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Idrovia ferrarese, una storia infinita

Seguiamola dalle origini. Il cronista risiede dal 1944 nelle immediate vicinanze del vecchio ponte di Final di Rero, ma ancora in comune di Ferrara. Siamo attorno al 1960, quando gli amministratori dell’epoca ravvisano l’opportunità di un collegamento fluviale fra Porto Garibaldi e il Polo Chimico di Ferrara. Quindi l’intera tratta, che va dal porto canale per Valle Lepri, per le chiuse di Tieni, e passa per Massafiscaglia, per le chiuse di Valpagliaro, per l’attuale Diversivo del Volano, Ponte Bigoni, tratto urbano fino alla Darsena, e infine Canale Boicelli fino alla conca di Pontelagoscuro, è interessata da questa ipotesi.

Un’opera titanica, dai costi miliardari, per diversi fattori, primo fra tutti un fattore storico-ambientale. Siamo in un territorio rubato alle valli, dove ogni metro di terra è sacro, e le vie d’acqua vengono costrette fra argini ripidi, soggetti a smottamenti che non tardano a riempire l’alveo.
Si pensa così di dragarne il fondo, per ripristinarne la il fondale.  Un primo stanziamento consente di appaltare all’ impresa Benini, siamo nel ’60, il lotto fra le chiuse di Valpagliaro e il ponte di Final di Rero. I fanghi di risulta rialzano il piano di golena corrispondente, in destra di Volano.
Si comincia così ad agire per piccoli tratti, strategia adottata ancora oggi lungo il tratto di 50 km totali, che consente di drenare cospicui fondi, facendo balenare il miraggio dell’idrovia, quando invece basta un solo tratto ancora interrato per impedire il transito ai grandi natanti di classe 5 .  Chi avrà il coraggio e il danaro per ribaltare una tradizione secolare, con larghi espropri e demolizioni in destra e sinistra idrografiche, per creare le basse pendenze arginali che non consentano la colmata dell’alveo ?

L’alternativa è quella, attuata in tutta Italia, di cementificare il fiume, magari con argini verticali, privando così la falda freatica della naturale alimentazione, e creando i presupposti di esondazioni e altri disastri, in occasione di precipitazioni intense o quando il mare si rifiuta di accogliere le acque. Quando invece si attraversano le stagioni della siccità, e il Volano è soggetto al forte prelievo agricolo per irrigazione, il mare alimenta l’ingressione salina che sterilizza i terreni, e i pesci risalgono tutti i rami del Po, talché si parla di barriere anti-sale.

L’occasione di queste mie note è l’ultimo lotto di lavori “puntuali” in corso da qualche anno, diretto allo scavo del breve diversivo per mitigare l’Ansa di Final di Rero, per rendere quel tratto di Volano percorribile dai famigerati natanti di Classe 5.
L’isola a spicchio di luna compresa fra il vecchio tracciato e il nuovo raccordo sarà accessibile per l’attuale ponte provvisorio, che consente ora il traffico fra Tresigallo e Ferrara, da quando il vecchio ponte è stato demolito. L’isola a spicchio verrà adibita a parco pubblico, mentre il nuovo raccordo fluviale verrà attraversato da un secondo ponte, in linea col rifacimento del vecchio ponte sul vecchio tracciato. Ho riportato uno schizzo.

Il messaggio principale che voglio trasmettere è che gli scopi e i metodi dell’Operazione Idrovia, avente in realtà carattere utopistico, appaiono diretti più a movimenti finanziari (reperimento di fondi e loro distribuzione con appalti), che non al soddisfacimento di effettive esigenze comuni di pubblica utilità.

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Mario Rocca

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