Vite di carta /
Dove porta “Il libro della pioggia” di Martino Gozzi
Tempo di lettura: 6 minuti
Vite di carta. Dove porta “Il libro della pioggia” di Martino Gozzi
Dove mi hai portata, Martino Gozzi. Indietro nel tempo, prima di tutto. Poi in giro dentro la mia maturità e soprattutto dentro la tua. Ho letto Il libro della pioggia, il tuo romanzo-memoir, in pochi giorni e l’ho maneggiato con cura, quasi potesse uscirne anche una sola parola e perdersi nell’aria. Sono così intense le tue parole.
C’é un’aria gravida di pioggia in questi giorni: acqua che cade a tratti rabbiosa, poi sembra calmarsi e viene giù lenta e costante. Ha già portato l’alluvione nelle nostre terre e ora a me porta il tuo libro.
Per il momento mi è chiara questa analogia tra le pagine che hai scritto e il corso della mia vita che le ha incontrate. Me ne viene in mente un’altra: mi hai detto che questo libro dovevi scriverlo e io ho subito pensato che dovevo attraversarlo.
Il guado ora è avvenuto e devo ammettere che annaspo tra le tante osservazioni che vorrei fare, tra le categorie della narrativa in cui dovrei farlo stare per rassicurarmi come lettrice ormai navigata, ma eternamente scoperta e vulnerabile.
Mi dico ecco che si aggiunge alle mie letture di queste settimane un altro romanzo incentrato sulla storia personale e di famiglia, con uno spazio grande che in questo caso è dedicato alla “amicizia epica” con Simone, che da qualche anno non c’è più , e con gli altri storici compagni di infanzia e giovinezza.
Il terzo bel romanzo in cui l’io che narra ricostruisce le proprie radici e ne esce con un bell’aggiornamento sulla propria identità, nel senso di una pulizia interiore ritrovata. Forse la più radicale dopo quella, donata, che si vive nell’infanzia.
Degli altri due letti nelle ultime settimane ho già scritto, mi limito a ricordarne i tratti bibliografici in nota.
Prendo altre parole dal risvolto di copertina: dopo “un’amicizia epica, la loro, tenuta insieme dalla musica e dalla giovinezza” riporto quelle che delineano Simone, il giovane uomo che “suona il basso mancino come Paul McCartney, ha una band, scrive musica.
Ha il dono di saper amare e farsi amare. Se ne va troppo presto” dopo una lunga malattia, rimanendo però per Martino “la pietra di paragone, il punto di riferimento, l’irrinunciabile metro rispetto a cui misurare col passo pacato della maturità le tappe di una vita: Ferrara, Torino, la scrittura, il matrimonio, la paternità, la musica, i cambiamenti”.
Eccoti Martino, ritrovato a una festa di Emergency organizzata qui vicino a casa mia due sabati fa. La locandina dell’evento porta il volto sorridente di Simone accanto al tuo nome, promette la presentazione de Il libro della pioggia e un accompagnamento musicale.
Siedo tra le ultime file di panche preparate davanti a un piccolo palco dove tu leggi alcune pagine del libro alternandoti al gruppo che suona e a Francesca che canta. Già, Francesca. Ho riconosciuto anche lei, un attimo dopo averti rivisto mentre già firmavi alcune copie del libro. Anche lei studentessa all’Ariosto e amica storica tua e di Simone. Ho appena incontrato sua madre, una cara collega di Scienze di ormai parecchi anni fa, e da lei ho saputo che per cantare qui oggi è venuta da Roma.
Anche gli altri musicisti sono qui in quanto amici di Simone. Oggi lo ricordano insieme a suo padre, che si aggira come un leone emozionato dentro al Parco dove siamo ospitati e non trova posa, e a sua madre, della quale prima di leggere il tuo libro non sapevo nulla e che ora mi pare un gigante, altro che la signora aggraziata col grembiule da inserviente che ha riempito il buffet di ogni bendidio per il resto della serata.
Ti ho ritrovato coi capelli brizzolati e con la consueta magrezza. Ti ho ascoltato e ora ti ho letto. Tento di concentrare in queste poche righe che rimangono quanto è stato struggente averti di fronte nel presente e andare di continuo all’indietro nel tempo. Vorrei che mi vedessi mentre scrivo, ho accanto una copia degli altri romanzi che hai pubblicato, ci sono fogli pieni di appunti che ho scritto su di te tra il febbraio e il marzo del 2004. E poi i ritagli di giornale.
Incomincio dagli articoli usciti su La Nuova Ferrara. Il primo è del 21 febbraio 2004 e riporta la presentazione dell’opera prima “del giovane autore ferrarese Martino Gozzi”, il romanzo Una volta Mia appena edito da peQquod.
Siamo alla libreria Feltrinelli (dico “siamo” perché nelle due foto che accompagnano l’articolo di Andrea Tebaldi compaio anch’io seduta in prima fila), c’è tanta gente a sentire un autore così giovane, uscito da pochi anni dal nostro Liceo.
In procinto di tornarci come ospite del Progetto Galeotto fu il libro, il primo in assoluto. Ho qui accanto l’altro articolo del 14 marzo su noi docenti fondatori del Galeotto e la locandina con gli incontri del primo anno scolastico, il 2003-2004, in cui abbiamo incominciato l’attività.
Attività bellissima, che compie i suoi primi vent’anni. Dopo di te, che verrai il 16 marzo, avremo a cadenza quindicinale Guido Barbujani, Eraldo Baldini, Diego Marani, Paolo Maurensig, Carmine Abate.
Tu sei stato il nostro numero uno. Quante domande abbiamo preparato insieme ai ragazzi per conversare sul tuo romanzo, quante correzioni ho apportato ai miei appunti. Che spazio dobbiamo dare al suo passato di studente del Liceo? Gli chiediamo di parlarci del Quaderno dell’Ariosto n.16, quello che raccoglie le sue lettere dagli USA nell’anno in cui ha studiato all’estero?
Ho davanti a me anche quello. Nero, da una parte con le tue lettere inviate ai compagni della IV T e alla prof di Italiano, dall’altra con le loro risposte.
Leggo in esergo che avete titolato il Quaderno Warehouse. Lettere dagli States, in quanto ‘Warehouse’ significa magazzino e solo tu potevi concludere che l’America “in fondo non è che un enorme magazzino”.
Mi chiedo se anche la vita, di cui parli nell’ultimo romanzo con sapiente curvatura antropologica, possa essere definita così. Quanti viaggi, quante esperienze di lavoro hai accumulato, fino a dirigere la Scuola Holden a Torino. Quanta vicinanza mi sento restituire dalle tue pagine. Le muse che ci hanno dato consistenza, la Scrittura, la Lettura, la Letteratura. Nel tuo caso anche la Musica.
Di sicuro imparo da te, ora così adulto e così carico di vissuto, a riconfigurare ciò che penso sia la scrittura.
Qualcosa che “aiuta a sentirsi meno soli”, come ho segnato a pagina 100, anche se “non è il luogo della serenità…il luogo dei cliché, delle frasi fatte” (e sono andata indietro alla pagina 88). “Può avere un potere terapeutico”, come sostieni nella prima parte del libro. Fino a qui concordo, ho presente la forza che mi ha dato fin dall’adolescenza. Lo scarto dalla vita ripetitiva di paese (il mio a pochi chilometri dal tuo, Sant’Agostino).
Ma proseguo e dico una compagna di vita, soprattutto dopo il dolore che ti hanno dato la scomparsa di Simone e la sua lunga sofferenza. Una compagna fidata per entrambi, dopo che il disincanto ci ha presi. Dopo l’aver compreso – finalmente – che non possiamo avere il controllo su tutto, né alcuna forma di immunità rispetto ai colpi della Tyche.
Verso la fine del libro, quando Simone non c’è più, l’atto di scrivere può apparirti “futile”, e tuttavia mi aspetto che tu dica altro, che mi aiuti a riconoscermi nelle parole della versione più aggiornata del tuo pensiero. Eccole: “A volte nelle storie è possibile trovare un senso – intravedere una luce, qualcosa”.
“Proprio ciò che ci risulta tanto difficile nella nostra routine quotidiana. E questo vale per le storie che leggiamo così come per quelle che scriviamo, dico, o tentiamo di scrivere. A patto che siamo disposti a perderci”.
Nota bibliografica:
- Maria Grazia Calandrone, Dove non mi hai portata, Einaudi, 2022
- Anne Berest, La cartolina, Edizioni E/O, 2022
- Martino Gozzi, Il libro della pioggia, Bompiani, 2023
- Martino Gozzi, Una volta mia, peQuod, 2004
Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice
Sostieni periscopio!
Roberta Barbieri
Commenti (2)
Lascia un commento Annulla risposta
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Bellissimo articolo!!!! Ravviva il ricordo bello che ho anch’io di Martino Gozzi primissimo ospite del Galeotto fu il libro al Liceo Ariosto e mi restituisce l’immagine preziosa di Martino Gozzi vent’anni dopo!!!
Bellissimo articolo! Ravviva il ricordo bello che ho anch’io di Martino Gozzi primissimo ospite del Galeotto fu il libro al Liceo Ariosto e mi restituisce l’immagine preziosa di Martino Gozzi vent’anni dopo!