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Far sloggiare lo Stato dall’economia: la “libera” concorrenza che affama le famiglie e ingrassa gli azionisti

 

Prima le notizie, poi il commento, come vuole il buon giornalismo.

Le notizie:

  1. da gennaio 2024 è finito il servizio pubblico della maggior tutela per gas e luce per chi (5 milioni di famiglie) non si era ancora trasferito nel “libero mercato”. Rimangono ancora in questo mercato tutelato 4 milioni di famiglie fragili con disabili, anziani, poveri.
  2. Il prezzo del gas (che incide anche sull’elettricità) quotato alla borsa Ttf di Amsterdam oscilla da 6 mesi tra 0,40 e 0,28 cent al metro cubo, quasi un terzo di un anno fa quando i prezzi erano ancora alti (1-2 euro).
  3. Un’analisi Arera (l’Autority garante) dice che negli ultimi 10 anni in media il servizio a maggior tutela ha avuto prezzi più bassi del “libero mercato”.
  4. Il passaggio al “libero mercato” si è dimostrato disastroso per queste ultime famiglie “fragili”, in quanto le Utility ne hanno approfittato per aumentare i prezzi. Qui si riporta il caso dell’Enel, ma così è per quasi tutte le Utility.
  5. L’Antitrust ha avviato una istruttoria per accertare le pratiche commerciali scorrette dei rinnovi contrattuali ottobre 2023-gennaio 2024. E ha multato Enel Energia per 10 milioni.
  6. Enel Energia si difende dicendo che a maggio 2023 sono cambiati i vertici dell’azienda e che gli attuali vertici stanno cercando di porre rimedio ai forti aumenti registrati dai clienti.

Il mio commento.

Basta guardare la figura sotto per capire che il prezzo del gas (e dell’elettricità) negli ultimi 12 mesi si è più che dimezzato e quindi non si giustificano gli aumenti in bolletta (anche di 3-4 volte) rispetto a quelli dello scorso inverno. Infatti il prezzo al “grossista” si è ridotto da una media di 1,13 euro del trimestre ottobre-dicembre 2022 a 0,43 euro dello stesso trimestre del 2023. Ma le bollette viaggiano all’incontrario. Per questo le Associazioni dei consumatori hanno ricevuto migliaia di denunce, da cui è scattata l’istruttoria dell’Antitrust che finirà, se va bene, con una multa di 10 milioni per Enel Energia che, nel frattempo, ha incassato circa un miliardo in più del dovuto. La multa sarà quindi pari all’1% dell’extraprofitto.

Enel dice che dei 6,5 miliardi di profitto netto del 2023 solo la metà viene dai risultati in Italia. E’ vero ma rimane il fatto che Enel (come le altre utility) sfrutta la fine del servizio pubblico di maggior tutela aumentando le tariffe a scapito dei propri clienti. Nel momento infatti in cui si elimina un grande operatore pubblico che faceva buoni prezzi acquistando grandi volumi di gas all’estero, si formano accordi tra le aziende in modo da avere prezzi diversi ma sempre all’interno di una certa “forbice”. Nel comunicato di Enel Energia si giustificano gli incrementi delle bollette in quanto “dovuti al forte rialzo del costo delle materie prime che hanno risentito delle note tensioni geopolitiche”.

In primo luogo nel corso degli ultimi 12 mesi c’è stato un forte ribasso del costo della materia prima (e non un aumento).

 

In secondo luogo le “note tensioni geopolitiche” non c’entrano nulla, perché la Russia faceva e fa contratti a lungo termine e chi ha prodotto il forte aumento del prezzo del gas è stata la grande finanza occidentale che è entrata in massa con 54 banche e 154 fondi finanziari ad acquistare tutto il possibile alla borsa di Amsterdam 8 mesi prima dell’invasione della Russia in Ucraina, portando il prezzo del gas da 0,20 di febbraio 2021 (come era da 10 anni) a 1,20 a dicembre (6 volte tanto). Così si fanno i soldi, altro che pulire i treni tutti i giorni.

Il che vuol anche dire che erano bene informati sull’invasione della Russia che sarebbe avvenuta in febbraio 2022.

Sulla base di questo caso esemplare avvenuto in Italia, possiamo capire come stia ulteriormente cambiando il capitalismo europeo, il quale, rispetto a quello americano, aveva sempre avuto una forte presenza dello Stato o di aziende pubbliche sia nella manifattura che nella gestione dei servizi (si pensi alla sanità, scuola, pensioni, energia,…).

Con la globalizzazione finanziaria avviata nel 1999 il capitalismo vuole fare un ulteriore “salto” eliminando quei “residui” di gestione pubblica sia nella manifattura che nei servizi. Questa è la ragione per cui si sta privatizzando la sanità pubblica e si stanno smantellando le poche industrie manifatturiere statali. La logica è sempre quella del massimo profitto che deve andare ai soci azionisti (quasi tutti privati) e della possibilità dei “politici” di favorire certi privati potendo poi ricevere (a tempo debito) i dovuti ringraziamenti. Vendere poi parte del patrimonio pubblico consente di ridurre il debito pubblico e disporre di nuove risorse da distribuire (pro tempore) per accrescere i consensi elettorali.

Prendiamo l’esempio di ENEL, il più grande gruppo “pubblico” italiano con 95 miliardi di fatturato e 6,5 miliardi di profitti netti nel 2023, controllato ancora dal MEF (Ministero dell’Economia e Finanza) per il 23,6% del capitale. Il 56,7% sono investitori istituzionali (un modo per dire che si tratta di banche e fondi di investimento, peraltro quasi tutti esteri), mentre i singoli cittadini (italiani e stranieri) hanno solo il 19,7%. I vertici sono ancora nominati dal nostro Governo che ha il 23,6% del capitale e la maggioranza degli azionisti di controllo, anche se di fatto (vedi vicenda del gas e luce) si comporta come un privato alla ricerca del massimo profitto. Enel distribuirà nel 2024 il suo profitto per 2/3 ai soci istituzionali azionisti (4 miliardi), un miliardo andrà allo Stato italiano e poco meno ai singoli azionisti. Ai lavoratori dell’Enel, che sarebbero i veri co-produttori non andrà nulla e tantomeno ai clienti (3,4 milioni di utenze domestiche, cioè famiglie italiane che da sempre si fidano di ENEL), i quali hanno subìto aumenti fuori scala di gas e luce.

Il mercato tutelato è stato avviato nel 2007 con la riforma Bersani, la quale prevedeva che anche nei settori del gas ed elettricità ci fosse un mercato concorrenziale e la libertà per i cittadini-clienti di passare da un mercato all’altro (tutelato vs libero e viceversa), ma non l’obbligo come avviene ora. Inoltre, prevedeva che ci fosse un ruolo dello Stato – calmieratore dei prezzi – tramite la presenza di un grande operatore pubblico (Acquirente Unico) che comperava all’ingrosso gas e luce e garantiva così bassi prezzi a chi non vuole rompersi la testa e perdere un sacco di tempo nelle moltissime e opache clausole che hanno i contratti del libero mercato: contratti complicati, al punto che tutti i miei amici (anche laureati) non ci capiscono nulla.

Per difendere le fasce più deboli Bersani aveva introdotto, come prevede la buona teoria economica, di dare la possibilità a questi clienti (che non hanno tempo e conoscenze per potersi districare nelle mille offerte di un mercato opaco) di poter scegliere l’Acquirente Unico, una società pubblica che, acquistando gas e luce sul mercato internazionale e contando sul potere di mercato di milioni di consumatori, garantiva prezzi bassi e tutelati dallo Stato.

L’Acquirente Unico partecipa infatti al mercato come uno dei tanti soggetti ma rende i prezzi più vantaggiosi per tutti, anche per quei clienti che sono nel “libero mercato”, in quanto le aziende private devono tener conto dei bassi prezzi offerti dal mercato tutelato.

La fine del servizio pubblico del mercato tutelato è stata un’idea di Renzi del 2014, voluta fortemente da Draghi e portata avanti dalla Meloni come “riforma” italiana richiesta dall’Europa (della moneta e dei mercati, mi verrebbe da dire) per avere in cambio i soldi del PNRR.

Non ho nulla contro il libero mercato, che in alcuni casi funziona (vedi coi telefonini, anche perché sono solo 4 operatori), ma non sempre funziona e tantomeno con 700 utility, specie se viene meno il ruolo calmieratore di un grande operatore pubblico che agisce nell’interesse del bene pubblico e che non ha logiche di profitto.

Adam Smith, fondatore del libero mercato, aveva scritto che in alcuni casi è opportuno che sia lo Stato a gestire certi affari (come il commercio delle Indie) e scrisse che non bisogna trascurare che “appena si trovano 2-3 imprenditori privati la prima cosa che fanno è tramare per rubare allo Stato altri soldi”. Ma i nostri neo liberisti sono più liberisti dello stesso Smith e lo Stato lo vogliono proprio sloggiare dal mondo degli affari, specie se c’è una grande impresa (o servizio) che per ragioni di scala (e di scopo) produce più vantaggi di singoli privati o impedisce a loro di poter fare i prezzi che vogliono in quanto la sua presenza funziona da calmiere, com’è stato per decenni con il servizio di maggior tutela sia nel gas che nell’elettricità e anche nella sanità pubblica.

La lotta di classe c’è ancora e la stanno vincendo i ricchi: lo dice il miliardario Warren Buffet.

 

 

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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