La differenza tra disagio e degrado:
quando una città diventa comunità
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Proviamo a iniziare da qui: fare attenzione a come vengono spesi i soldi pubblici, rivedere la distribuzione delle risorse e chiedersi se davvero chi ci amministra sta facendo tutto quello che può per evitare che ci siano persone che dormono per terra.
Una città è solo uno spazio fisico con strade e parcheggi e supermercati. Una città diventa comunità quando le persone che la abitano sentono di appartenere a quel luogo e vivono la responsabilità gli uni verso gli altri di tenerla insieme e farla funzionare.
Bisogna che recuperiamo la capacità di distinguere tra disagio e degrado.
Tra ciò che va rimosso, evitato, pulito, e ciò che va compreso, affrontato e ricomposto.
Bisogna che torniamo a distinguere tra chi commette atti illeciti e chi è sfortunato e ha bisogno di aiuto, non di punizione.
Una persona che dorme per terra avvolta in una coperta ha bisogno di essere vista e supportata, non di essere scavalcata o rimossa come fosse un sacco del pattume.
Rappresenta una questione sociale, non di sicurezza.
Quella persona dorme per terra e non dovrebbe, non perché offenda i nostri occhi ma perché offende il senso di civiltà che ci unisce nel patto di comunità.
Per quanto “fastidio” possa destare la vista di una persona che dorme per terra non sarà mai paragonabile alla disperazione che ha indotto quella persona a scegliere la strada come casa.
La presenza di una persona che dorme all’addiaccio rappresenta una responsabilità per tuttə noi, se questa è una comunità e se noi siamo cittadinə ed è dovere di chi amministra occuparsene, non per spostare altrove il problema, non per approfittare del malcontento dei residenti ma facendosene carico per prendersi cura di chi è in difficoltà, temporanea o permanente.
Il problema non è chi dorme a terra. Il problema è non avere soluzioni per evitare che questo accada.
Non succede solo a Ferrara e non succede solo dove governa la Lega, che ci siano persone senza fissa dimora.
Quello che cambia è la sensibilità con la quale si affronta la questione e quali soluzioni vengono adottate.
Coi “calci in culo”, i daspo urbani e la rimozione delle panchine non si risolve nulla. Servono investimenti nei servizi sociali proporzionati alla crisi che stiamo vivendo.
Qualche decina di migliaia di euro li si potrebbe risparmiare dalla comunicazione pubblica, o dai costi dei cartelloni per i concerti, qualche sponsorizzazione potrebbe essere investita in progetti sociali anziché solo in eventi ludici.
Proviamo a iniziare da qui: fare attenzione a come vengono spesi i soldi pubblici, rivedere la distribuzione delle risorse e chiedersi se davvero chi ci amministra sta facendo tutto quello che può per evitare che ci siano persone che dormono per terra.

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Ilaria Baraldi
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PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
Grazie Ilaria, molto ben scritto, centrato preciso nella direzione da seguire. Adesso vediamo come…