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La Ferrara di oggi e la Ferrara futura… tutta da costruire.

Non era difficile immaginare che la politica a Ferrara sarebbe stata fortemente impegnata a discutere della vicenda che ha visto la condanna dell’assessore della Lega Lodi a 2 anni e 10 mesi per induzione indebita a dare o promettere utilità.
Come prevedibile, stiamo assistendo a difese d’ufficio imbarazzanti e a richieste di dimissioni immediate, ritenendo che attorno a ciò si giochi una partita importante per il futuro dell’Amministrazione di destra. La mia opinione, senza sottovalutare la questione e soprattutto la sua gravità inaudita, è un po’ diversa. Svestiti i toni sguaiati e sopra le righe dell’assessore e già vicesindaco Lodi – fatto già iniziato con la nuova consiliatura e che la vicenda giudiziaria contribuirà ad accelerare – in realtà, a me pare che continueranno, con un po’ di più di aplomb “istituzionale”, le linee di fondo con cui la destra sta governando questa città dal 2019.

Penso le si possano riassumere utilizzando questa triade, la stessa che possiamo osservare, con i dovuti aggiustamenti, nell’azione del governo nazionale: affidamento al mercato e al neoliberismo, ricerca del consenso rivolta in particolare al ceto medio e ai commercianti, con una buona dose di propaganda, e comando sui punti di fondo che si vogliono affermare e nei confronti di chi dissente. Poi, in ogni opzione importante questi elementi si combinano tra loro. Proviamo, per esemplificare, a vederne alcuni.

Nei giorni passati, il Consiglio comunale ha approvato il PUG (Piano Urbanistico Generale), un progetto che, messa da parte la retorica falsa e altisonante della rigenerazione urbana e dell’ambientalismo di facciata, si rivela a maglie talmente larghe, che inevitabilmente si risolverà nel lasciar spazio ai soggetti privati e alla loro contrattazione con l’Amministrazione. In più, assunto con una discussione ristretta nei tempi, senza confrontarsi con le realtà associative che avevano avanzato proposte “scomode” e bocciando, con furore ideologico e al di là di qualsiasi merito, tutti gli emendamenti proposti dalle opposizioni in Consiglio comunale: un paradigma perfetto che coniuga impostazione mercatista e volontà di comando.

Nelle prossime settimane, probabilmente, si arriverà a decidere sull’affidamento della gestione del servizio dei rifiuti urbani, che ora è in proroga ad Hera dalla fine del 2017. Non è un mistero che le intenzioni dell’Amministrazione guardino alla promozione della gara, con la conseguenza, più che prevedibile, che essa sarà appannaggio di Hera, nonostante la Rete Giustizia Climatica e Forum Ferrara Partecipata abbiano abbondantemente dimostrato – anche con conti alla mano- che la ripubblicizzazione del servizio è assolutamente utile e possibile. In questo ispirandosi anche all’esperienza di Alea di Forlì e dintorni, società a totale capitale pubblico, che sta ottenendo i risultati migliori in regione per quel che riguarda la riduzione della produzione dei rifiuti e il fatto di rendere minori quelli non riciclati.
Non importa che Hera, ultimamente, sia stata multata dall’Agenzia per la Concorrenza e il Mercato per circa 2 milioni di euro per il suo atteggiamento speculativo messo in atto proprio qui a Ferrara rispetto agli aumenti ingiustificati della tariffa del teleriscaldamento: quel che conta è che si proceda con le politiche di privatizzazione dei beni comuni, che anche qui sia il mercato a dettare le scelte.

In quanto alle politiche di favore nei confronti della propria base sociale di riferimento, non c’è che l’imbarazzo della scelta per trovare le prove di tutto ciò: si può spaziare dall’idea della città attrattiva per il turismo, concepito unicamente in una logica di risorsa economica, fino all’utilizzo, del tutto improprio, che si vuole rendere permanente, del Parco Bassani per lo svolgimento di grandi eventi, snaturandone il ruolo di nodo ecologico, incompatibile per questo genere di attività. Il tutto supportato da uno studio, falsato e artatamente costruito, per dimostrare che il concerto di Bruce Springsteen tenutosi lì l’anno scorso avrebbe generato circa 10 milioni di indotto per la città!

Finisco questa carrellata esemplificativa con la vicenda del Centro sociale La Resistenza, “sequestrato” dall’Amministrazione da più di un anno con pretesti gonfiati (le condizioni di sicurezza del luogo) e perseguendo una logica ostruzionistica rispetto all’intenzione di chi l’ha gestito per intervenire e risolvere i problemi esistenti: una scelta emblematica per un’Amministrazione che vuole, contemporaneamente, chiudere gli spazi sociali, affermare che solo il mercato può decidere sugli spazi urbani, e colpire le persone e le realtà sociali che si permettono di criticarla.

A me pare chiaro che l’impostazione di fondo su cui l’Amministrazione di destra sta basando la propria iniziativa non ha un grande respiro e non è in grado di disegnare una prospettiva per il futuro. Non è in grado. cioè. di dare risposte adeguate ai problemi strutturali che assediano Ferrara, una città che vive una deindustrializzazione crescente, che non ha una vocazione definita dal punto di vista produttivo e incapace di creare lavoro di qualità, che rischia di veder accentuare la propria dipendenza da dinamiche esterne e dalle città limitrofe, finora Bologna e in futuro magari da Ravenna, che vede espandersi le problematiche crescenti relative ad un forte invecchiamento della popolazione. Figuriamoci poi rispetto alla necessità di confrontarsi con i nuovi temi emergenti, da quello di progettare una città “decarbonizzata” a quello di trattenere il numero significativo, cresciuto in termini importanti negli ultimi anni, degli studenti che frequentano l’ateneo, solo per citarne due.

Ciò non toglie che non si può negare che, come dimostra la riconferma del sindaco con un buon risultato nella tornata amministrativa del giugno scorso, finora questa stessa impostazione dell’Amministrazione ha goduto di un consenso reale.
Il punto è che non si può semplicemente aspettare che essa mostri le sue contraddizioni e la sua debolezza e tantomeno affidarsi a vicende giudiziarie.

Si tratta, invece, di avere una chiarezza sufficiente per vedere che solo una progettualità alternativa, la messa in campo di un’altra idea di città può far venire meno l’appoggio delle persone a questa regressiva esperienza amministrativa. E questa non si può dare, da una parte, senza una messa in discussione anche della lettura e delle opzioni che hanno animato il centrosinistra in un arco di tempo che dura da ben più di un decennio, e senza individuare, dall’altra, alcuni punti di fondo, selezionati ma anche con un valore “simbolico” alto, capaci appunto di comunicare un’altra idea di città.

Soprattutto, questo approccio non può vivere al di fuori di una forte mobilitazione sociale, di cui si intravedono le possibilità, ma che va anche costruita con determinazione. Se dovessi indicare una sola questione (anche se, ovviamente, bisognerà mobilitarsi anche su altre), nell’immediato mi viene da dire che la battaglia per far riaprire il Centro sociale La Resistenza potrebbe avere queste caratteristiche, di far vivere cioè un’idea di città che respinge la logica di privatizzazione dello spazio pubblico e propone invece un’alternativa basata sulla socialità e la partecipazione. Una battaglia su cui innestare una mobilitazione sociale e politica unitaria ed estesa. Penso valga la pena provarci.

In copertina: Ferrara, Palazzo Todeschi, particolare del soffitto – foto Roberto Targa.

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Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

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