28 Gennaio 2023
Il bue scuoiato (Marc Chagall, 1947) e la memoria corta della scuola
Tempo di lettura: 4 minuti
Il bue scuoiato (Marc Chagall, 1947) e la memoria corta della scuola
Chagall dipinge questa opera a due anni di distanza dalla fine dell’Olocausto.
Il gigantesco animale scuoiato è un monumento a sei milioni di vittime innocenti.
In alto a destra si vede il nonno del pittore in volo.
Sopra di lui c’è una candela simbolo di pace.
A sinistra. in basso il gallo che preannuncia l ‘alba è il simbolo di resurrezione.
Oggi 27 gennaio in classe ho l’appuntamento con la Giornata della memoria.
Nei giorni scorsi la visione di alcuni film mi ha aiutato a preparare il terreno.
La mancanza di testimoni diretti non lascia alternative più efficaci.
Il film è un genere simpatico ai ragazzi.
Usa le immagini e l’immagine è il totem della nostra civiltà nel bene e nel male.
Ma desidero sottolineare un aspetto, che però qui desidero trattare in modo consapevolmente colloquiale, al fine di provare a far capire a chi non è in classe tutti i giorni, la realtà emozionale scolastica odierna e i grandi problemi che oggi si nascondono dietro la facciata di una Scuola sempre presente nella nostra società.
Anni fa l’impatto emotivo di questi film sulla Shoah era molto più forte sui ragazzi.
Durante la proiezione non era raro vedere visi di ragazzi rigati dalle lacrime.
Pochi anni or sono al Teatro Nuovo di Ferrara venne la Segre per un incontro con alcune classi delle scuole di Ferrara.
Io ero presente con una mia quinta.
Ad un certo punto la senatrice smette di parlare.
La platea di conseguenza rimane muta, e immobile aspetta la ripresa della relazione.
Io interpreto questo comportamento come un momento di grande commozione dovuto al rivivere in un racconto momenti di vita personale così drammatici.
Mi sbagliavo.
Dopo pochi lunghissimi minuti di silenzio la senatrice si alza in piedi e con voce ferma invita alcuni ragazzi di una scuola media seduti nelle prime file a uscire dal Teatro in quanto evidentemente non interessati a ciò di cui si stava parlando.
I ragazzi infatti non avevano ascoltato nulla del racconto sviluppato da Liliana Segre ma avevano parlottato bellamente fino a quel momento tra loro fregandosene delle tante immagini di disperazione offerte dal racconto.
Non avevo mai visto fino a quella giornata tanto disinteresse verso un argomento cosi naturalmente coinvolgente da un punto di vista emotivo.
Quando si separa una madre dal proprio bambino affinché entrambi trovino una morte del tutto assurda mi pare non servano molte parole di spiegazione, il cuore viene colpito immediatamente!
L’ Olocausto è un argomento infatti che solitamente suscita forti sensazioni da un punto di vista emotivo.
La rappresentazione del Male assoluto tiene il livello di attenzione molto alto nei giovani!
Qualcosa però negli ultimi anni è cambiato e sta cambiando sotto i nostri occhi.
E questo qualcosa riguarda il contesto generale all’interno del quale avvengono questi racconti. E mi riferisco a cosa l’ambiente culturale e politico generale di riferimento chiede come esigenza prioritaria alla Scuola.
Chiede ancora consapevolezza, autonomia di giudizio critico, formazione insieme classica e scientifica, conoscenza di linguaggi umanistici, sviluppo di personalità complete?
Direi che purtroppo la risposta è negativa.
Ma se vogliamo capire cosa è la Scuola di oggi, dobbiamo sapere COSA CHIEDE LA SCUOLA oggi ai ragazzi e ai loro docenti !!!
Cosa chiede la politica alla Scuola e cosa chiede l’Europa alla politica per la Scuola.
Interessante vedere come le risposte emotive dei ragazzi si modifichino a seconda del tipo di richiesta culturale portata avanti dal sistema di riferimento
Ma soprattutto risulta molto significativo un secondo aspetto del cambiamento dei comportamenti dei ragazzi.
E questo secondo aspetto riguarda il loro vissuto.
Mi riferisco alla loro capacità di prendere dentro, di accogliere spiritualmente se stessi e l’altro da sé, del livello di empatia, di compartecipazione al dolore dell’altro, di condividere esperienze interiori…
Qui come siamo messi?
Quali anime arrivano nelle nostre scuole insieme a quei corpi, corpi così pesantemente investiti oggi di grande interesse da parte dei ragazzi fino alla loro auto distruzione!
E soprattutto la Scuola che concime possiede per la loro crescita?
Siamo proprio sicuri, per esempio, che la ricetta per lo sviluppo armonico e armonioso della personalità dei ragazzi passi per il totale superamento della lezione frontale del proprio docente come ultimamente si proclama da parte di miopi burocrati della innovazione scolastica?
Ma la lezione frontale, quella “bella” “seducente” , è soprattutto relazione tra due persone sulla base dell’interesse per la conoscenza!
Ma chi lo crea questo interesse, questa motivazione se non l’anima, gli occhi e la bocca di un docente!
Un interesse e una relazione mediata da una macchina funziona all’interno nello stesso modo?
Tutta questa tecnologia, utilissima per certi aspetti, perché oggi è invocata dagli spiriti innovativi come principale ancora di salvezza non solo sociale ma anche per la crescita individuale?
Il pane per la crescita individuale è e sarà sempre l’altro!
L’altro quello accanto a noi è quello lontano nei secoli che solo la Scuola rende miracolosamente sempre vivo!
Al contrario, Ulisse sarebbe già morto da tempo!
E invece i suoi tormenti, le sue passioni, le sue paure, i suoi amori la Scuola li rende reali, quasi si arriva a toccarli!
Solo la parola del docente riesce a restituire loro la vita quando arrivano in tal modo al cuore di nostro figlio!
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Roberto Paltrinieri
Commenti (3)
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Grazie Roberto, non sono un insegnante ma le cose che scrivi valgono per tutti. Come non perdere la memoria, come comunicare la memoria… continuiamo
A chiedercelo.
Mi colpisce questa rivalutazione della lezione frontale che a me, da insegnante, è sempre sembrata riduttiva del protagonismo dei ragazzi e delle ragazze. Tu invece la vedi come una forma di seduzione con la parola, mentre io, quando insegnavo, come una lezione dialogica se non volevo essere nozionistica. Insomma penso che la lezione frontale non sia di un unico tipo e penso che a volte sia deleteria. Sono d’accordo su molto: l’importanza della parola che crea relazione, l’importanza dello sguardo sincero e profondo, l’importanza dell’evocazione di mondi sconosciuti che diventano reali e attuali. Per dire la forza della voce che narra anche ciò che non si comprende razionalmente per intero, mi viene in mente la magia in cui mi sono trovata persino leggendo in classe, in inglese, ad alta voce, un racconto di Poe. Mi sembra però che anche il lavoro di gruppo, coordinato dall’insegnante maestro, lo scambio di parola e di sguardo fra studenti sia imprescindibile per la formazione personale degli studenti e studentesse. Non uno sguardo rivolto ognuno al proprio monitor, però. Voglio sottolineare questa nozione di maestro, maestra, che ho colto in Alessandro D’Avenia, ma non solo: mi sembra che quello che tu dici sia questo, vogliamo insegnanti che siano maestri.
Credo da genitore, che ciò che nasce dall’impegno e dalla passione che gli insegnanti educatori a loro volta, mettono in ciò che fanno, faccia sempre la differenza. Aprire lo sguardo a 360 gradi grazie a teste diverse è un bene ineguagliabile che lascia traccia in chi ascolta ragazzi e non.
Margherita Iori