Oggi, 5 dicembre, medici, dirigenti sanitari, infermieri, ostetriche e altre professionisti sanitari hanno scioperato in tutta Italia contro la manovra economica del governo Meloni e in difesa del Servizio Sanitario Nazionale. Ma per difendere il diritto costituzionale alla salute, salvare la Sanità Pubblica e scongiurare la fine del SSN e dell’unità della Repubblica, servirebbe uno sciopero nazionale di tutte le cittadine e i cittadini.
Da anni non facciamo che snocciolare i mali della nostra sanità: continuo sottofinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, intollerabili differenze territoriali tra nord e sud e tra regione e regione, pronti soccorso allo stremo, medici di medicina generale e infermieri sempre più rari.
Secondo la Fondazione GIMBE nel nostro Paese mancano quasi 2.900 medici di famiglia ed entro il 2025 ne perderemo oltre 3.400. Inoltre il 42,1% dei medici supera il tetto massimo di 1.500 pazienti.
Medici sempre più stressati, scarsamente considerati (e mal pagati, soprattutto gli infermieri) e spesso fatti oggetto di violenza, un tasso di turnover (il rapporto tra assunti e cessati in un anno) pari a 90 per i medici e a 95 per gli infermieri (data la elevata età media, si stima che tra il 2022 e il 2027 andranno in pensione 29.000 medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale e 21.000 infermieri), nessuna politica sulla prevenzione, sull’educazione sanitaria, sugli screening e i vaccini di cui il nostro Paese continua a registrare coperture molto basse (per i primi soprattutto al Sud e per i secondi soprattutto al Nord), lunghissime liste d’attesa, che non si accorciano, nonostante i piani e i fondi stanziati e che impongono (per chi se lo può permettere) il ricorso alla spesa privata, che invece aumenta sempre più, con buona pace del sistema universalistico.
Numeri che confermano una fragilità che potrebbe determinare in futuro costi sociali elevatissimi. Un quadro a tinte scure, un “deserto sanitario” sfasciato ed iniquo, che spinge sempre di più le cittadine e i cittadini a girovagare per lo Stivale in cerca di cure (ovviamente da sud a nord) e che non di rado li porta allo sfinimento e alla rinuncia alle cure.
E’ l’ultimo Rapporto CENSIS a evidenziare ancora una volta i limiti del sistema sanitario e le preoccupazioni dei cittadini:
per il 75,8% è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie nella propria regione a causa di liste di attesa sempre più lunghe;
il 71,0% dichiara che in caso di visite specialistiche necessarie o accertamenti sanitari urgenti è pronto a rivolgersi a strutture private pagando di tasca propria (al Sud la percentuale sale al 77,3%);
il 79,1% degli italiani, a causa delle promesse mancate, si dichiara molto preoccupato per il funzionamento del Servizio sanitario nel prossimo futuro, esprimendo il timore di non accedere a cure tempestive e appropriate in caso di malattia;
l’89,7% si dice convinto che le persone benestanti hanno la possibilità di curarsi prima e meglio di quelle meno abbienti (l’esperienza delle difficoltà di accesso alla sanità radica nella coscienza collettiva l’idea che l’universalismo formale in realtà nasconda disparità reali, che ampliano le disuguaglianze sociali).
E’ una Sanità in assoluta emergenza, che avrebbe bisogno della massima attenzione generale, ma che non sta a cuore alle destre temporaneamente al governo del Paese: gli interventi proposti per questa “Sanità gravemente malata” dal Governo Meloni nell’ultima monovra finanziaria sono privi di una visione complessiva, di una strategia di rafforzamento graduale del sistema, dimostrano un sostanziale disimpegno rispetto alle difficoltà del SSN e – come denunciato da Sbilanciamoci: “l’unica attenzione è ad alcuni portatori di interesse (industria farmaceutica, farmacie e privato accreditato)… un Servizio sanitario nazionale che ha a cuore più i farmaci che il proprio personale”.
D’altra parte già secondo la Nadef, nei prossimi anni la spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil diminuirà fino al 6,1% nel 2026. Insomma, risorse pubbliche per il Servizio Sanitario Nazionale declinanti nel tempo e strutturalmente inferiori a quelle di Paesi simili al nostro.
Un Servizio Sanitario Nazionale che, come sottolineato proprio da Sbilanciamoci nella sua Contromanovra 2024, avrebbe invece l’impellente necessità almeno di un’integrazione di ulteriori 6 miliardi di euro (per arrivare nel 2024 allo stanziamento di 140 miliardi), al fine di provvedere urgentemente ad un piano assunzionale adeguato alle esigenze del servizio e a garantire l’ampliamento dei servizi attualmente insufficienti.
E mentre la nostra (una volta) tanto decantata Sanità Pubblica va a picco, incombe minacciosa la cosiddetta “Autonomia differenziata” del ministro Calderoli, che una volta approvata spaccherà definitivamente il Paese (grazie alla “secessione dei ricchi”) e metterà la parola “fine” innanzitutto al Servizio Sanitario Nazionale, un pilastro essenziale del nostro sistema democratico, che non ha certamente bisogno di ulteriori interventi di differenziazioni, quanto piuttosto di “riforme e innovazioni di rottura” in grado di rafforzare il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone in tutti i territori, al nord come al sud.
Sostieni periscopio!
Giovanni Caprio
Commenti (2)
Lascia un commento Annulla risposta
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Chiarissimo e…amarissimo per tutti noi cittadini
E’ proprio così Giovanni Caprio. Aggiungo che in altri settori politici non nasce ancora una visione nuova e di rottura, ma si rimane fermi al passato, a quel passato che non tornerà mai più com’era (parlo degli anni ’70). E’ un’illusione controproducente immaginare che la Sanità, come altri ambiti pubblici, possa reggersi ancora sul semplice trasferimento di denaro a debito. La Salute va radicalmente pensata come Bene Comune, cioè Bene che non è appannaggio esclusivo delle istituzioni pubbliche. Il privato in tutte le sue forme, cioè noi cittadini, abbiamo la responsabilità diretta verso la nostra salute, senza delega: possiamo prendercene cura in varie forme. Alleggerendo il peso sullo Stato e facendo in modo che almeno i LEA siano garantiti.