Skip to main content

FERIS, LA MOSSA KANSAS CITY

FERIS, LA MOSSA KANSAS CITY

Adesso, fuori dall’emotività e dalle esultanze, è tempo di chiedercelo: ma chi credeva davvero a un nuovo centro commerciale di 12mila metri quadrati in via Caldirolo? Chi credeva (al di là della necessaria riqualificazione) nella trasformazione dell’ex caserma di Cisterna del Follo in un Moloch capace di far convivere uno studentato da 600 posti, case private, locali pubblici, nani e ballerine? Chi credeva nel maxi parcheggio cementato di viale Volano a sovrastare le Mura?

Alzi la mano chi ha creduto a una sola di queste eventualità. Se si tratta di un comune cittadino, passi: è come credere che la Spal vada ai playoff e conquisti la serie A, ma ci può stare.
Se è un esponente politico del centrosinistra, può galoppare sulla scia dell’entusiasmo per il flop di Fabbri & C. in Consiglio, ma senza sentirsi John Wayne in Ombre Rosse.
Se invece è un componente di giunta o di maggioranza, o ammette di aver mentito a se stesso, o è meglio che abbandoni la politica per dedicarsi al taglio e cucito.

Per non fare il fenomeno, ammetto che persino io ci avevo creduto un po’. Perché in passato ho visto cose al cui confronto il progetto Feris è una scatola del Lego. Ho scritto per decenni del Palazzo degli Specchi, dai ‘cavalieri catanesi’ ai tritoni; ho visto la nascita di Darsena City (basta guardare la torre ellittica, vuota da quindici anni, per parlare di abnormità); pensiamo all’ospedale di Cona, che da solo varrebbe il confino per chi lo ha voluto e realizzato in quel posto.
Restando ai centri commerciali, che dire dell’IperConad nato per iniziativa (mettiamola così…) degli allora vertici Ascom, e poi diventato IperCoop Le Mura? Potrei continuare, perché l’elenco delle scempiaggini è lungo.
Ma qualcuno è sembrato dire: se gli altri hanno potuto fare tali demenze, avremo pure il diritto di fare una ca***ta anche noi! In politica l’equivalenza morale è sancita dalla costituzione, basta invocare gli errori (e gli orrori) di chi ti ha preceduto, per fare lo stesso. O di peggio.
Restiamo però alla leggenda Feris.
E ai miti evocati lunedì in Consiglio Comunale, secondo cui hanno vinto i cittadini a colpi di sbiciclate e lenzuola; ha vinto l’opposizione con le sacrosante ragioni di definire strampalato il progetto; ha vinto la giunta, capace di dialogare e ravvedersi; hanno vinto i ‘ribelli’ di Ferrara Nostra capitanati da Francesca Savini, rischiando di far saltare il banco e costringendo l’intera maggioranza a sconfessare se stessa, oltre che sindaco, vice, assessori, dirigenti e giù fino ai messi comunali
; ha vinto persino Rossella Arquà, capace di essere Arquà dopo essere stata Ardilà (politicamente, intendo).
Con tutti questi vincitori, non basterebbero i carri del Carnevale di Cento, e comunque qualche sconfitto ci vuole, rende meglio il clima epico. Lo sconfitto è il sindaco Fabbri? Se credeva che il progetto passasse per come era stato strombazzato – il termine non è appannaggio degli ex barbieri – è senz’altro sconfitto. Ma io non mi azzarderei a definirlo tale (al limite, incazzato per dover dire ai Caprotti che per ora deve obbedire a Caprini).
Lo sconfitto è il pool di imprese private che avevano fiutato il maxi business? Non definirei sconfitto chi si sarebbe accollato un investimento spropositato dai ritorni meno che incerti, e che adesso è costretto  – ahilui? – a riprogrammare un intervento meno costoso e magari remunerativo.
Ha perso la città, in termini di riqualificazione, posti di lavoro, maxi sponsorizzazioni a maxi concerti, ricchi premi e cotillons? In qualche modo sì, se il flop del Feris in Consiglio Comunale – perché tale è stato – si trasformasse in uno scusiamoci abbiamo scherzato. Con l’ex caserma abbandonata ad altri colpevoli decenni di silenzi, topi e ramaglie, e con la libera iniziativa commerciale impastoiata nelle diatribe ideologiche.
La dico chiara: Esselunga ha pieno diritto d’insediarsi a Ferrara, con la stessa legittimità di fare concorrenza a Coop, Famila, Despar, Tosano e discount vari; la fiaba di città sature di ipermercati non tiene conto delle norme e delle regole del mercato, le prime e le seconde dettano legge, non le simpatie di amministrazioni di vario colore.
Per comprendere a questo punto che ne sarà del progetto Feris, del sindaco e della sua (dis)articolata maggioranza, dell’opposizione che spesso non si rende neppure conto di essere tale, di residenti sugli scudi (pardon, sui sellini), è utile ricordare il film Slevin con Bruce Willis. E la sua mitica ‘mossa di Kansas City’. Dice a un certo punto Mister Goodkat: “La mossa Kansas City è quando loro guardano a destra e tu vai a sinistra”.
Oddio, non mi immagino Fabbri prendere la tessera del Pd e strappare a Ilaria Baraldi e Francesco Colaiacovo il poster di Elly Schlein. Né che il consigliere di Pura Luce Benito Zocca diventi il carismatico leader di Potere al Popolo. Non mi azzardo nemmeno a capire perché, al momento del dietrofront, molti nella maggioranza sorridessero. Forse perché quanto votato in aula è solo un atto d’indirizzo politico, e in Conferenza dei Servizi il progetto è ancora tal quale. O perché in fondo si sorride anche per non mostrare a se stessi di aver pestato una classica. No, semplicemente guardo a quello che potrebbe essere al posto di ciò che non sarebbe mai stato.
Ovvero un’Esselunga (in versione light) in una location adeguata. C’è chi parla dell’ex Carlux di viale Volano, ma sarebbe a ridosso delle Mura. Come pure l’ex Amga di via Bologna angolo piazza Travaglio, in pieno centro storico anche se ci si potrebbe giocare la fiche della rigenerazione. Idem per un’altra sede (con annessa mezza voce) che ancora non rivelo, perché non so come sciogliere il rebus viabilità. Poi ci sono aree ugualmente potabili lungo via Beethoven in direzione Fiera, dove qualche anno fa si immaginava una sede logistica di Ikea, e infine vari supermercati, chiusi e dismessi, sparsi nelle periferie. E se proprio Esselunga volesse spendere millemilamilioni di euro per sbarcare a Ferrara, con molto meno potrebbe comprare lo stesso IperCoop le Mura o l’Interspar di via Darsena, con pertinenze annesse.
Al di là del gioco al fantasupermarket, una possibilità auspicabile è comunque un intervento misurato sull’ex caserma. Con buona pace anche di chi, fra residenti vip o pseudo tali, auspica invece il sonnacchioso statu quo. Un progetto Feris che non ‘Ferisca’ – la battuta è orrenda ma non mi è venuto di meglio – sarebbe utile alla città, come lo è stata la nascita del Meis (a proposito, e i lavori?); come la riqualificazione di Palazzo dei Diamanti, come l’organizzazione – al netto delle polemiche sulla sede – del concerto di Bruce Springsteen.
Se il progetto saltasse del tutto, con l’alibi di un contrasto cinico e baro di comunisti e sobillatori, quella sì sarebbe una disfatta politica. E più che giostrine o vuote panoramiche, più che il Grattacielo trasformato (a chiacchiere) in un Bosco Verticale, ci sarebbe da andare in tournée all’estero su un carro di Tespi.
Attenzione perciò alla Mossa di Kansas City, alla possibilità che facendo cadere strategicamente un’iperbole a sinistra non si metta in atto qualcosa di parabolico a destra. Ma oltre a Bruce Willis, mi piace ricordare un ex comandante dei vigili urbani di Portomaggiore, che pedinando negli anni ’70 un soggiornante obbligato scrisse nel verbale: ‘Entrava facendo finta di uscire’. Ecco, forse la realtà del progetto Feris è tutta qui.
NOTA: Questo ‘scomodo’ commento alla vicenda FE.Ris. è già apparso sulla pagina Facebook di Stefano Loll
sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

Tutti i tag di questo articolo:

Stefano Lolli


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)