Diario in pubblico. Ritorno al ‘Laido’
Et voilà! L’ultima bestemmia conclude il lavoro giornaliero del mostro in costruzione. Il silenzio stupefatto viene interrotto dall’urlo dei gabbiani “stercorari” e dei colombacci in attesa. Nel giro di pochi minuti si ricopre di (pardon) cacca, mentre cicale furibonde riprendono il loro verso, direbbe Montale, non lasciando spazio ad altro lamento.
Il “generale in capo” della via chiamata Zanella misura i centimetri nei quali appoggiare cose e – orrore! – parcheggiare. Si odono, perfettamente intonati ad una voce stentorea, gli Editti che indicano dove e anche se depositare l’immondizia, mentre un pallone con ritmo funebre viene lanciato contro un muro.
Dal mio osservatorio (il balcone di casa), come gli altri vecchietti-giovanetti, osservo cosa potrà succedere nella via
violentata. Frattanto transitano parenti ed amici che vogliono sapere del mio incontro col Maestro Muti nel meraviglioso concerto tenuto a Ravenna e replicato a Lampedusa delle Vie dell’Amicizia, di cui ho scritto ampio resoconto.
Nell’alternanza del tempo del ricordo e di quello del presente si consolida la via del ritorno al Laido, mentre come un mantra mi ripeto Che fare? Che dire? Con Riccardo e Cristina Muti quella sera ci si ripeteva che da quartetto siamo diventati un trio e il vuoto diventa abissale.
Ma il Laido, costruendo il muro di ferro che toglierà alla strada la sua ragione d’essere, proprio quel Laido mai amato, è diventato fonte di verità, di ricordo, di attesa.
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Gianni Venturi
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