Ferrara val bene uno scempio?
“Parigi val bene una messa”
(l’ugonotto Enrico di Navarra, nell’atto di convertirsi al cattolicesimo pur di conquistare il Regno di Francia)
Se c’è una cosa innegabile, è che i fratelli Sgarbi abbiano saputo tessere una rete di relazioni. Relazioni nel campo della cultura, dell’editoria, della comunicazione, della politica. Persino il concerto di Springsteen a Ferrara, che sembrava una bufala, si sta concretizzando ed il primo a parlarne come di una cosa fatta (ancora prima di Little Steven, che al tempo negò ogni certezza) fu Vittorio Sgarbi.
Parliamo di due ego straripanti (quello maschile tracimato oltre ogni argine) ma indubbiamente capaci di catalizzare attenzione, intelligenze e soldi. In questa sede non interessa né esaltarne le virtù critiche e divulgative, né denigrarle tout court. Il pacchetto andrebbe spacchettato, perché non tutto è meraviglioso ma nemmeno è tutto da buttare. Dispiace tuttavia che una tale capacità di influenza venga utilizzata per celebrare un ego dilatato alla dimensione degli avi – come nell’intitolazione di una piazzetta cittadina al padre farmacista – e venga messa in sordina quando potrebbe orientare verso la decenza progetti giganteschi ma brutti, quasi osceni nelle modalità di realizzazione: come un concerto da 50.000 persone nell’area verde più delicata della città, il Parco Bassani – in presenza di alternative praticabili – o come una riqualificazione urbana (il progetto Fe.Ris.) che farà colare cemento, negozi, automobili e carrelli dove ci sono Schifanoia e le Mura medievali, poi addizionate in epoca rinascimentale.
Eppure parliamo del sottosegretario alla Cultura di Ferrara, che tutti considerano il dominus de facto del ramo, a partire dal suo assessore. Possibile che quest’uomo adori essere adorato, finalmente, anche dal territorio natale ma rimanga sordo agli appelli rivoltigli dai suoi cittadini? Eppure [Vedi su Periscopio Lettera aperta a Vittorio Sgarbi su Forum Ferrara Partecipata] si parla della sua amata Ferrara, dello scempio alla sua bellezza, che dovrebbe essere il suo pane, dal momento che ha costruito una carriera (sul turpiloquio, ma anche) sulla salvaguardia della bellezza paesaggistica, artistica e architettonica.
Ci rifiutiamo di pensare che “regnare” su Ferrara valga bene uno scempio, su cui far calare il silenzio.
Sostieni periscopio!
Nicola Cavallini
Commenti (4)
Lascia un commento Annulla risposta
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Credo che la “sordità” del signor Sgarbi nei confronti dei richiami ad una coerenza e rispetto per il grande patrimonio storico culturale e ambientale di cui siamo eredi a Ferrara,sia purtroppo fuori non dal suo potere,bensì dalla sua straordinario e bulimico bisogno di essere al centro di mediocri situazioni di parata e non collettivamente significative: cosa che richiederebbe onestamente di essere portavoce di vera cultura. Ma si sa…le sue urla e le sue gesta altro non dicono che è un servo del potere di turno!
Apprezzo moltissimo il contenuto e il tono!
L’articolo é molto interessante e serio. Sulla questione si potrebbere dire molte cose e diverse, certo, questa monocultura sgarbiana… colpisce… Proporrei di fare un dibattito sulla produzione della cultura e delle cultura in città. Non ci sono altri talenti a Ferrara? Piuttosto ho visto i corridoi scorrevoli di vetro realizzati dentro il cortile dei palazzo dei Diamanti… In fotografia, perché di persona non mi sento… Ma che orrore! Ricordo le firme, gli appelli contro questo ampliamento…. Ricordo anche l’abbattimento improvviso e si dice abusivo del bellissimo edifico di interesse storico sede della ex caserma di finanza in viale Cavour… Nessuno ha visto né sentito, il perché é stato fatto cadere nel silenzio. Ragazzi, come direbbe Bersani o il suo alter ego Crozza: “attenzione al Castello!”
Capisco e in parte condivido la delusione di Letizia Caselli. Sono uno di quei cittadini che nel 2019 hanno manifestato il proprio apprezzamento per il progetto dello Studio Labics, senza escludere ovviamente la scelta di collocare sul terreno dell’ex giardino il padiglione espositivo. Per una considerazione complessiva del progetto e dei risultati ottenuti (che non si limitano al corridoio di collegamento pensato per i visitatori delle mostre) ritengo molto utile la lettura di “Il nuovo volto del Palazzo dei Diamanti”, sulla rivista on line “Artribune”, intervista di V.Silvestrini agli architetti Clementi e Isidori dello Studio Labics, progettisti del restauro, adeguamento funzionale e ampliamento del Palazzo. In particolare, la struttura di collegamento effettivamente realizzata – che esclude il previsto padiglione, inviso a “lor signori” e ad altri – riprende l’idea del primo progetto, cioè il porticato a pareti vetrate, con alcune varianti (p.es. dimensionali, nel materiale impiegato nelle parti portanti) e con un nuovo rapporto – inevitabile a questo punto – con lo spazio circostante (l’antico, irrecuperabile giardino, di cui il corridoio di collegamento ritaglia una porzione caratterizzata da una particolare piantumazione arborea). Non ho notizie sulla sistemazione della restante porzione del giardino, per il quale, allo stato attuale, mi sembra molto improbabile una fantasiosa riedizione di giardino rinascimentale all’italiana, di cui pure si favoleggiò all’epoca delle famose polemiche.