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Elezioni 2024. La giunta Fabbri ha peggiorato e impoverito Ferrara. I partiti discutono tra loro seduti al tavolo, ma per battere la destra è la Società Civile che deve indicare un programma comune e indicare un candidato sindaco.

Lettera di Francesco Vigorelli
Tratto da estense.com del 16.2023

Negli ultimi anni sono nate in città Associazioni e Movimenti, LA COMUNE FERRARA, FERRARA 2024, FERRARA 2044, e con caratteristiche diverse FORUM FERRARA PARTECIPATA e SAVE THE PARK e altre ancora, che con altri gruppi e cittadini attivi già da anni, hanno avviato un interessante dibattito su sviluppo e futuro di Ferrara.

I temi proposti e che uniscono questi gruppi, sono vari e si intrecciano tra di loro, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile economicamente e socialmente, che si declinano poi in ambiente, mobilità, economia e lavoro, partecipazione, politiche della casa, ecc.. Dopo quattro anni di questa Amministrazione, su diversi di quei temi la situazione è peggiorata.

La qualità dell’aria e lo smog in città sono peggiorati è quello che ci dice un recente studio del Sole 24 Ore. Ma tra i provvedimenti della Giunta per limitare l’inquinamento, su cui incidono in maniera importante i gas di scarico delle auto, ci sono i blocchi temporanei del traffico, la piantumazione di alberi, la pulizia delle strade, ecc., ma di misure “strutturali” per diminuire e regolare il traffico automobilistico in città neanche una parola.

Servono parcheggi scambiatori nei principali punti di accesso in città da collegare con un servizio di navette al centro; il potenziamento del trasporto pubblico, ad esempio realizzando una “metropolitana di superficie” tra la città e l’ospedale di Cona, la tratta tra Pontelagoscuro e Corso Giovecca, ma anche trovare l’accordo ed i finanziamenti in Regione per collegare, visto il rilevante pendolarismo e gli stretti rapporti tra i territori, con una “metropolitana di superficie” l’area vasta Bologna Ferrara Modena – come già indicato, genericamente parlando di mobilità, in un protocollo di intesa sottoscritto nel 2017 tra i presidenti delle 2 province ed il sindaco dell’area metropolitana di Bologna –, ed ancora il prolungamento della Ferrara Codigoro fino a Comacchio ed alla costa, senza dimenticare le frazioni che continuano ad essere poco e mal collegate. Il PNRR rappresentava e rappresenta una grande opportunità, ma nei progetti del Comune per questo ambito c’è poco o niente di tutto questo.

Il ruolo dei comuni in campo economico è secondario rispetto a quello delle Regioni e dei Ministeri, una delle funzioni principali – oltre alla gestione di imposte e tributi locali – è la valorizzazione del territorio, attraverso la programmazione economica e la pianificazione territoriale, per renderlo più attrattivo e favorire l’insediamento di nuove attività. Nello specifico il Comune di Ferrara interviene direttamente sull’economia locale con gli investimenti diretti per la viabilità, le scuole, le palestre, ecc., ed indirettamente tramite le società controllate tra cui FERRARA TUA e le partecipate tra cui SIPRO.

Servirebbe in questo ambito un ruolo più attivo del Comune e delle sue controllate e partecipate, più aderente alle nuove sensibilità ambientali economiche e sociali maturate in questi ultimi anni. La convinzione sulla necessità di uno sviluppo sostenibile e di scelte coerenti con queste idee. Troverebbe qui spazio ad esempio riportare in ambito pubblico il servizio idrico e dei rifiuti – l’acqua è un bene pubblico -, dopo un riscontro positivo sulla fattibilità tecnica e giuridica. E’ chiaro che dopo i tagli del Governo agli stanziamenti per gli Enti Locali (assistenza, casa, sanità, scuola…), le risorse, al netto del PNRR, sono diminuite e devono essere allocate in base ad un’attenta programmazione, e non come è avvenuto fino ad ora con una distribuzione di denaro – pubblico – “a pioggia”, come avviene per il settore turistico. Anche i progetti del Comune per il PNRR ne sono un esempio. Si prenda l’elenco dei progetti, alcuni di questi sono inutili ed altri sovradimensionati – e di riflesso eccessivamente costosi – ma a sorprendere ancora di più sono i progetti che dovevano esserci e non ci sono, indicativi della mancanza di visione a lungo termine di questa Amministrazione.

Ferrara, non da oggi, è tra i capoluoghi di provincia in Emilia Romagna con i peggiori indicatori economici, spesso in ulteriore peggioramento negli ultimi anni rispetto alle medie regionali. Finita la spinta delle varie agevolazioni edilizie (in primis bonus facciate e superbonus 110%) anche a livello locale l’economia si è fermata. Preoccupa il tasso di disoccupazione, la precarietà del lavoro ed il basso livello delle retribuzioni, ma anche il valore aggiunto ed altri indicatori nelle imprese che stentano a recuperare e migliorare i livelli pre covid, salvo situazioni specifiche e le nicchie di mercato. Sarebbe opportuno partire dalle “eccellenze” del territorio – nei settori agroalimentare, commercio e servizi, manifattura, polo chimico, turismo e cultura, Università – e ridefinire le priorità e gli assi di intervento. Un sistema integrato tra le imprese – logistica, infrastrutture, formazione del personale, politiche commerciali, marketing, ecc.- favorirebbe “una conoscenza diffusa”, le economie di scale, la specializzazione e l’innovazione tecnologica, ma altresì aiuterebbe l’internazionalizzazione specie delle piccole imprese, nel contempo facendo da traino per lo sviluppo dell’intero territorio. Per fare ciò è importante il confronto ed il contributo di tutti i soggetti interessati, dalle imprese alle associazioni di categoria, ai sindacati, ai portatori di interesse, ed ovviamente l’Ente pubblico nelle sue varie articolazioni. Nel rispetto di un principio che dovrebbe accumunare tutti, lo sviluppo deve essere sostenibile, ambientalmente economicamente e socialmente.

In questo contesto, la misurazione del benessere e della ricchezza di un territorio non può più essere esclusivamente “quantitativa”, sulla base di parametri puramente economici come fa il PIL, ma deve tener conto anche di altri indicatori, sociali e ambientali, che influenzano la vita delle persone. La misurazione con il PIL non tiene conto del livello di inquinamento e delle malattie provocate all’apparato respiratorio, dell’efficienza del sistema sanitario, della qualità delle abitazioni, del tasso di criminalità, ecc., ci sono poi diversi paradossi, ad esempio l’autoproduzione non rientra nel PIL, l’assistenza ai familiari anziani in casa non rientra nel PIL ma in casa di riposo si, fino all’aberrazione che le disgrazie tipo guerre o terremoti hanno un effetto positivo sul PIL per via degli investimenti necessari per la ricostruzione, e gli esempi potrebbero continuare.

Da anni ormai in diverse province, nell’attualità 23 tra cui Ferrara, e 8 città metropolitane, tra cui Bologna, viene redatto il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES), che attraverso l’analisi di 77 indicatori organizzati in 12 grandi dimensioni (domini) – salute, istruzione e formazione lavoro, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi – fornisce uno strumento informativo dettagliato del “benessere e della sostenibilità” di un territorio e di una comunità, utile per orientare correttamente e consapevolmente le scelte delle Amministrazioni pubbliche, dei politici ma anche di imprese, associazioni, cittadini, ecc.. Lo stesso Governo nella presentazione alle Camere del Documento di Economia e Finanza (DEF) allega il rapporto sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Allegato BES).
E’ interessante, e se possibile da replicare anche a Ferrara, l’esperienza di Bologna dove il Comune ha condiviso l’approccio partecipativo del BES e promosso incontri con i cittadini per stabilire cosa reputano importante per misurare la qualità della vita.

Le politiche sulla casa di questo Governo preoccupano tanti cittadini. Il blocco degli investimenti nell’edilizia residenziale pubblica unitamente al mancato rifinanziamento del fondo affitti, comportano ulteriori difficoltà per le persone e le famiglie economicamente più deboli. In Emilia Romagna si stima che su circa 56.000 alloggi popolari ce ne siano circa 51.000 occupati, e che gran parte dei 5.000 restanti siano vuoti perché necessitano di manutenzione straordinaria ma i fondi sono insufficienti. Il Governo dovrebbe rifinanziare l’edilizia residenziale pubblica, per riavviare, ove possibile, le manutenzioni e rendere abitabili questi alloggi per le famiglie. Servirebbero affitti a prezzi calmierati con rimodulazione degli incentivi fiscali per i proprietari che affittano.

Studentati. Ritirata dall’Amministrazione la speculazione di FERIS è sfumato il progetto di uno studentato nella ex caserma in Cisterna del Follo; un secondo progetto di UNIFE potrebbe partire nell’area dell’ippodromo. Il tema degli alloggi per gli studenti è centrale per una città come Ferrara di circa 135.000 abitanti e con una Università cresciuta in pochi anni fino a poco meno di 30.000 iscritti, provenienti per circa l’80% da fuori provincia e con oltre la metà di questi che hanno trovato un alloggio in città. Con la pressione abitativa che c’è a Ferrara, la realizzazione di un solo studentato di 150/180 posti è insufficiente – sempre sperando che il progetto in zona Ippodromo vada a buon fine -. L’Amministrazione, dopo il tempo inutilmente e colpevolmente perso con il “finto” studentato di FERIS, potrebbe favorire in collaborazione con altri soggetti privati e pubblici (vedi ACER e CDP) operazioni simili all’intervento di rigenerazione urbana delle Corti di Medoro.

Le politiche sanitarie. A livello locale sembra di assistere al teatro dell’assurdo. Mentre il governo taglia i fondi per la sanità al 6,5% del PIL (contro il 10% di Germania e Francia) e non restituisce alle regioni i fondi da queste anticipati per il covid e la crisi energetica dell’anno scorso – si stima che manchino circa 7 miliardi /4 per il Ministro della Salute e solo per la nostra regione si parla di una cifra di poco inferiore al miliardo -, a livello locale i partiti di maggioranza “gridano” contro il deficit della sanità ferrarese e regionale e non si approva nella conferenza dei servizi il bilancio preventivo. Non dovremmo sorprenderci se senza rifinanziamento, in futuro avremo per le persone economicamente più deboli un peggioramento delle prestazioni sanitarie ed un ulteriore allungamento dei tempi per visite ed esami, mentre chi avrà le disponibilità economiche andrà a pagamento nelle strutture private.

Una riflessione/disgressione. L’ideologia non è una parola vecchia, superata dalla così detta “politica del fare”. Le scelte politiche sulla sanità, ma anche sulla casa, sull’istruzione ed altre ancora, incidono concretamente sulla vita delle persone. Finanziare la sanità pubblica – evitando ovviamente le inefficienze e gli sprechi, e correggendo gli errori, tanti anche nella nostra Regione – vuole dire creare le condizioni per dare a tutti le cure possibili indipendentemente dal reddito. Con il taglio indiscriminato della spesa sanitaria pubblica si va nella direzione opposta, favorendo le strutture private accessibili però solo per quelli che se lo possono permettere economicamente.
La Solidarietà contro la logica del profitto e del mercato. E’ la differenza tra essere progressisti o liberisti.

Le elezioni amministrative a Ferrara sono tra circa 7 mesi, mentre la destra si è già indirizzata verso la riconferma del sindaco Fabbri, i partiti dell’opposizione stanno ancora discutendo sul programma e sul candidato sindaco, che a detta di tutti (o quasi) dovrebbe essere espressione della società civile e non un politico.
Il tempo rimasto prima delle elezioni ormai è poco, sarebbe importante se tutti quei gruppi di cittadini, associazioni e movimenti che in questi mesi si sono spesi per elaborare progetti e proposte, accumunati non “contro qualcuno” ma da valori simili e dall’interesse di lavorare per la Ferrara del futuro, più solidale ed attenta alle persone ed all’ambiente, pur con sensibilità e interessi diversi tra di loro, si incontrassero per discutere e verificare le possibili convergenze su un programma per le prossime elezioni.

Da questa discussione, a cui dovrebbero partecipare anche quelle persone che vengono citate più o meno esplicitamente come possibili candidati/e, si dovrebbe uscire con un programma definito nei suoi principi e nelle linee guida, da condividere con tutti i soggetti interessati, partiti compresi, con l’indicazione di un candidato/a sindaco civico. Sarebbe un peccato non farlo.

Francesco Vigorelli
15 0ttobre 2013

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