Gpt, uno spettacolo per i miei occhi:
giornalista, maestro, artista, scrittore
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Era il 2014 quando ho fatto questo servizio fotografico a Gian Pietro Testa, giornalista, scrittore, pittore, maestro e amico. Gli chiesi una sua fotografia perché mi serviva per illustrare la foto-notizia della rubrica “Immaginario” sul quotidiano online Ferraraitalia fondato da Sergio Gessi, con cui condivido il ruolo di ex allievi della scuola di giornalismo IFG da lui fondata a Bologna all’inizio degli anni Novanta. La rubrica basata sul connubio di testi e immagini, all’epoca, era quotidiana e per quel giorno l’avrei usata in occasione della presentazione di un suo libro, “Interviste infedeli”, per la giornata del 23 dicembre 2014. Mi disse che non aveva praticamente fotografie di se stesso, se non qualche scatto fatto quasi per caso, fototessere o poco altro.
“Se vieni – mi invitò – poi me ne dai qualcuna da usare nella pubblicazione del mio prossimo libro”. Una bellissima proposta, che mi inorgoglì e mi diede un sentimento intenso di gioia. Con entusiasmo ci dedicammo a fare questi ritratti nella sua casa, in via Carlo Mayr, tra gli arredi d’epoca, le foto di famiglia incorniciate e poi – mi parve d’obbligo – dietro alla scrivania del suo studio. Era uno dei miei periodi di massimo entusiasmo per la fotografia e con molto orgoglio usavo la mia Olympus mirrorless immaginandomi di essere una futura Vivian Maier.
Di quella serie di foto ne usai una. A Gian Pietro diedi tutte le copie degli scatti stampati su carta, perché diceva che di immagini dentro al computer (e men che meno dentro a un cellulare) non ne voleva sapere, le voleva tangibili e materiali, da tenere in mano e sfogliare.
Aveva ragione. La ricerca del set fotografico virtuale è stata più impervia di quel che avrei creduto, gli anni passano e anche gli archivi online possono occultarsi senza che ce ne rendiamo conto e senza che ci si possa più fare alcunché.
Negli anni successivi capitava che con Gpt ci incontrassimo. Prendevamo appuntamento per chiacchierare sedendoci a bere qualcosa in un bar del centro. Mi diceva: vorrei che scrivessimo insieme un libro, cerco ispirazione o altre cose lusinghiere che mi facevano sorridere e mi mettevano quasi in soggezione. Ogni volta era immensa la voglia di tirare fuori la macchina fotografica o, più tardi – quando quella l’ho un po’ tralasciata – anche solo la fotocamera del cellulare.
“Perché mi fotografi sempre?”, mi chiedeva un po’ stupito. Perché con lui c’era sempre una bella visione davanti a me. A volte metteva berretti variopinti spettacolari e poi c’erano le sue espressioni, le sue pose, i suoi gesti. La sua presenza era per me uno spettacolo di cui non perdere nemmeno un istante. Mi trattenevo un po’ per non essere eccessivamente invadente e per ascoltare meglio le sue parole.
Il Covid ha rallentato tutto. Io ho usato sempre meno la macchina fotografica per riprendere invece in mano pennelli e colori. Avrei voluto coinvolgere Gian Pietro Testa in un progetto di opera d’arte composta di tavole di piccolo formato fatte a più mani, a tema naturalistico, da esporre non so poi dove.
In casa ho una sua grande e bellissima tela, un “Crocus” giallo scintillante su fondo porpora, che immaginavo come compagno ideale delle mie tavole in tema di foglie e fogli, scrittura e natura, da condividere con altri amici amanti di penna e pennello.
Via via, però, i nostri incontri sono stati sospesi e si sono ridotti a un’ipotesi; mi diceva spesso che voleva che ci incontrassimo ma che, in quel momento, non era abbastanza in forma. Mi disse: magari vieni a fotografare i miei quadri in soffitta. Ma era quasi sempre troppo freddo o troppo caldo, come capita in effetti quasi sempre a Ferrara. Aspettava di essere più in forma. Ora mi restano solo queste forme riflesse sullo schermo del computer. Ciao Gpt, grazie, scusa, ti abbraccio tanto.
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Giorgia Mazzotti
Commenti (2)
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Grazie Giorgia per questa testimonianza.
Grazie 🙂🥀