La storia di Carlo Urbani e di 50 anni di Medici Senza Frontiere:
soccorrere, salvare, denunciare le responsabilità
Da; pagina Facebook della Associazione Marco Mascagna (Napoli)
Piccola storia di Medici Senza Frontiere, di Carlo Urbani, di un Nobel e di salvataggi in mare… E’ il 28 febbraio 2003 quando Carlo Urbani, un infettivologo di Medici Senza Frontiere collaboratore dell’OMS, viene chiamato dall’ospedale di Hanoi per una consulenza riguardo a un malato con gravi sintomi respiratori che ha contagiato alcuni sanitari dell’ospedale. Urbani subito comprende di trovarsi di fronte a una nuova malattia, la stessa segnalata anche in Cina e Hong Kong ma come casi di “normale” influenza.
Carlo Urbani, giusto tra le nazioni
Urbani immediatamente allerta l’OMS, descrivendo la nuova malattia (sindrome respiratoria acuta severa – SARS) e invitando ad adottare urgenti drastiche misure di profilassi. Contemporaneamente, non senza fatica, riesce a convincere la direzione ospedaliera a isolare il reparto, ad adottare rigidi protocolli di profilassi e a vietare a tutto il personale sanitario venuto a contatto con i malati di uscire dall’ospedale. Contatta il Governo vietnamita perché disponga subito misure drastiche di quarantena e sorveglianza.
I giorni successivi è in continuo contatto con le autorità sanitarie. Il Governo vietnamita vara drastiche misure di profilassi (impiegando anche le forze armate per convincere parte della popolazione recalcitrante). L’11 marzo Urbani si ammala anche lui. Il 12 l’OMS lancia l’allarme mondiale. Il 29 marzo Carlo Urbani muore. Il 28 aprile l’OMS dichiara debellata l’epidemia in Vietnam non essendoci stati casi da circa 1 mese. Come ha dichiarato Kofi Annan “L’azione decisiva e tempestiva di Carlo Urbani probabilmente ha salvato milioni di vite in tutto il mondo” [1].
Nel marzo 2014 scoppia un’epidemia di Ebola in Guinea, una malattia che ha una letalità superiore al 50% e che presto si diffonde anche alla Liberia, Sierra Leone, Mali, Costa d’Avorio. I sanitari di Medici Senza Frontiere sono tra i primi a intervenire e l’organizzazione invia 325 operatori di vari Paesi che addestreranno 4.000 persone del luogo a curare e prevenire la malattia. L’epidemia è debellata in 2 anni.
Queste sono due storie, purtroppo conosciute da pochi, che evidenziano l’enorme, decisivo ruolo di Medici Senza Frontiere per la salvaguardia della salute dell’intera popolazione mondiale e in particolare della parte più povera e svantaggiata.
raccontare e denunciare
Medici Senza Frontiere è stata fondata nel 1971 da un gruppo di sanitari collaboranti con la Croce Rossa, che non accettavano la regola di questa organizzazione di totale riservatezza su tutto ciò che venivano a sapere, vedevano, ascoltavano durante la loro azione. Di ritorno dal Biafra, scioccati dal genocidio e dalle violenze perpetrate durante il conflitto e dal silenzio dei Paesi ricchi, scelsero di fondare un’organizzazione medica d’urgenza che fosse libera di raccontare e denunciare e di salvare vite anche senza l’appoggio delle “autorità locali”.
Dalle prime missioni nel Nicaragua sconvolto dal terremoto (1972), nell’Honduras devastato dall’uragano Fifi (1974) e nel Sud Est Asiatico ad assistere i cambogiani in fuga dai Khmer Rossi, Medici senza Frontiere ha fatto molta strada. Oggi ha progetti di assistenza in oltre 80 Paesi con circa 65.000 operatori umanitari impegnati, la gran parte dei quali degli stessi Paesi dove opera, perché la formazione di personale sanitario autoctono è una delle strategie portanti di MSF.
Operatori di MSF sono presenti in zone di guerra (in Yemen, Ucraina, Siria, Etiopia, Sudan ecc.) e lì dove imperversa il terrorismo (Mali, Burkina Fasu, Niger, Nigeria, Ciad, Repubblica Centroafricana, Libia, Etiopia ecc.), esponendosi così a gravi rischi. Il 3 ottobre 2015, per esempio, aerei USA bombardano l’ospedale di Medici Senza Frontiere di Kunduz, in Afganistan, causando la morte di 14 sanitari dell’organizzazione umanitaria. In Yemen vari ospedali sono stati bombardati causando un morto e una ventina di feriti, di cui alcuni gravi, tra il personale di MSF. Nella Repubblica Centroafricana un ospedale è stato attaccato da terroristi che hanno ucciso 3 membri di MSF. Altri 3 sono morti in Congo, 2 in Siria, uno in Etiopia [2].
Sono presenti in Paesi poveri e anche in quelli ricchi se sussistono situazioni d’emergenza. In Italia hanno prestato la loro opera a Lodi, Codogno, Casalpusterlengo e Sant’Angelo Lodigiano durante la fase più acuta dell’epidemia di covid e in Basilicata per assistere i braccianti stranieri.
Dovunque MSF presta la propria opera con assoluta gratuità. Per statuto non può ricevere finanziamenti da Governi. Il 95% dei fondi raccolti proviene da privati cittadini, il resto da associazioni, aziende, fondazioni. I bilanci sono pubblici e i fondi raccolti sono stati impiegati l’81% nei progetti, il 17% per raccolta fondi e pubblicizzazione e solo il 2% in spese di organizzazione.
Per la loro azione hanno ricevuto il premio Nobel per la Pace nel 1999. Alla cerimonia di consegna intervennero il presidente (James Orbinski) e il vicepresidente (Carlo Urbani), che non si fecero scappare l’occasione per denunciare i massacri compiuti dalla Russia in Cecenia e richiamare i Governi alle loro responsabilità: “I Governi devono assumersi le loro responsabilità, devono aiutare i senza tetto, coloro che non hanno nulla, coloro che sono dimenticati; le loro condizioni devono cambiare” [3].
Salvare chi è in pericolo
Medici Senza Frontiere è anche la prima organizzazione umanitaria che si è impegnata a salvare vite umane nel Mediterraneo. Ha iniziato nel 2014, anno nel quale la UE ha chiuso l’operazione Mare Nostrum per il salvataggio dei migranti in balia delle onde e nel quale sono usciti i primi dati ufficiali sulle migliaia di migranti morti in questo mare.
Da 9 anni Medici senza frontiere fa quello che dovrebbero fare Italia e Malta. L’art. 98 della Convenzione ONU Sui Diritti in Mare e la Convenzione per la Sicurezza della Vita in Mare, che questi due Paesi hanno sottoscritto, li impegna a promuovere “la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima” e a spingersi anche fuori della loro zona SAR e perfino in acque territoriali di altri Stati se vi sono persone in “effettivo pericolo”.
Dal 2014 ministri, politici, giornalisti e opinion leader, invece di ringraziare Medici Senza Frontiere e le altre organizzazioni umanitarie che suppliscono alla latitanza del nostro Governo, hanno intrapreso una pervasiva, costante e indegna campagna di denigrazione di queste organizzazioni diffondendo informazioni false e mistificanti (per esempio sul comportamento che le navi devono avere secondo le convenzioni internazionali) e vere e proprie calunnie: sono complici dei trafficanti, “taxi del mare”, al soldo chi sa di quali potenze o loschi figuri, hanno capitali nei paradisi fiscali, vogliono destabilizzare l’Italia ecc. Da 9 anni sono emanati decreti, circolari, direttive per rendere il loro lavoro sempre più difficile, pericoloso, poco efficace, oneroso.
Il Governo Meloni-Salvini-Berlusconi ha varato da pochissimo [dicembre 2022, ndr] un decreto che impone che se una nave ha salvato dei profughi deve immediatamente fare rotta verso il porto assegnato e non può salvare altri profughi nelle vicinanze o presenti lungo il tragitto.
Ciò è contrario non solo alle norme internazionali ma anche al buon senso.
Come lo è assegnare alle navi che hanno salvato dei naufraghi al largo della Libia non il porto di Lampedusa, di Trapani o di Catania, ma quello di Ancona e di La Spezia, costringendo i salvati (tra cui ragazzi e bambini) ad aspettare 5 giorni (e di mare in tempesta) prima di ricevere adeguata assistenza [4].
Nel decreto è prevista una multa di 50.000 euro e il sequestro della nave se non si ottempera a tali assurde norme, il cui fine è chiaro: fare in modo che questi disperati che fuggono da guerre, terrorismo e povertà non arrivino in Italia, fare in modo che non ci siano più gli occhi degli operatori di Medici Senza Frontiere e delle altre organizzazioni umanitarie a vedere barconi stracolmi di disperati, naufraghi che gridano aiuto, imbarcazioni colare a picco con il loro carico di donne, bambini, uomini.
Nel Mediterraneo MSF e le altre ONG non solo salvano persone, ma registrano anche quanti non sono riusciti a salvare. E’ grazie a loro che sappiamo che nel 2022 nel Mediterraneo Centrale 13.000 persone sono state salvate e almeno 1.400 sono morte. Se non ci fossero MSF e le altre ONG ne sarebbero morte più di 14.000 e nessuno lo saprebbe [5].
Una tale politica, quella del Governo italiano, così cinica e crudele, non può non far venire in mente la politica della Germania nazista e dell’Italia fascista, che in questi giorni ricordiamo. Non opporsi, oggi come allora, significa essere complici.
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Note:
1 ) Norkin L: Carlo Urbani: A 21st Century Hero and Martyr. Virology: Molecular Biology and Pathogenesis, febbraio 2014;
2 ) Purtroppo non tutte tali notizie sono state riportate dai giornali italiani, che spesso hanno dedicato ad esse solo poche righe. Esse sono riportate, invece, da vari giornali francesi;
3 ) Discorso di Carlo Urbani alla cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace;
4 ) Ci riferiamo alle navi Ocean Viking fatta sbarcare ad Ancona e alla Geo Barents di MSF fatta sbarcare una volta ad Ancona (dopo 5 giorni di navigazione con il mare in tempesta) e un’altra a La Spezia, nel corso del mese di gennaio 2023;
5 ) I dati sono forniti da MSF. Si vedano Bertotto M: Decreto sicurezza ONG: più lontani da zone di soccorso aumenteranno i morti in mare, 29 dicembre 2022 e MSF: Navi ONG: le risposte alle 11 domande più frequenti.
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