Giorgia Meloni: l’emancipazione non è fatta solo di parole
Tempo di lettura: 2 minuti
Un interessante articolo di Giulia Siviero, pubblicato anche su Periscopio (leggi qui), e un dialogo avuto con una compagna del sindacato, che partiva da un pezzo di Esmeralda Rizzi uscito su Collettiva (questo), mi hanno persuaso che Giorgia Meloni Presidente del Consiglio potrebbe rappresentare un caso di eterogenesi dei fini. Una donna che non dichiara nessuna intenzione di cambiare i paradigmi di una società maschilista e patriarcale, ma che suo malgrado riesce a farlo.
L’insistenza su un nuovo linguaggio – mentre la Meloni assume tranquillamente il genere maschile della carica: Il Presidente – avrebbe senso se accompagnata da una pratica, quella di farsi governare da una donna.
Non cioè di permettere alle donne di occupare delle posizioni sulla base di un meccanismo di quote dedicate (le cosiddette quote rosa), ma di essere governati da una donna perché una sua gravidanza, ad esempio, non viene vista come uno stop alla sua ascesa, ma come un fatto naturale che attiene alla sua crescita come persona, da utilizzare anche come competenza nella gestione di un gruppo non familiare, ma politico o economico.
Spesso invece a sinistra il meccanismo delle quote di genere è un mantello progressista che viene ostenso, ma sotto il quale la struttura sociale e familiare – e la sua conseguenza “maschilista” – rimane esattamente la stessa.
Per cui capita di assistere (non sempre, ma spesso) alla difficoltà di individuare delle donne pronte ad occupare delle posizioni di rilievo, perché in un certo organismo, per la regola delle quote, “va messa una donna”, ma senza che dalla base, dalla partenza, sia stata promossa la sua capacità di crescere e di maturare.
Non che Fratelli d’Italia sia un partito che replichi su ampia scala, al suo interno, l’esempio Meloni. Anzi, sotto questo aspetto è come il PD, forse peggio.
Però l’esempio Meloni da solo ‘fa giurisprudenza’, per così dire, perché non stiamo parlando di una sindaca o di una parlamentare o di una rettrice, ma del Presidente del Consiglio di uno Stato. La destra ci è arrivata senza sovrastrutture, ‘senza troppe pippe’ come direbbe qualcuno di loro.
Attenzione: io non considero una ‘pippa’ la costruzione di un nuovo orizzonte, ‘da sinistra’, attraverso le parole, ma la considero un’operazione monca se alle parole nuove non seguono fatti nuovi.
Anzi, il risultato finale finisce per puzzare persino di ipocrisia.
“Una donna che si crede intelligente reclama gli stessi diritti dell’uomo. Una donna intelligente ci rinuncia”
(Sidonie-Gabrielle Colette)
Sostieni periscopio!
Nicola Cavallini
Commenti (2)
Lascia un commento Annulla risposta
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Meloni rivendica l’uguaglianza, altre rivendicano il diritto alla differenza. È questo chenon passa nè a destra nè a sinistra.
In politica,anche a sinistra, come sempre c’è una distanza, talvolta siderale, tra il dire e il fare. I grandi principi, le grandi enunciazioni, le analisi più raffinate non hanno conseguenze, non trovano applicazione. E così è anche per la c.d. “questione femminile “