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IL BUCO NERO DELLA SINISTRA FERRARESE

Diceva il Grande Timoniere, ed era un complimento: “Grande è il disordine sotto il cielo”. Magari fosse cosi a Ferrara per la nutrita schiera dei partiti e delle formazioni politiche che vogliono opporsi alla Destra della Giunta Fabbri.
Oppure sì, come negarlo, la discussione e il confronto fra le varie anime della Sinistra e del Centrosinistra c’è stato: tante settimane, tante riunioni, tante parole attorno al famoso Tavolo.  Ma quel disordine polifonico sembra oggi un buco vuoto, o peggio, un buco nero, come il fondo di un tunnel di cui non si vede l’uscita.

Posso essere più gentile. Chiamiamolo più garbatamente “un ripensamento critico”, “un momento di riflessione”, “un utile e necessario chiarimento”, sta di fatto che quel Tavolo dell’Opposizione, ribattezzato in corsa Tavolo dell’Alternativa, una volta chiamato a sciogliere il nodo del Candidato Sindaco, si è fermato, anzi, ha cominciato a traballare. Al contrario delle aspettative, l’Opposizione, invece di essere unita, appare divisa e lAlternativa di là da venire. Una divisione che si specchia e si amplifica grazie agli interventi, articoli, commenti che appaiono sulla stampa locale. Un brutto spettacolo e una lieta notizia per una Destra che ha dichiarato di voler governare Ferrara per altri vent’anni.

Forse, è quello che spero, non è successo nulla di irreparabile, ma occorre guardare in faccia la realtà. Chi credeva, in perfetta buona fede ma con pochissima lungimiranza, che bastasse mettere a concistoro tutti i leader e leaderini di tutti i partiti e le formazioni politiche che si opponevano alla Giunta Fabbri, per scegliere un programma e indicare un candidato/a Sindaco/a, deve oggi ricredersi.

Ancora mi chiedo (anche se occorreva chiederselo prima) come fosse possibile pensare di tenere insieme tutti, da Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana fino a Italia Viva ed Azione, quando a livello nazionale questi partiti, come altri e più consistenti, Pd e 5 Stelle, perseguono strategie e obiettivi differenti o addirittura contrastanti?

Forse si pensava che Ferrara fosse una tranquilla città di provincia, che potesse decidere da sé apparentamenti, nomi, alleanze? Un altro incredibile errore. Perché Ferrara è nell’occhio del ciclone. Lo è oggi e lo sarà ancor di più in campagna elettorale. Ferrara rappresenta un glorioso avamposto, la prima città dell’Emilia-Romagna conquistata dalla Destra. Per questo il Governo Fabbri è già preso a modello a livello nazionale e Lega e Fratelli d’Italia non lesineranno energie e soldi per pubblicizzarlo, difenderlo ed esportarlo.

Un altro errore del tavolo è stato sottovalutare completamente il valore e il carattere dell’astensionismo. La volta scorsa, nel 2019, a Ferrara non ha votato quasi il 40% degli aventi diritto. E nel 2024 potrebbe andare peggio, visto che appena l’altro ieri, a Monza, l’astensionismo ha superato l’80%.

Ora, anche se il tavolo multipartitico riuscisse, con qualche alchimia, a trovare l’accordo su un unico Candidato Sindaco, un pezzo importante dell’elettorato progressista e di sinistra non lo voterebbe punto. Per il solo fatto che quel candidato è l’emanazione diretta dei partiti. Capisco, è un discorso che ai partiti fa venire l’orticaria, ma qualcuno può forse confutarlo? Se quindi a Ferrara l’opposizione ha bisogno di ogni singolo voto per battere una Destra forte, unita ed agguerrita, allora perdere la porzione di voti della “sinistra sociale” e della “sinistra scontenta”, vorrebbe dire una sconfitta sicura, probabilmente al primo turno.

La cosa curiosa è che ai partiti ferraresi, da più di un mese, è stata offerta un’alternativa. Un metodo partecipato e innovativo. Una salutare immersione nella società civile cittadina. E, si badi bene, questa proposta, tutta nel segno della democrazia, appare forse oggi l’unico modo nobile e trasparente per trarsi d’impaccio, per uscire dall’impasse, per azzerare di colpo il penoso e incomprensibile braccio di ferro che vede impegnate due fazioni variamente assortite: quelli che vogliono la professoressa Laura Calafà e quelli che vogliono l’avvocato Fabio Anselmo (ho definito “incomprensibile” lo scontro tra i due titani, perché noi, futuri elettori, nulla sappiamo di loro e della loro idea di Ferrara).

L’invito al Tavolo dell’Alternativa è arrivato da un foltissimo gruppo di cittadine e cittadini. Si sono voluti chiamare, un po’ per gioco e un po’ sul serio, La Comune di Ferrara, sottotitolo Femminile, Plurale, Partecipata. Basta dare un’occhio al sito per capire il taglio innovativo e la proposta radicale per la Ferrara futura di cui La Comune si fa portatrice [il sito La Comune di Ferrara]. Un lavoro collettivo portato avanti da alcuni mesi, con una premessa semplicissima: “Crediamo nell’importanza che sia la società civile parte attiva nella stesura dei programmi che interessano la comunità, attraverso metodi e strumenti partecipativi reali.” Sembra la scoperta dell’acqua calda, se non fosse che qualcuno ai piani alti non l’ha ancora scoperta.

La Comune ha invitato pubblicamente i partiti e il Tavolo dell’Alternativa ad uscire allo scoperto, a rompere le righe, a confrontarsi con la società civile, il mondo del volontariato sociale, le esperienze di lotta cresciute in questi anni in città. Solo così, scegliendo insieme le linee del programma come il nome del Candidato/a Sindaco/a e della squadra che lo affiancherà, l’opposizione potrà presentare una proposta condivisa e vincente. E’ già segnato un primo grande appuntamento assembleare, domenica 19 novembre. Per lavorare in gruppo, fare emergere le priorità che devono caratterizzare il programma ed individuare competenze, disponibilità, candidature. In quella sede si capirà che i candidati da scegliere insieme non saranno solo Anselmo e Calafà.

Un altro gruppo spontaneo di giovani, Ferrara2044, anche su queste pagine ha proposto ai partiti un percorso analogo: le primarie. Questo significa mettere il programma e la candidatura a sindaco in mano ad una larga base popolare, in grado di far emergere competenze, disponibilità e candidature.  

Proprio come il mio amato Gaber: io se fossi un partito, ma per fortuna non lo sono, avrei un bel po’ di paura a “bagnarmi nel grande fiume”.  È una scelta inedita, dove le certezze, gli equilibri, i calcoli preventivi, possono cambiare e perfino cambiarti. Ma è proprio questo che succede se incontri e ascolti il tuo popolo, uno ad uno.
È un modo per superare l’impasse, per schiodare il Tavolo da terra, per gettare lo sguardo oltre il buio del tunnel, ma è anche un modo per imparare da capo a “far politica”. Rischi a parte, potrebbe perfino essere un viaggio affascinante

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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