Diario in pubblico. Notizie dall’altro mondo
Condannato alla visione televisiva, mi concentro sull’esito finale di un programma ballereccio che spopola e assisto all’esibizione finale di due signore che, ansimanti e apparentemente felici, concludono la loro- come ripete fino allo sfinimento un bardata dama conduttrice del programma- “performance”: Uanda Nara e Simo Ventura.
Subito mi domando sentendo il ritmo selvaggio degli ammiratori della Nara: “perché Uanda e non Wanda?” Ai miei tempi la signora del musical e della discesa delle scale si chiamava Wanda anche con il mitico cognome Osiris come il dio egiziano.
Qui no. La Uanda dotata di un rispettabilissimo lato b, a differenza della sua concorrente, lo usa con sapienza e proprietà, salutata dal delirante abbraccio dei suoi 5 figli e del marito che la osannano in un improbabile italiano. La Simo però ha fatto il colpo dell’anno, quando un ennesimo futuro marito le chiede in diretta di sposarlo; marito che a sua volta è concorrente impacciatissimo. Ma scherziamo?
Quanto a pubblicità siamo al livello della venditrice di pandori e uova di Pasqua. Ecco le tre dive al cui confronto spariscono giornaliste serie come la didattica Selvaggia e perfino la sbandata Lilli, mentre sempre più spalanca l’occhio apparentemente stupefatto la Berlinguer. Chino il capo e mi rifugio tra le righe che scrive l’intramontabile Natalia Aspesi, sogghignando alle vecchie battute comunque efficaci della Concita de Gregorio.
Allora, possiamo affermare che le donne abbiano raggiunto la parità di genere? Ma va là! Siamo ancor lontani; mentre studio le mosse (si fa per dire) delle signore della politica. Prime fra tutte come dicono i miei amici al bar la Giorgia e la Elly, nonostante che gran parte di loro rimanga un po’ deluso da quell’improbabile nome Ely, di cui tutti vorrebbero sapere provenienza, che suona in realtà come Elena Ethel Schlein, nata in Svizzera con cittadinanza statunitense.
Ma poi si aggiungano le altre brave signore europee. Tra implacabile sole e temperature quasi tropicali mi avventuro nel centro di Frara per degustare dolci e dolcetti, guardare le vetrine fornitissime ma vuote all’interno, mentre sfuggo con un manto di silenziosa riprovazione agli stentati sforzi di opporre candidata/o di sinistra all’odierno governo della città, che hanno prodotto (quasi una nemesi), un pasticciaccio brutto non di via Merulana, come suona l’immortale libro dello scrittore, ma di piazza Municipio.
Libri e libretti mi sfilano sotto il naso, mentre attendo, sempre più rassegnato, all’improbabile decisione del Comune di ospitare i libri che vorrei donare alla Biblioteca Ariostea e riguardanti Leopoldo Cicognara, Canova e la cultura ferrarese di primo Ottocento. Vedremo. Anche se vedere sembra eccessivo in questa ferrarese nebbia di compiti e attribuzioni.
Così mentre osservo rapito la danza di Bolle nella Baiadera mi rifugio sempre di più in un sogno per ora irrealizzabile di tornare all’amatissima Parigi.
Sarà possibile? Mia nonna sentenziava: “Chi vivrà, vedrà”.
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Gianni Venturi
Commenti (1)
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Buon intermezzo rappresentativo della sfilata televisiva delle mediocrità e delle “chiacchiere semiserie” dei ferraresi..