Isabella entra in seduta
Ciao, sono Isabella, una cagnolina che ricorda la Pimpa e Snoopy, non sono famosa come loro, ma anche io, modestia a parte, sono irresistibile.
Scrivo oggi in questa rubrica per caso, perchè Giovanna, la mia umana nonché capobranco, non so se mi spiego, mi ha coinvolto nel suo lavoro.
Le cose sono andate così: lo scorso anno abbiamo perso Cruz, un membro del branco, recentemente io ho subito una operazione urgente, sono smilza! Mi hanno tolto la milza. Adesso sto bene e Giovanna ha smesso di guardarmi un po’ triste e preoccupata. Dovevo però essere monitorata ma, soprattutto, non riuscivo più tanto a stare sola.
Stavo come in quella canzone
(…)Azzurro,
il pomeriggio è troppo azzurro
e lungo per me.
(…)Quelle domeniche da sola
in un cortile, a passeggiar…
ora mi annoio più di allora,
neanche un prete per chiacchierar…
[Azzurro, di Paolo Conte cantata da Adriano Celentano]
Così Giovanna ha dovuto trovare una soluzione: mi porta sempre con sé, anche al lavoro.
Lei è una psicoterapeuta, oddio non so precisamente cosa vuol dire ma, osservando, ho capito diverse cose. Ad esempio, ogni giorno a orari precisi arrivano degli umani di varia natura.
Nella mia testa ho creato una mappa, di odori, di movimenti, di voci e così ad ogni dlin dlon vado in giardino a verificare chi è la persona di turno e, scondinzolante e festosa ma tutta compita nel mio ruolo, l’accompagno nella stanza della terapia.
Qui parlano, giocano (?), qualche volta sono tristi o arrabbiate, qualche lacrima, qualche risata… Pasticciano con l’acqua, con la carta e un mucchio di altre cose che, quando le uso io, e dovreste vedere come riduco tutto in brandelli, precisa, concentrata e gioiosa, invece di sentirmi dire brava quella là mi grida e mi chiama Isabrutta.
Per costituzione io amo le persone, sono socievole e soprattutto amo le carezze che cerco con una certa insistenza. Quando le mani dei pazienti toccano, lisciano, danno colpetti al mio corpo, schiena, pancia, muso, orecchie (non ridete please!) si crea una sorta di chimica tra noi che è un godimento, una magia. Giovanna dice che si liberano ossitocina e serotonina due ormoni del benessere, ma non hanno forma né odore riconoscibili, saprà lei, io so che quel contatto ci fa bene .
Quello che succede non è Pet Therapy, non ho fatto la scuola, neanche Giovanna e non abbiamo in squadra un veterinario, anzi proprio non lo voglio uno che ogni tanto mi deve fare un buco per controllare un altro coso, il cortisolo, l’ormone dello stress. So badarmela da sola e se qualche situazione sento che non riesco a tollerarla me la filo in giardino o dormo.
Io mi comporto liberamente, spontaneamente, non seleziono i pazienti “adatti”, loro mi accarezzano e ognuno lo fa se gli va e a modo proprio.
A. tutto logica e pianificazione, all’inizio era impacciato, mi faceva lunghi discorsi complicati, Giovanna gli ha spiegato che quello che contava non erano i ragionamenti, era il linguaggio corporeo, preverbale, presimbolico. Adesso A. mi cerca, mi tocca, parla semplice, solo quanto necessario e sopporta serenamente di andarsene con qualche pelo del mio manto inflilato nelle trame dei vestiti.
J., in perenne conflitto tra istinto e controllo, troppo dell’uno o dell’altro, si imbarazza delle mie annusatine intime (“perchè l’amore è riconoscersi dall’odore”) ma adesso, prima di raccontare i suoi dilemmi dove il corpo e l’intelletto non si coordinano, dice prima di raccontare “oggi avevo proprio bisogno di un contatto fisico” e parla tenendomi vicino.
F. parla concitata già prima di entrare nella stanza, le sue carezze sono veloci, due mani che mi percorrono dalla testa alla coda, senza intervalli, pressanti. Man mano diventano più leggere, cadenzate e diventa più lento e tranquillo il suo eloquio.
Quando mi addormento, la mia pancia va in su e in giù lenta e calma. Giovanna ne approfitta per dimostrare cosa e come è il respiro profondo, quello che aiuta il rilassamento e a controllare l’ansia.
Ovvio, penso io: l’altro, quello veloce, alto, ansimante è quello che serve quando si corre, si va a caccia o si scappa davanti a un cane che la vuole buttare in rissa.
Il modo in cui mi accarezzano è significativo. Io lo registro, mi sintonizzo e non mi faccio tante domande. Giovanna invece dice che è sintomatico dell’emozione del momento od anche della qualità di relazioni passate, specie quelle più precoci.
Saprà lei!
Intanto, quando è presa dai suoi pazienti un po’ mi trascura, ma ci sono le carezze, i complimenti di tutti “formidable, je sui formidable”, perchè privarmene?
Giovanna attribuisce signicati, io me la godo. Giovanna osserva, io vivo la relazione. Giovanna riporta lo scambio a chissà cosa, io sono lì, in quel momento, presente e ricettiva.
Ho scoperto di governare il tempo della seduta meglio della terapeuta (“il setting è importante predica”!).
Lei si perde, si allunga, si trascina ma io percepisco quando siamo allo scadere dell’ora, e quindi basta “arrivederci e alla prossima!” So che le 19,30 sono un orario intransigibile, improcrastinabile, immodificabile: è tempo di zuppa!
Allora punto alla porta, gnolo un po’, gratto e i presenti sono costretti a guardarmi e diventa chiaro a tutti che la seduta è finita. I bisogni primari innanzi tutto direbbe Freud e, più avanti, Maslow li metterà alla base della piramide delle motivazioni. La filosofia, il male esistenziale, le domande sulla vita vengono dopo. E, mi pare, che anche un certo Marx, a suo modo dicesse le stesse cose.
La pancia che borbotta
È causa del complotto
È causa della lotta:
“abbasso il Direttor!”
La zuppa ormai l’è cotta
E noi cantiamo tutti
Vogliamo detto fatto
La pappa al pomodor!
[Viva la pappa col pomodor, scritto da Lina Wertmüller su musica di Nino Rota, cantata da Rita Pavone]
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Giovanna Tonioli
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