DONNE E MOBILITA’
Sono le donne che portano i bambini a scuola
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DONNE E MOBILITA’. Sono le donne che portano i bambini a scuola
Donne e uomini non usano gli stessi mezzi di trasporto, gli stessi orari di partenza, le stesse finalità di spostamento. Anzi, è proprio questo uno dei settori in cui le differenze tra i sessi sono molto evidenti.
È ormai chiaro come i diversi ruoli di genere ricoperti da uomini e donne nel sistema socioeconomico nazionale e sovranazionale si traducono in diversi bisogni e comportamenti anche per quanto riguarda la mobilità. Ma la situazione può cambiare? Quali sono le traiettorie che permettono di individuare piste di miglioramento?
Interessante è analizzare i dati dell’Eurobarometro, strumento di sondaggio ufficiale utilizzato dalla Commissione europea e da altre istituzioni e agenzie dell’UE, per monitorare regolarmente lo stato dell’opinione pubblica in Europa, anche su questo tema.
Secondo l’Eurobarometro le donne preferiscono camminare, utilizzare i mezzi pubblici urbani e i treni extraurbani, mentre gli uomini dell’UE scelgono più spesso mezzi di trasporto individuali, tra cui auto, biciclette, motorini e scooter.
Un concetto interessante, elaborato dagli studiosi, è quello di mobilità di cura che permette di individuare le differenze di genere nell’uso dei mezzi di trasporto dovuto alle attività di cura (accudimento di bambini e anziani), che fanno ancora capo prevalentemente alle donne.
I dati dell’Eurobarometro confermano le differenze di genere nel tipo di viaggi giornalieri effettuati. Gli uomini viaggiano più spesso per motivi personali, compreso il tempo libero, mentre le donne viaggiano più spesso per attività di assistenza.
Un secondo tema importante legato alla mobilità è il legame tra l’uso dei trasporti e la povertà. Dalla combinazione di queste due variabili è nato il tema della povertà dei trasporti.
Sempre l’Eurobarometro indica un aumento della quota di spesa per i servizi di trasporto a livello familiare nei paesi che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi economica (ad esempio Grecia e Irlanda) e in paesi in cui sono stati compiuti maggiori sforzi per passare dalla mobilità privata a quella pubblica per ridurre le emissioni di CO2 (ad esempio la Svezia).
Inoltre, si evidenzia come le persone con un rischio più elevato di povertà ed esclusione sociale hanno anche un rischio più elevato di povertà nei trasporti, cioè non possiedono mezzi propri e non hanno le risorse economiche per accedere ai migliori trasporti pubblici (ad esempio sono costrette a viaggiare sempre su treni locali e non possono permettersi l’alta velocità).
Le donne in stato di povertà spesso subiscono un plurimo svantaggio dovuto alla compenetrazione tra genere e altre condizioni di vulnerabilità, tra cui quella legata all’uso dei trasporti.
Un terzo tema evidenziato dall’eurobarometro è la questione della sicurezza delle donne che utilizzano i mezzi di trasporto, compreso l’elevato rischio di molestie sessuali sui mezzi pubblici, nonché la scarsa attenzione alla fisiologia femminile nella progettazione dell’ergonomia dei veicoli e dei loro sistemi di sicurezza. L’attenzione ai bisogni delle donne è ancora limitata e ciò è dovuto alla scarsa presenza di donne come esperte nel settore dei trasporti.
Si registra inoltre una bassa presenza di donne occupate nel settore. I dati esistenti confermano la bassa presenza di donne nel settore dei trasporti negli Stati membri dell’UE. Questo fenomeno solleva problemi di efficienza del mercato del lavoro, in quanto segnala un’allocazione distorta e non ottimale delle risorse umane in tale mercato.
Ci sono diversi motivi per cui il settore dei trasporti non è attraente per le donne. In primo luogo, è percepito come un settore tipicamente maschile e quindi le donne temono forme di discriminazione.
Mancano:
– l’attenzione alle misure di conciliazione vita-lavoro e alla flessibilità dell’orario di lavoro;
– attrezzature e servizi a misura di donna;
– attenzione ai temi della sicurezza delle donne;
– formazione, apprendimento permanente e opportunità di carriera;
– miglioramento della qualità del lavoro (compresi i contratti di lavoro) a beneficio di tutti i lavoratori.
Un’altra questione importante è la competenza tecnica, poiché le donne sono tradizionalmente sottorappresentate nel gruppo di discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) fondamentali per il settore. Anche gli stereotipi di genere e la loro influenza sulle scelte educative delle ragazze possono contribuire a limitare le loro opportunità di carriera.
Quello dei trasporti è quindi un settore in cui la discriminazione delle donne è particolarmente evidente. Cercando analizzare gli strumenti di programmazione che vengono attuati anche in Italia, quali ad esempio i fondi strutturali e lo stesso PNNR, si evince come la possibilità di utilizzare risorse per migliorare la situazione, esistono.
Per fare alcuni esempi:
– Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) ha tra i suoi obiettivi lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e l’innovazione per le piccole e medie imprese. Nell’attuazione del fondo si può quindi perseguire una particolare attenzione alla mobilità e all’occupazione femminile nel settore. Si può inoltre sviluppare un’attenzione specifica alle esigenze di mobilità delle donne e all’occupazione femminile, anche attraverso l’adozione di strumenti di pianificazione partecipativa (ad es. “Living Labs“).
– Il Fondo sociale europeo (FSE+) e ilFondo sociale per il clima sono strumenti che possono contribuire a porre rimedio alla povertà dei trasporti e quindi sostenere efficacemente l’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili.
– Il Fondo di coesione può essere utilizzato per garantire l’uguaglianza attraverso investimenti nell’ambiente e nelle infrastrutture. Analogamente, il meccanismo per collegare l’Europa (CEF) con i trasporti può sostenere le infrastrutture di spostamento che facilitano l’inclusione femminile.
– il PNNR nella Missione 3 dispone di una serie di investimenti finalizzati allo sviluppo di una rete di infrastrutture di trasporto moderna, digitale, sostenibile e interconnessa, che può aumentare l’elettrificazione dei trasporti e la digitalizzazione, e migliorare la competitività complessiva del Paese, in particolare al Sud.
Lo spazio normativo per migliorare la situazione evidentemente esiste, ma va applicato rendendo gli interventi adatti e cogenti, efficaci ed efficienti. Per fare questo occorre che, chi lavora in ambito attuativo, sia attento ai bisogni delle donne, privo di pregiudizi e con una bassa interiorizzazione degli stereotipi di genere esistenti.
In caso contrario la situazione cambierà di poco e gli interventi finanziati saranno di nuovo a favore del mantenimento dello status quo (ad esempio aiutando solo le donne a lavorare da casa per accudire i bambini, oppure dando solo a loro sconti sui mezzi pubblici per recarsi all’ospedale a trovare i parenti ammalati).
I ruoli di genere sono costruzioni sociali che possono cambiare nel tempo e, cambiando i comportamenti, cambieranno anche le dinamiche della mobilità. Ci si augura che le differenze di genere nella mobilità non siano destinate a durare per sempre. In futuro, l’incremento di modalità di lavoro flessibili adottate durante l’epidemia da Covid-19 e poi istituzionalizzate, dovrebbero rendere la mobilità di uomini e donne più simile.
Una maggiore condivisione del lavoro domestico e di cura dovrebbe semplificare gli spostamenti delle donne. Infine, al di là dell’appartenenza di genere, fattori come l’età, la classe sociale, il livello di istruzione e l’area geografica di residenza, che attualmente esercitano un’influenza importante sulla mobilità delle persone, dovrebbero anch’essi attenuarsi in quanto variabili intervenienti in un processo in rapido mutamento.
Sempre relativamente alle differenze di genere nell’uso dei trasporti e al modo di mitigarle, Sheila Watson, durante la COP26 – Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, ha dichiarato:
“Nel campo dei trasporti, tutto è settato sugli uomini. Se si continuano a ignorare i bisogni femminili l’effetto è che le donne continueranno a non usare le nuove forme di mobilità e si baseranno ancora sui vecchi mezzi inquinanti, che è quello che non vogliamo. I dati e i processi decisionali non prendono in dovuta considerazione i bisogni femminili, serve invece che si inizi a farlo, anche perché si tratta di un elemento decisivo nella lotta ai cambiamenti climatici”.
Si tratta quindi di coinvolgere le donne nei processi decisionali relativi ai trasporti, per garantire che i loro bisogni vengano ascoltati, e che l’impatto sull’ambiente sia minimo. Un monitoraggio più attento delle questioni di genere nelle politiche dei trasporti dovrebbe essere attuato da tutte le istituzioni europee nell’ambito dei loro ruoli specifici in materia di progettazione, attuazione e valutazione di tali politiche.
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Catina Balotta
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