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La rivincita della capra

“Capra…Capra..Capra…Capra..Capra…Capra..Capra…Capra…”
Vittorio Sgarbi ad libitum, in tivù, su Facebook e in ogni luogo, per silenziare chiunque in disaccordo con lui .

Mi è capitato un milione di volte: conosco una persona, ci presentiamo, di dove sei? di Milano, e tu? di Ferrara. A questo punto ti esponi a un sorrisino di compatimento, e a una battuta inevitabile: “Ferrara? la città di Vittorio Sgarbi, un tuo concittadino.”
Ma hai la risposta pronta: “Nossignore, rispondo, Sgarbi è di Ro Ferrarese“.

Ma come ha fatto il figlio del farmacista (un classico) di un paesino aggrappato al Po a diventare tutto o quasi tutto? Qualcuno ha fatto il conto (che vi risparmio) delle cariche che il giovane talentuoso e linguacciuto ospite del salotto televisivo di Maurizio Costanzo è riuscito ad accumulare in cinquant’anni di smisurata e sregolata carriera.

Tutto merito, e tutta colpa, di un Ego smisurato, un Ego, per dirla alla Meloni, a 360 gradi. Questa sua malattia, perché se non ti chiami Leonardo da Vinci, dovresti indirizzare la tua intelligenza e il tuo talento verso una precisa direzione e un solo obiettivo, ha reso Vittorio Sgarbi una macchietta invece di un personaggio. Un sicuro sconosciuto per la posterità

Sgarbi è uno di quelli che dormono poco e leggono tantissimo, un secchione, ma anche un corridore e uno scalatore.  Se vedeva una poltrona nei paraggi (o un posto importante, o una bella donna) correva per occuparla, e se vedeva una scala (ma anche due, ma anche tre) si avventava sui primi gradini.

Eppure non è mai arrivato veramente in cima. Voleva essere un professore universitario, uno come Roberto Longhi, non c’è mai riuscito.  E da più di 20anni voleva diventare Ministro della Cultura, ma Berlusconi gli preferì l’odiato Giuliano Urbani, un docente universitario naturalmente.

Dai e dai, finalmente entrava nel governo, ma solo come sottosegretario. Come al solito, si era fermato a metà scala.

Ora si dimette a sorpresa dalla carica, inseguito da un imminente stop dell’Antitrust (cretino o almeno tardivo), da un’inchiesta per un quadro rubato e riciclato, ma anche e soprattutto dal desiderio di rivincita dei suoi numerosi nemici: fuori e dentro il governo, a sinistra, al centro a destra.

Io però non mi schiero con i suoi nemici. Nonostante le malefatte ferraresi (perché è Ferrara l’unica piazza dove Sgarbi negli ultimi 5 anni ha potuto regnare incontrastato), non riesco a prendermela con lui. Perché è un perdente che ha creduto tutta la vita di essere un vincente. Perché ha sprecato la sua intelligenza, il suo sapere, il suo talento in tanti rivoli, e nessuno di loro è riuscito a raggiungere il Grande Fiume (eppure l’aveva dietro casa sua).

La parabola di Sgarbi volge al tramonto, se in passato mi ha fatto rabbia, ora mi ispira quasi tenerezza. Penso a quel che rimarrà di quel milione di cose che ha detto e ha fatto in mezzo secolo di corse e scalate. Cosa arriverà di lui ai posteri? Poco o niente, come vuole il destino dei mediocri. O forse l’unica sua frase memorabile: capra capra capra…

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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