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La Comune di Ferrara: un’esperienza non comune per un’idea diversa di città e democrazia

La cronaca della conferenza stampa di presentazione della lista “La Comune di Ferrara”(qui il link ufficiale) tenutasi ieri all’aperto dello Spazio Grisù, la puoi leggere su tutti gli organi di stampa della città. La presenza di Periscopio aveva uno scopo diverso: restituire un clima e qualche sensazione che la mera cronaca non trasmette.

La Comune di Ferrara è una coalizione decisamente eccentrica. Ci sono dentro politici locali con il relativo simbolo di partito (i Socialisti del PSI) e ci sono esponenti e attivisti locali senza il simbolo del loro partito (Europa Verde, Sinistra Italiana) perché i loro vertici romani li hanno diffidati dall’utilizzarlo in sostegno a La Comune. Loro infatti – i romani – avevano già deciso che a Ferrara i loro attivisti dovevano votare e far votare il nome che va per la maggiore. Allora questi attivisti locali, in dissenso dalle indicazioni di schieramento dei loro vertici, hanno deciso di partecipare ad una competizione amministrativa al fianco della candidata sindaca Anna Zonari. Per quale ragione? Perché, per una volta, una aggregazione civica “vera” ha iniziato a chiedere l’opinione delle persone su cosa doveva fare la prossima amministrazione ben prima che qualsiasi candidato “ufficiale” uscisse allo scoperto (al termine di sfinenti discussioni interpartitiche, ca va sans dire). Invece i loro referenti nazionali non hanno sentito nemmeno il bisogno di fargli una telefonata.
Ciò nonostante, nessun accento polemico è sfuggito dalle labbra di Federico Besio, giovane referente degli “ecologisti” ferraresi, nè dalla bocca di Sergio Golinelli, segretario di Sinistra Italiana. Non serve la polemica quando c’è la forza degli argomenti: che sono prepolitici, in questo caso. Non occorre infatti essere d’accordo con le idee di Besio e Golinelli per capire che, alla vigilia del rinnovo di organi amministrativi locali, bisognerebbe almeno dialogare con i propri attivisti locali, prima di spendere anche il loro nome a sostegno di un candidato, seppure di prestigio e di fama nazionale (nota dello scrivente: per chi non lo sapesse, i non residenti a Ferrara non possono votare per il sindaco di Ferrara). Questa divaricazione tra burocrati nazionali e attivisti cittadini, e che ha portato i secondi verso La Comune, dipende dal fatto che La Comune di Ferrara nasce sulla base di un metodo che è esso stesso sostanza. Un metodo di compartecipazione, di ascolto e di discussione capillare che gli attivisti locali hanno prima riconosciuto per poi contribuirvi, mentre i politici romani non lo hanno nemmeno smarrito (casomai smarrisci quello che avevi): non lo hanno proprio mai praticato. Gli è alieno.
La differenza sta nel metodo, prima di tutto. Personalmente non mi era ancora successo di vedere riunire dei comuni cittadini ad un tavolo e di farli dialogare in modo ordinato e non scompostamente assembleare, circostanza che dipende dal fatto che occorre anche sapere come far parlare le persone – e i world cafè (leggi qui) sono serviti proprio a questo. Non mi era successo, eppure è un’idea semplice. Semplice e complessa al tempo stesso.
La complessità risiede nel fatto che le persone non sono più abituate ad esprimersi, perché sono state abituate a pensare che democrazia è sinonimo di delega (meglio se ad un “uomo forte”). Ma prendere le parti di qualcuno non equivale ad esprimersi.  Far parte di una fazione che commenta le tenzoni televisive o social tra leaders non equivale ad esprimersi. Dire solo cosa non va non equivale ad esprimersi. Di conseguenza, sollecitare la partecipazione attiva delle persone quando alle stesse non è mai chiesto cosa pensano e cosa farebbero, ma è chiesta solo una delega per fare “il loro bene”, non è semplice, perché per loro è una novità.
Questa disabitudine si coglie anche nelle domande della stampa, preoccupata dell’opportunità di indicare i sostenitori e candidati della lista come singoli aderenti o come esponenti dei loro partiti, per non favorire un incidente diplomatico; non preoccupata di capire come si declinerà ulteriormente il “quasi programma” che La Comune ha pubblicato sul suo sito. Ci ha pensato Anna Zonari a parlare di questo, prefigurando con trasparenza  – attraverso veloci accenni al riciclo della plastica in petrolchimico, alle comunità energetiche, ai corridoi verdi – quello che al contempo potrebbe essere il punto di forza e la grande sfida delle prossime settimane per La Comune: quella di coniugare la partecipazione delle persone, che ha già prodotto dei temi “alti”, con la capacità di sintetizzare e mettere a terra delle proposte concrete per la città. Il contributo delle intelligenze individuali sarà ancora più fondamentale, da qui in avanti, per arricchire l’intelligenza collettiva che La Comune di Ferrara vuole incarnare e che propone al servizio della città; e che costituisce la premessa indispensabile per riuscire a far votare le persone che non votano più (circa il quaranta per cento sono rimaste a casa, al precedente ballottaggio). Le persone che non votano più torneranno a farlo solo se, prima, si saranno sentite coinvolte in un processo di partecipazione collettiva. In un agone politico connotato da un confronto tra ego che slitta già, tristemente, dentro modalità da eccesso di testosterone, questa è la vera e unica competizione che La Comune di Ferrara sollecita e affronta: quella per una rinnovata idea di città e di democrazia.
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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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