrettanto facoltoso quanto del Genio portato a coltivare le belle arti fu il primo, che meditò, e con l’aiuto d’altri Concittadini eseguì il vasto disegno d’istituire l’Accademia verso la fine dell’anno 1600, e sul cominciare dell’anno seguente. L’impresa, o stemma dell’Accademia (che fu invenzione di Giulio Recalchi, uno de’ gran promotori) si è il Torcolo da stampa col motto: Premat dum imprimat, ed in progresso di tempo vi si aggiunse altro motto: Litteris armata, et armis erudita. Il primo solenne aprimento di essa accadde il giorno ventisei Agosto 1601, e vi recitò l’Orazione il Conte Guidubaldo Bonarelli Anconitano, la quale poi fu stampata l’anno seguente 1602 per il Baldini.[2]
Immediata preoccupazione è quella di rendere riconoscibili sia i singoli accademici che la nuova presenza la quale, in sostituzione di quelle attive in epoca estense, si propone come luogo di formazione e di diffusione del consenso. Non a caso il riferimento esclusivo è non al Maestrato ma al Cardinale Legato, rappresentante del governo romano. I Legati saranno sempre ‘protettori’ della Accademia: questa ne illustrerà il buon governo e la capacità di fare rivivere la gloria estense, quella fama letteraria che aveva dato nome e considerazione a Ferrara. Si potrà e vorrà scrivere: «Che se l’Aquila bianca altrove è gita, / A difender il lauro Ferrarese, / l’Aquila nera è da Pistoia uscita»[3]
L’Accademia oltre ad essere letteraria si caratterizza per l’organizzazione di spettacoli teatrali e musicali, per essere luogo di formazione nelle scienze cavalleresche ad educazione dei figli della classe politica locale. Vi saranno insegnamenti, con maestri stipendiati, di musica, ballo, scherma.
Il Bonarelli, nella orazione inaugurale indicherà le qualità che gli accademici porteranno nel loro operare all’interno della società.
L’Accademia dunque per quel, ch’io ne credo, altro non è, ch’una raccolta di più nobili ingegni, i quali quinci cacciati dall’aborrimento della vita volgare, quindi tratti dall’amor dell’immortalità; dall’altra gente ad ora, ad ora si ritraggono, e chi con libri, e chi con armi, e tutti all’azioni della virtù più singolari unitamente si danno; acciocchè in questa guisa se stessi con l’opera, ed altrui con l’essemplo eccitando, vengano ad inalzar la Repubblica quanto più si può di in somma quaggiuso, alla divina simiglianza, ove la pubblica, e la privata felicità si ripone, or vedete per ispiegar con tutt’e quattro le sue ragioni la natura dell’Accademia a quante cose, e tutte grandi, tutte eccellenti è convenuto di metter mano, nobiltà d’ingegno, azion di virtù, desiderio di gloria, privata felicità, ben pubblico, divina simiglianza, può egli dunque il Mondo aver cosa altra bella a pareggio dell’Accademia, che ‘n se aduna tante bellezze?[4]
Vittorio Landrini aggiunge «L’officio dell’Intrepido virtuoso è, di postporre ogni cosa, et anco la vita stessa alla virtù, et all’onore, et patire non una, ma mille morti, se tante possibili, et necessarie fossero, per amor di essa Virtù.»[5]
L’Accademia viene soppressa nel 1797; nei quasi due secoli di vita, -non è questa la sede per ripercorrerli- promuove sedute ed edita volumi in onore dei Cardinali Legati, dei predicatori che si sono succeduti in Cattedrale, dei matrimoni e delle monacazioni che toccano le famiglie ferraresi, di eventi come le inondazioni e, in particolare, la canonizzazione di Caterina Vegri. A questi si intrecciano temi più propriamente accademici; faccio qualche esempio: Ercole Bonacossi, Discorsi Accademici (1675); Giulio Cesare Grazzini, Della poetica di Orazio Flacco (1698); Girolamo Baruffaldi, Annotazioni di un Accademico Intrepido alle ‘Osservazioni della lingua italiana’ o sia trattato dei Verbi del Cimonio, accademico Filergita (1709);Girolamo Baruffaldi, Del vincere per fortuna (1710); Gianandrea Barotti, Dell’indole di Ferrara (1735); Francesco Maria Ricci, Lezione intorno al Diluvio Universale (1740); Luigi Campi, L’Accademia (post 1786).
Le leggi prescrivono «che non si discuti di cosa niuna repugnante alla Fede né alla Fede sospetta»[6].
Tento, spero utile, qualche considerazione sul numero e la qualità degli associati. Dispersi o ancora non rintracciati sono i registri delle sedute e il materiale d’archivio affidato, al momento della soppressione, ad Jacopo Agnelli, segretario in carica. Per fortuna non si parte da zero; esiste una significativa documentazione che consente qualche riflessione. A Ferrara, presso la civica Biblioteca Ariostea, sono custoditi: Girolamo Baruffaldi, Catalogo degli Accademici Intrepidi di Ferrara come forestieri viventi nel 1719 (ms. Antonelli 21); Ristretto istorico della Fondazione e progresso dell’Accademia degl’Intrepidi … dall’anno 1600 al 1761 (ms. Antonelli 248); Giuseppe Faustini, Catalogo degli Accademici Intrepidi di Ferrara (ms. Cl. I 311. Ora, a integrazione, si aggiunge, conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, carte Varano, Elenco degli Accademici Intrepidi di Ferrara nell’anno 1781.
Dodici sono, nel 1600, i soci fondatori dell’Accademia, non sfugge che il numero è quello prescritto per la nascita delle colonie arcadiche. Vale la pena di ricordarne i nomi, tutti esponenti della nobiltà ferrarese: Carlo Cibo Malespina, Ottavio Tieni di Scandiana, Agostino Mosti, Enzo Bentivoglio, Galeazzo Gualengui, Cesare Turco, Vincenzo Rondinelli, Ercole I Calto, Carlo Strozzi, Giulio Tassoni, Guido Ubaldo Bonarelli, Galeazzo Estense Tassoni. Questi aggregheranno poi alcuni letterati.
Da una verifica degli elenchi citati riscontro che nei primi anni le adesioni sono assai contenute. Dal 1605 al 1654 sono sedici i nuovi accademici, per molti anni non vi sono ingressi. Ad esempio nessuno dal 1617 al 1636, solo due nel 1622; ancora se ne segnano solamente nel 1639 (2), nel 1643 (1), nel 1650 (1), nel 1654 (2). Questi primi anni vedono una scarsa presenza dell’Accademia; la situazione muta profondamente negli anni 1655, 1656 e 1657 che vedono, rispettivamente 16, 83, 14 ingressi. Complessivamente 113 nuovi accademici.
Nel 1640 all’ex vicelegato di Ferrara Fabio Chigi, il futuro Papa Alessandro VII, viene richiesta una relazione sullo stato di Ferrara da consegnare al Legato Cardinale Marzio Ginetti. L’autore non dimentica “l’Accademia degli Intrepidi, che fa per impresa il torchio da imprimere col motto: Premit dum imprimit, non si raguna più, et era piena di gran personaggi con esercitarvisi tutte le funzioni sì letterarie come cavalleresche.”[7]
È mancato il ruolo civile-politico previsto; si tenta una correzione con la massiccia immissione di nuovi accademici: organizzatore fu il Cardinale Carlo Pio di Savoia, arcivescovo di Ferrara dal 1655 al 1663.
Riunironsi però alcuni di questi Vecchi, e i nuovi Dotti Ferraresi aggregati alla medesima sotto auspici dell’Eruditissimo Cardinale Carlo II Pio consacrato Vescovo di questa Chiesa, il quale concorse con tutto il suo impegno a farla maggiormente risorgere: Onde nella Vigilia di S. Andrea Apostolo l’anno 1655 nel Palazzo vecchio di Casa Pia si fece sontuosa Accademia, di cui era stato eletto Principe il Signor Marchese Ercole Trotti, ed acclamarono il suddetto Cardinale Pio[8].
Vengono coinvolti esponenti dell’aristocrazia e della borghesia delle professioni i quali fanno così atto di pubblica adesione. Compaiono esponenti delle famiglie Bentivoglio, Bevilacqua, Bonacossi, Fiaschi, Montecuccoli, Riminaldi, Sacrati, Trotti, Villa e molti altri. Cito i medici Giovanni Bascarini, Maurizio Cabani; i dottori in legge Carlo Festini, Girolamo Rossetti, Florio Tori. Uno spaccato rappresentativo delle componenti della società ferrarese che potevano sedere nel primo e secondo ordine del Consiglio Centumvirale.
Insostituibile per il riconoscimento degli accademici è il Catalogo redatto da Giuseppe Faustini. Le poche righe dedicate ad ogni intrepido danno notizia della professione, dell’anno di adesione, della partecipazione ad altre accademie, della ferraresità oppure no, della morte e sepoltura. Non sempre sono complete perché il Faustini ha potuto solo parzialmente utilizzare i registri dell’accademia, in parte già smarriti.
Sono presenti spazi bianchi, in genere riferiti al luogo di sepoltura, lasciati in previsione di un aggiornamento che non vi è stato. Ad esempio per Vitaliano Trotti o Lucrezio Pepoli.
Il manoscritto non porta l’indicazione della data di stesura. È possibile una ipotesi. Nel Catalogo la data di morte più avanzata è il 1773, vale per Girolamo Agnelli, Alfonso Bevilacqua, Ascanio Bonacossi. Amadeo Coatti muore nel 1775 ma, al momento della compilazione, non compaiono né data né spazio bianco. A quella data l’intrepido è ancora vivo. Si può ragionevolmente proporre una redazione fra il 1773 e il 1775.
Faustini è molto più di un « previdente bidello »[9] Ha ambizione di studioso e di storico; fra i suoi manoscritti conservati presso la Biblioteca Ariostea vanno ricordati il Cl. I 560 ove sono note sulla famiglia Marchesella, notizie sulle edizioni ariostesche del 1516, 1521 e 1532, notizie sul paese di Vigarano; e il Cl. I 565 ove ha raccolto in due volumi poesie del secolo XVIII e XIX.
Studia presso i gesuiti, compie l’apprendistato presso l’editore Pomatelli, entra in Biblioteca grazie a Gianandrea Barotti; fra le altre cose si adopera per il trasferimento della tomba di Ariosto in palazzo Paradiso.
“Stanziando in Ferrara nel 1801 il generale Miollis caddegli in pensiero [al Faustini] di far trasportare in luogo più cospicuo le ossa di Ludovico Ariosto primo ornamento della ferrarese letteratura anzi dell’italica poesia, quindi insieme al commissario straordinario di governo invitò la municipalità centrale a prestarsi al trasporto del sarcofago dal Tempio di S. Benedetto ove giaceva all’università.” [10].
Complessivamente i nomi registrati, sino al 1773, sono 1678.
Nel XVII secolo risultano 881 aderenti, il 54% sul totale; un dato che corrisponde ad un periodo di più intensa attività, soprattutto sul piano teatrale. Nel settecento saranno 535, il 32%. La presenza di religiosi è, più o meno, paritaria a quella dei rappresentanti delle professioni liberali, in maggioranza medici e legisti: 344 i primi, 347 i secondi, ambedue al 21%. La componente ferrarese è pari al 66%, 1081; mentre i forestieri sono 464, il 28%.
Ricordo qualche nome. Il poeta bolognese Claudio Achillini; il letterato e politico Traiano Boccalini; gli esponenti della cultura pesarese di metà settecento Carlo Mosca e Giovan Battista Passeri; i letterati veronesi Marco Antonio e Luigi Pindemonte; il fiorentino Orazio Renna; l’autore del Canocchiale aristotelico Emanuele Tesauro; il bolognese Giovan Pietro Cavazzoni Zanotti e il frate olivetano Marco Antonio Zucchi, famoso per la sua capacità di improvvisatore.
Importante, ma limitata quasi esclusivamente al seicento, è la presenza di rappresentanti delle case regnanti negli stati italiani. Cito il vicerè di Sicilia Don Francesco De Castro, i duchi di Urbino Francesco e Federico Della Rovere, i duchi di Parma Odoardo e Ranuccio Farnese, quelli di Mantova Vincenzo, Giovanni e Carlo Gonzaga, Cosimo II dei Medici duca di Toscana.
Per gli ecclesiastici. Mi limito a registrare quella dei cardinali legati e degli arcivescovi della città; di molti cardinali importanti o per essere di famiglia ferrarese come i ‘protettori’ Bonifacio Bevilacqua Aldobrandini, Carlo Emanuele Pio di Savoia,e Cornelio Bentivoglio d’Aragona, o per i ruoli ricoperti nella Curia romana quali Roberto Bellarmino, Federigo Borromeo, Pier Luigi Caraffa, Fabrizio Savelli. Alcuni diverranno pontefici come Ippolito Aldobrandini che sarà papa Clemente VIII, Maffeo Barberini che prenderà il nome di Urbano VIII, Camillo Borghese papa Paolo V, Fabio Chigi papa Alessandro VII, Alessandro Lodovisi Papa Gregorio XV.
I ferraresi ci sono tutti; cito quasi a caso: Fulvio Testi, Giovan Battista Aleotti, Daniello Bartoli, Niccolò Cabeo, Ferrante Borsetti, Girolamo Baruffaldi, Gianandrea Barotti, Onofrio Minzoni, Agostino Novara, Giuseppe Antenore Scalabrini, Francesco Saraceni, Antonio Frizzi, Girolamo Frescobaldi, Cesare Cittadella, Giuseppe Lanzoni, Claudio Todeschi, Alfonso Varano, compreso il fondatore Francesco Saraceni ‘amantissimo delle lettere e de’ letterati, e gran promotore delle belle arti’[11].
Il Catalogo Baruffaldi (1719) e l’Elenco 1781 testimoniano, per i rispettivi tempi, che ogni anno sono attivi in città circa 150 accademici; nel 1719: 161, nel 1781: 158. Fanno opinione.
L’indicazione dell’Elenco 1781, ignoto agli studi, consente di integrare la documentazione. Appare una decina di anni dopo il Catalogo del Faustini.
Una parte dei 158 nomi coincide con quelli indicati dal Faustini; cinquantotto si aggiungono testimoniando nuove adesioni e continua vitalità.
Si tratta di un foglio volante, conservato fra le carte Varano nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, di presentazione dell’Accademia in occasione di una pubblica manifestazione che non sono riuscito ad individuare.
La cornice è opera dell’incisore Giovanni Davide (Cabella Ligure 1743 – Genova 1790) attivo a Venezia ove è pittore scenografo del Teatro La Fenice. È eseguita per l’occasione come dimostrano i “Dell’Eridano voi Cigni canori; ” [12] Tale raffigurazione identitaria appare spesso, riproduco dal volume in memoria del Cardinale Acciaioli.
I nuovi sono nomi di prestigiosi autori non ferraresi che partecipano dell’accademia; ricordo letterati ed arcadi Francesca Roberto Franco, Clemente Bondi, Angelo Tinelli, Marcantonio Trissino, Domenico Dionigi, Maria Maddalena Morelli Corilla Olimpica, Fortunata Sulgher Fantastici
Significano almeno due cose: che l’Accademia era ancora forte e rinomata se personaggi famosi ritenevano utile e proficuo aderirvi; che l’Accademia con questi ingressi dimostrava non solo a Ferrara ma alla intera repubblica letteraria la sua qualità e la sua importanza.
Note:
[1]FAUSTINI 1646 pp. 144-145.
[2] BARUFFALDI 1787 pp. 25-26; il Maylender parafrasa il testo del Baruffaldi..
[3] BANCHIERI 1758 p. XXX.
[4] BONARELLI 1602 p. 3.
[5] LANDRINI 1603 pp. 41-42.
[6] LOMBARDI 1977 pp. 201-208
[7] La relazione è custodita presso la Biblioteca Apostolica Vaticana ms. Chigi Q. II. 46: Descrizione della Città e Stato di Ferrara fatta da mons Chigi in Colonia al card. Ginetti destinato ivi Legato. Il testo è stato trascritto e pubblicato in PALIOTTO 2006 p. 340.
[8] RISTRETTO p. 24.
[9] CHIAPPINI 1993 p. 132.
[10] FAUSTINI 1841 p. 7.
[11] UGHI ad vocem.
[12] Gennaro Pascali, Sonetto in ACCIAIOLI 1719 p. 62.
Bibliografia finale
ACCIAIOLI 1719 – Funerale celebrato dall’Accademia degl’Intrepidi di Ferrara all’E.mo, e Rev.mo Sig. Cardinale Niccolò Acciajoli suo Protettore l’anno MDCCXIX sotto il Principato dell’Ill.mo Sig. Conte Ercole Antonio Riminaldo, in Ferrara, eredi di Bernardino Pomatelli 1719
BANCHIERI 1758 – A Sua Eminenza il Signor Cardinale Giovanfrancesco Banchieri Legato di Ferrara acclamato Protettore della Accademia degli Intrepidi, in Ferrara, presso Bernardino Pomatelli Stampatore Arcivescovile 1758
BARUFFALDI 1719 – Girolamo Baruffaldi, Catalogo degli Accademici Intrepidi di Ferrara così Ferraresi come forestieri viventi nel 1719, Ferrara, Civica Biblioteca Ariostea ms. Antonelli 21
BARUFFALDI 1787 – Girolamo Baruffaldi Secondo, Notizie istoriche delle Accademie Ferraresi, in Ferrara, per gli eredi di Giuseppe Rinaldi 1787
BONARELLI 1602 – Guidubaldo Bonarelli, Orazione recitata nell’aprire dell’Accademia degli Intrepidi, in Ferrara, appresso Vittorio Baldini Stampatore dell’Accademia 1602
CHIAPPINI 1993 – Alessandra Chiappini, Dalla ‘Libreria dell’Almo Studio’ alla Biblioteca della Città in Palazzo Paradiso e la Biblioteca Ariostea a c. di Alessandra Chiappini , Roma, Editalia 1993
FAUSTINI 1646 – Libro delle Historie Ferraresi del Sig. Gasparo Sardi con una nuova aggiunta del medesimo autore aggiuntivi di più quattro Libri del Sig. Dottore Faustini sino alla Devolutione del Ducato di Ferrara alla Santa Sede. Con le Tavole di tutti gli due Libri. All’Eminentissimo, e Reverendissimo Signore il Signor Cardinale Giulio Sacchetti, in Ferrara, per Giuseppe Gironi Stamp. Episc. 1646
FAUSTINI 1841 – Vincenzo Faustini, Elogio di Giuseppe Faustini, Bologna 1841.
In copertina: incisione di Giovanni Davide per l’Accademia degli Intrepidi
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Ranieri Varese
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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