Ti senti più sciacallo o giraffa?
Secondo la Comunicazione Non Violenta (CNV) provare gioia nel dare e nel ricevere con empatia fa parte della nostra stessa natura. Tuttavia, abbiamo imparato presto molte forme di comunicazione che bloccano questa tendenza naturale e che ci portano a pensare, parlare e a comportarci in modi che feriscono gli altri e noi stessi.
Ti senti più sciacallo o giraffa? Un giorno un insegnante di Comunicazione Non Violenta (CNV) fece questa domanda a bruciapelo, durante una lezione dell’Università del Volontariato a cui stavo partecipando.
Tra me e me, ho pensato che lo sciacallo, poveretto, di solito non è ben visto. Vuoi perchè assomiglia al lupo cattivo delle fiabe e spesso è ritratto mentre digrigna i denti correndo verso la preda, vuoi perchè si ciba anche di carogne… Al contempo, mi sono immaginata la giraffa, con quel lungo collo e le zampe altissime che le permettono di brucare indisturbata soprattutto le foglie di acacia e con quelle belle orecchie che sembrano fatte apposta per ascoltare. La giraffa è erbivora, pacata, silenziosa.
Ma cosa si intende in CNV per linguaggio sciacallo e linguaggio giraffa?
Fu Marshall Beltram Rosenberg, il pioniere della CNV, ad ideare questo linguaggio. A sua volta, fu allievo del grande psicologo umanista Carl Rogers, fondatore della Psicoterapia Centrata sulla Persona, che pone le sue radici nel valutare positivamente le risorse e le potenzialità presenti in ogni individuo.
In CNV il linguaggio sciacallo è il linguaggio dei giudizi moralistici, di quando pensiamo in termini di giusto/sbagliato, bene/male, normale/non normale. E’ un linguaggio istintivo, di solito non basato sulla consapevolezza delle proprie emozioni e bisogni e tende a generare delle “contro reazioni” che orientano la comunicazione su piani non empatici e quindi non positivi per la comunicazione stessa.
“Se non si inizia a fare le cose fatte bene in questo gruppo, non mi vedono più” – Minaccia
“Che branco di incapaci” – Giudizio, etichetta
“Con tutto quello che ho fatto per te, sei proprio un ingrato” – Incolpare
“Secondo me faresti bene a reagire e a farti valere in questo mondo” – Dare consigli non richiesti
“Dai, datti una mossa e datti da fare. Basta perdere tempo. Reagisci”– Comandare, ordinare, sentenziare
“Alla tua età dovresti avere ormai imparato a fare di meglio” – Fare la predica
“Confronto a Rita, Cristina non vale una cicca” – Fare paragoni
“No, guarda io non sono proprio d’accordo con quello che stai dicendo” – Interrompere prima che uno finisca di parlare
“Mi sembra proprio una cazzata questa proposta” – Ridicolizzare, sminuire
“Secondo me tu non hai capito la situazione” – Interpretare
“Dai, non te la prendere, succede a tutti, cosa vuoi che sia, sai quante volte è capitato a me” – Sminuire
“Se tu mi volessi davvero bene non ti comporteresti così” – Pretendere
Le conseguenze sul ricevente di questi tipi di comunicazione, saranno, molto verosimilmente: vissuti legati al mettersi sulla difensiva, sentirsi incompresi ed inadeguati, rabbia, risentimento, colpa, vergogna, senso di disapprovazione e disistima. Possiamo dire che il linguaggio sciacallo blocca l’empatia. Questa comunicazione sottende sempre ad una negazione di responsabilità che viene sistematicamente scaricata sull’altra persona o su parte del gruppo.
Di solito questo linguaggio è appreso fin da piccoli ed è inconsapevole, come sono inconsapevoli le reazioni che suscita.
Un semplice esercizio per aumentare la consapevolezza del linguaggio sciacallo? Provate ad osservare dei genitori (anche noi stessi) mentre parlano ai figli, soprattutto quando i figli non hanno nessuna idea di dar retta. Provare per credere…
Osserverete quanto spesso verso i figli si usi l’imperativo.
E con il partner? Fate una prova di osservazione anche qui. Un buon modo per approcciarsi alla CNV è senz’altro osservare il proprio ed altrui linguaggio.
Rosemberg suggerisce che il linguaggio sciacallo è comunque una tragica espressione di nostri valori e bisogni.
In altre parole, possiamo dire che è una strada non efficace per esprimerli, ma, spesso, l’unica che conosciamo.
Il linguaggio sciacallo lo abbiamo acquisito fin da piccoli ed è per questo che è così difficile imparare il linguaggio giraffa, che inizialmente viene vissuto come una forzatura, qualcosa di innaturale e non spontaneo. E’ come imparare una nuova lingua, dismettendo progressivamente la lingua madre.
Questo richiede molta motivazione, applicazione, studio, pratica e tanta pazienza.
Il linguaggio giraffa della CNV è un linguaggio che scoraggia le generalizzazioni e che comporta un processo che possiamo suddividere schematicamente in fasi:
Osservare una situazione che stiamo vivendo
Riconoscere ed esprimere i propri sentimenti (connessione con se stessi).
Individuare i bisogni che sono sottesi ai nostri sentimenti (auto empatia)
(Eventualmente) formulare delle richieste.
La CNV aiuta a riconoscere che la causa del nostro sentimento è un nostro bisogno, e non le azioni di un’altra persona.
Questo ci restituisce tutta la responsabilità di quello che proviamo.
Prova ne è che una stessa azione può venire vissuta con sentimenti diversi, a seconda della persona che la vive. Un complimento a qualcuno può generare gioia e autostima, a qualcun’ altro imbarazzo e disagio. Ciò che gli altri dicono o fanno può essere lo stimolo, ma non la causa dei nostri sentimenti.
A proposito del riconoscimento dei bisogni, mi fa piacere condividere una mia esperienza personale. La definirei per me importante, dal momento che mi ha permesso di diventare consapevole di una modalità che stavo esercitando nella vita, senza accorgermene.
Durante gli esercizi di CNV, ho scoperto di sentirmi confusa nel riconoscere i bisogni sottesi ai miei sentimenti. Ricordo che le prime volte che tenevo in mano un foglio con l’elenco dei principali bisogni umani, sostavo a lungo chiedendomi Di cosa sento il bisogno? Questo sentimento che sto provando, quale bisogno tocca, vivo in me? Rimasi molto stupita, soprattutto perchè il mestiere di psicologa dovrebbe facilitare, o no? Per tanti anni diverse ore al giorno ho dedicato il mio ascolto e il mio desiderio di aiutare il prossimo all’accoglienza dei sentimenti delle persone che si rivolgevano a me, delle loro storie e dei loro bisogni… Come mai facevo così fatica a riconoscere i miei bisogni? E così, pian pianino, ho constatato che molte persone sistematicamente impegnate in relazioni di aiuto o in funzioni di care giver sono talmente abituate a portare la loro attenzione sugli altri, che hanno via via atrofizzato la propria capacità di auto empatia.
Permettere a noi stessi di mostraci vulnerabili, descrivendo i nostri sentimenti e bisogni con chiarezza e specificità, permette più facilmente di connetterci gli uni agli altri e di nutrire relazioni soddisfacenti. In un mondo in cui tutti hanno fretta, dove anche le relazioni sono diventate sempre più fugaci, in cui si fa fatica ad entrare in profondità, esprimere i propri sentimenti e bisogni può fare paura, soprattutto alle donne a cui è stato insegnato ad ignorare i propri bisogni, per avere cura di quelli altrui.
Immaginiamoci come potrebbero diventare le nostre organizzazioni, le campagne elettorali, i consigli comunali, le assemblee, le nostre famiglie, i rapporti di coppia, con i figli e noi stessi se utilizzassimo con fluidità il linguaggio giraffa, un linguaggio capace di connetterci con i nostri ed altrui sentimenti e bisogni, piuttosto che con le nostre idee e convinzioni sugli altri e sul mondo. Una vera rivoluzione!
E infine, concedetemi due parole sulla possibilità di formulare richieste. Quando le formuliamo, riusciamo a lasciare la possibilità all’altra persona di dirci un no? Ovvero, siamo davvero liberi quando facciamo richieste?
Anche qui un po’ di auto osservazione può renderci consapevoli di quante aspettative e pretese nutriamo nei confronti degli altri e di noi stessi.
Perchè ho scelto di parlare di CNV a proposito delle dinamiche dei gruppi? Perchè quando chiedo ai gruppi che incontro: Qual è l’aspetto più difficile della vostra vita associativa? Al primo posto mi rispondono: La relazione con gli altri del gruppo.
Insomma, porsi il tema di cosa permette ai gruppi umani di funzionare in maniera soddisfacente, viva, autentica ed onesta, implica mettersi in discussione a tantissimi livelli.
Vuoi saperne di più sulla CNV? Una bibliografia essenziale sul tema la trovi [Qui]
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Grazie comunque del tuo ascolto. (Anna Zonari)
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Anna Zonari
Commenti (1)
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Grazie per questo resoconto molto efficace. Posso dire che la CNV mi ha salvato la vita come insegnante e come madre. Ho persino convinto altri genitori, madri, per la verità, a farne esercizio per imparare come comunicare meglio e dare e ottenere ascolto. Lo si può fare anche in gruppo, senza esperti. Anche da sé, se si riesce ad essere sufficientemente autocritici ed alastiche. Nel mio blog, unascuolafuoriclasse.it, per genitori e insegnanti e dedicato a chi va male a scuola, riservo alla CNV un ruolo fondamentale.
Infine, sì, vorrei collaborare con te, con chiunque voglia cambiare il linguaggio e la sostanza della politica, in modo da collegarla ai bisogni della gente, in modo da fondarla sull’ascolto, in modo da “uscire dalle cornici” di cui siamo prigioniere, in modo da fondare concretamente “mondi possibili”. Qui ho citato Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte. Credo nella nonviolenza attiva, non quella che si allontana dal conflitto, ma quella che ci sta dentro, che lo attraversa, senza cancellare, opprimere, negare nessuna delle parti, trovando, creativamente, la soluzione che fa convivere felicemente le esigenze di tutti e di ognuna.