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Italia: Terra dei cachi e della malapolitica

La disaffezione delle cittadine e dei cittadini verso la politica (che trova nelle urne il dato sempre più evidente) ha senz’altro diverse spiegazioni e va sempre stigmatizzata. Tuttavia, di fronte a taluni comportamenti e a certi  episodi è difficile non lasciarsi andare al più cupo sconforto ed essere tentati dall’abbandono. Questi ultimi tempi sembrano particolarmente ricchi di “fatti di malapolitica”, che allontanano sempre più le cittadine e i cittadini dalla res pubblica.

Nella Capitale, per esempio, continua a tenere banco la brutta vicenda della nomina del direttore generale del Teatro di Roma, effettuata con un blitz dai consiglieri in quota Ministero della Cultura e Regione Lazio senza il coinvolgimento del Comune di Roma. Non sappiamo se anche in questo caso siamo dalle parti dell’“amichettismo” evocato  di recente dalla presidente Meloni. Sappiamo però che ancora una volta la fa da padrone la spartizione partitocratica, resa evidente dalla soluzione che sembrava profilarsi per cercare di metterci una pezza e superare il conflitto istituzionale, ovvero modificare lo statuto per inserire due figure apicali anziché una, quella del direttore artistico e quella del direttore generale, ma con compiti solo manageriali, in modo da rendere equa la spartizione.

In Sicilia si sta invece tentando di  far approvare dal parlamento siciliano una legge per salvare 4 deputati regionali dichiarati ineleggibili dai tribunali. Una vecchia legge regionale, tuttora in vigore, prevede infatti che chi ricopre incarichi in enti e società sui quali la regione esercita un controllo non può essere eletto parlamentare regionale.
Ed ecco allora la soluzione: una ‘leggina ad hoc’, che in maniera retroattiva sani la posizione di ineleggibilità e così i quattro consiglieri che per legge non si potevano candidare, perché avevano un incarico in società partecipate dalla regione, di colpo diventano candidabili ed eleggibili. Ora per allora. Non mancano per fortuna dissensi, pareri negativi, opposizioni e contrarietà (a partire dai  tecnici dell’ufficio legislativo dell’Assemblea regionale siciliana), ma l’operazione per ora va avanti.

A Firenze, al contrario, nessuna spartizione né legge ad personam, ma soltanto un’opinione. La direttrice della Galleria dell’Accademia Cecilie Hollberga dimostrazione del clima alquanto pesante che da un po’ di tempo si respira in questo Paese – è entrata nel mirino del sindaco Nardella e del ministro della cultura per aver fatto questa considerazione: “Se io giro in città vedo che rispetto agli ultimi 8 anni si è alienata dalle sue origini. Non troviamo più un negozio, una bottega normale ma solo cose esclusivamente per turisti con gadget e souvenir e questo andrebbe frenato. Ma una volta che una città è diventata meretrice sarà impossibile farla tornare vergine e se non si mette adesso il freno assoluto non ci sarà più speranza”.

Una dichiarazione non nuova, che evidenzia la rincorsa (di Firenze come di tante altre città) verso un turismo poco consapevole e che da anni è al centro del dibattito in Italia e non solo. Ma una dichiarazione offensiva per Nardella e che ha spinto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a ritenere “gravi e offensive le parole della direttrice della Galleria dell’Accademia su Firenze.” Aggiungendo: “Valuterò, alla luce della normativa vigente, tutte le iniziative del caso”, come se ad una direttrice di museo fosse per legge vietato di esprimere la propria opinione.

Che strano Paese è diventato il nostro: si può pensare di cambiare le regole del gioco per aumentare le poltrone e accontentare la spartizione partitocratica (che fine avrà fatto la “famosa” revisione della spesa?) e si può addirittura retroattivamente eliminare una condizione di ineleggibilità, facendolo senza neppure il “favore delle tenebre” e mettendoci la faccia con sfrontatezza, ma non si può più esprimere una propria opinione sulla deriva del turismo nelle nostre città.

Sono fatti che sedimentano scorie di antipolitica e che amareggiano. Amarezza che diventa sconforto nel vedere la nostra Ilaria Salis, manette ai polsi, schiavettoni alle caviglie e una cintura di cuoio stretta in vita da cui parte un guinzaglio, trascinata in un tribunale a Budapest con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di 3 nazifascisti. Ilaria Salis che si dichiara innocente, ma che da febbraio 2022 è in carcere sottoposta a condizioni disumane.

Serve “una grande battaglia per difendere le famiglie, significa difendere l’identità, difendere Dio e tutte le cose che hanno costruito la nostra civiltà“, disse la presidente del consiglio Giorgia Meloni intervenendo al Budapest Demographic Summit lo scorso settembre. Chi sa se per Giorgia Meloni, tra tutte le cose che hanno costruito la nostra civiltà, ci sono anche i diritti dei detenuti in attesa di giudizio.

Cover: La gipsoteca della galleria dell’accademia di Firenze

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Giovanni Caprio

Giornalista pubblicista, di Mondragone (Caserta),, già dirigente a Roma di istituzioni pubbliche e di fondazioni private. Si occupa di beni comuni, partecipazione e governo del territorio.

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