La Crisi (annunciata) di Berco e la deindustrializzazione della Provincia Ferrarese
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La Crisi (annunciata) di Berco e la deindustrializzazione della Provincia Ferrarese
Che possiamo dire di questa crisi annunciata del sistema produttivo provinciale, legato soprattutto alla meccanica del nostro territorio? Possiamo dire che gli effetti saranno devastanti, se non adeguatamente “governati” e contrastati con ingenti investimenti; in particolare Berco continua a barcamenarsi, da anni, fra una ristrutturazione e l’altra. Da oltre 2000 addetti degli anni ’90, l’azienda ha dimezzato i propri occupati, ridotto drasticamente il fatturato e ridotto la propria capacità commerciale nel mondo. Siamo passati da un management legato al territorio, ad un management estraneo a qualsiasi logica di radicamento territoriale, nella quasi indifferenza generale. E pochi, tra politici e amministratori di ogni livello, dal 2010 in poi, che abbiano tentato di capire dove Thyssen stesse andando, quale logica ci fosse dietro alle scelte che tendevano a ridurre, un po’ alla volta, la capacità produttiva del colosso copparese.
Un tempo durante la prima crisi del 1979, il territorio intero si mobilitò e spinse la politica a cercare soluzioni, dopo un’analisi attenta del mercato, fatta da soggetti competenti, che stava cambiando fino a far diventare l’azienda di Copparo una multinazionale. Un movimento di popolo che con il sindacato e i partiti, aveva studiato, ingaggiando economisti e studiosi, per capire quale poteva essere una via d’uscita. Oggi sembriamo impotenti, incapaci di qualsiasi iniziativa, sorpresi dalle mosse di una multinazionale che propone, da tempo, unicamente dei tagli per andare, probabilmente, a produrre altrove grazie ad una globalizzazione criminale che facilità i movimenti di capitale più ancora della vita e della dignità delle persone. E’ una situazione sempre più comune nella nostra regione, che presenta dei tratti di deindustrializzazione preoccupanti in particolari nelle aree più deboli della Regione come quella ferrarese.
Un territorio il nostro senza più capo né coda, senza un soggetto istituzionale di riferimento, com’era la provincia, oggi diventata impotente, perchè spogliata dei suoi poteri di rappresentanza da una legge prodotta dall’ex ministro Del Rio, del centro sinistra, un po’ di anni fa. Oggi il Comune di Copparo è solo e non mi pare che sappia come porsi, di fronte ad una crisi che andava affrontata per tempo, anni fa. La Regione è forse l’unica che può cercare di porre un argine a questa deindustrializzazione, visto che la politica industriale è la grande assente in questo paese e in questa provincia, sempre più povera di lavoro e di lavoratori. I dati “falsi” che ci vengono propinati parlano di una disoccupazione che viaggia fra il 7 e l’8%, la verità è che l’occupazione è composta da lavori poveri a tempo determinato e legati, sempre più, ad un settore fragile come il turismo che fa scendere il valore dei redditi, e del PIL procapite come ci dimostra l’Istat. Servirebbero grandi investimenti pubblici per sostituire quelli privati che mancano e persino Draghi, sembra essere di questo parere.
La crisi dell’industria, europea e tedesca in particolare, non aiuta e le guerre in corso hanno frenato l’attività produttiva con soggetti come la Russia che per Berco era comunque un mercato di rilievo. Eppure, l’Europa politica anziché frenare la guerra la incita, fornisce armi, non produce quell’azione diplomatica necessaria per uscire dalla crisi. Altri cluster industriali come quello di San Giovanni di Ostellato, incominciano a dare segnali di sofferenza, dove si sente parecchio la crisi dell’automotive. Insomma, un quadro che dovrebbe vedere le nostre istituzioni compatte a gestire le crisi, o tentare di farlo, con qualche idea o conoscenza di come stanno andando le vicende industriali in Europa e nel mondo, in grado di produrre, insieme al sindacato e a qualche buon economista non liberista, una analisi che consenta di individuare una qualche via d’uscita.
In questa Regione, al di là della crisi di oggi, servirebbe una politica che tenda a riequilibrare gli investimenti territoriali, un po’ come successe con i copiosi fondi europei che arrivarono a Ferrara a cavallo fra gli anni ’90 e i primi anni 2000. Si completò il polo di Ostellato e si fece crescere qualche grande impresa come Conserve Italia, insieme ad un tessuto di PMI, che per 20 anni hanno offerto sviluppo industriale e occupazione. Del resto, questa è una provincia che ha saputo perdere anche l’unica banca del territorio, che bene o male aveva alimentato investimenti locali e che è andata perduta anche grazie all’insipienza della politica del governo Renzi e dei suoi adepti ferraresi; una infamia che ha pesato sui consensi elettorali. Altri tempi certo, ma senza coesione territoriale e senza un’idea di futuro, un piano di sviluppo della nostra provincia, che vada oltre la creazione delle deboli ZLS, sarà difficile uscirne. E di certo il polo chimico di Ferrara e l’ex distretto centese (anch’esso fortemente indebolito) non basteranno a questa provincia per restare a galla.
Diego Carrara
ex assessore del Comune di Copparo e della Provincia di Ferrara
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