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Il genocidio dove è nato il Salvatore

Il genocidio dove è nato il Salvatore

Genocidio, perché avete più paura delle parole che del loro significato?

Pensate sia solo un problema di numeri, diecimila in più, diecimila in meno, le fonti, sì le fonti. Vi fa comodo rinchiudere i macellai nello scontro di civiltà, dove esiste un noi e un loro. Ma noi chi siamo? Non parlate in nome mio, l’umanità è già morta e sepolta da decenni in quelle terre, dove voi buoni credenti ritenete sia nato il Salvatore. Genocidio, deportazione, pulizia etnica, vite indegne di essere vissute, i capi del mondo vi spiegano che cosa sta succedendo. Uno sterminio scientifico, legalizzato, dove si fa strame della vita umana. Primi ministri, presidenti, entrano nel dettaglio, vivisezionano il concetto di genocidio, il popolo di Dio, che mette in atto i precetti della bibbia, sterminare, perché occorre fare posto agli eletti. Le imbelli democrazie occidentali che stampano a fuoco sull’Europa il concetto di “aggredito e aggressore”, mentre lì in quella striscia le parole non hanno più lo stesso significato. Le vostre mani grondano sangue, i vostri dibattiti percolano odio, laggiù non ci sono terre rare, laggiù ci sono solo anime erranti come zombie in una terra non più vivibile. Dove i morti, forse, sono immensamente di più di quanto dicono le fonti ufficiali, non di meno come dicono i moderati che aggiungono i puntini sulle i di una carneficina, da quinto titolo sui telegiornali.

Parlate della sicurezza vostra? Qua vi do ragione, chi vi sterminò aveva in mente la soluzione finale adottata dal governo degli Stati Uniti nei confronti delle popolazioni native. Ed ora voi fate la stessa identica cosa, non utilizzate i forni, ma le bombe, rendete invivibile una terra che mille risoluzioni della defunta ONU aveva sancito essere per due popoli. Che poi neanche ve lo ricordate più, ma il Nazareno, quello a cui voi non credete, il figlio di Dio per i Cristiani e un profeta per i Mussulmani, non era biondo, non aveva gli occhi azzurri, la sua pelle non era candida come gli slavati del nord. Viviamo in un turbinio di controsensi, dove sotto le macerie povere anime gridano aiuto, ma nessuno li ascolta. Una terra dove non esistono più gli ospedali, rasi al suolo perché rifugio di terroristi, mentre erano rifugio per corpi disperati. Tutto ciò nel mutismo della maggioranza silente, che si aggrappa alle sottane di un occidente morto di fame d’intelletto, dove masse oscillanti fluttuano senza gravità in elezioni dove le differenze sono briciole nel mare magno del pensiero unico. Dove essere contro il capitale diviene reato di intenzione, dove ritenersi comunisti, anarchici o radicali ti pone in un angolo fuori dal dibattito, fuori dai tavoli dove si decidono quante armi dare e a quale stato. Genocidio viene perpetrato, questa parola se utilizzata ti marchia come negazionista, come deturpatore della storia. No, nessuno cancella l’aberrazione nazi-fascista, anzi io ritengo che questa mentalità criminale ha solo cambiato bandiera, ma ancora arma i grilletti degli assassini, apre i portelloni dei bombardieri, tiene in mano le penne stilografiche di chi ridefinisce gli equilibri, nell’adorazione dell’unico dio che mette tutti d’accordo. Il denaro, i dollari, il cobalto estratto da mani bambine, dove le fruste dei moderni schiavisti colpiscono, coperte dall’oscurità dell’ignoranza.

E allora ribelliamoci a questo mondo, diventiamo zucchero da versare nei serbatoi dei motori del capitalismo. Ritorniamo popolo e riprendiamoci la dignità, sepolta sotto le macerie delle bombe costruite col solo scopo di annientare un ideale mai morto.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)