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Garofani rossi

Che onore che mi fai, amica mia,
mi inviti a casa di tua mamma e babbo,
via Saragozza alta, i portici, la casa
che stai vuotando con la tua famiglia,
il lutto che sfocia nell’aprile,
nel rifiorire sul balcone altissimo
oltre libri lenzuola piatti e pentole
che presto prenderanno le loro vie,
e quadri alle pareti che anche loro
aspettano.
E mi regali un mazzo di fiori freschi
come da secoli nessuno – margherite
ginestre alloro e garofani rossi –
e ci sediamo un po’ e guardiamo fuori:
aprile il verde i colli l’occidente
e abbiamo entrambe gli occhi verdi mentre
parliamo non di fiere mostre saloni
eventi o comparsate nel demi-monde
bensì della valigia di Dovlatov,
di madri e di Madreterra esasperata
da Homosapiens con tutte le sue pompe.
In corridoio pacchi, ancora chiusi
stante il precipitare degli eventi,
di pannoloni per anziani, che un po’ alla volta
tu porti a qualcuno nel tuo quartiere,
anche oggi, e pure quattro borse
di cose che hanno vissuto in questa casa
con la tua mamma, e mi dai uno strappo in auto.

Fuori dal portico il tramonto esonda
verso Casaglia come un abisso di luce
come un commento alle Porte regali.
Vedo te con le borse, vedo me stessa
nella vetrina di un negozio presso
il parcheggio, in una mano il mazzo di fiori
bellissimi e nell’altra, a righe blu e verdi,
un pacco di pannoloni Lines specialist:
Eccomi – ti dico – sai quelle allegorie
delle età della vita, sai quei vecchi
memento mori, eccomi, e ridiamo.

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Silvia Tebaldi

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