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Dalla padella alle braci: andare in vacanza nella nostra riviera

 Le lunghissime giornate di un giugno anomalo si trascinano in quel di “Ferara” scandite dal cupo rimbombo dei martelli pneumatici, che stanno creando lussuose abitazioni per macchine che verranno ospitate a prezzi incredibili nella stretta via Ghisiglieri, tra proteste di tutto il vicinato, tra cadute di un quadro, mio, per le vibrazioni provocate dal martello che, come cantava Rita Pavone, disperatamente avrei voluto come arma d’offesa per darlo in testa a chi penso io! Ovvero la cosiddetta ‘proprietà’ che cautamente tace e non ha fatto nemmeno la prevista telefonata per registrare il danno. E nonostante che la nostra abitazione sia monumento protetto dalla Soprintendenza per i beni artistici e monumentali. Complimenti!

Comunque, dopo aver installato una sedia mobile e avere provveduto a tutte le necessità del caso, affrontiamo la trasferta al luogo marino dove teniamo casa: ovvero al Laido degli Estensi. La battutaccia ormai è quasi secolare eppure ancora valida.

Così affrontiamo il percorzo conosciuto, ma tutto sembra ed è cambiato. Un grande spazio vuoto ha preso il posto del vetusto hotel e qui enormi cartelli annunciano la costruzione di un palazzo di 13 piani. Rifletto che nemmeno nelle più affollate città a vocazione marina si pensa così in grande. Corrucciato rimane il palazzo di fronte di pochi piani inferiore e che accoglie il supermercato d’eccellenza.

Dall’altra parte della nostra stradina, una grande gru impedisce il passaggio. Anch’essa è addetta alla costruzione di altri posti macchine. E, come nei più famosi film di Totò, io pago io pago con il sonante rumore dei trapani in azione. Sghignazzano i gabbiani che mi guardano irridenti dalle case di fronte e mollano enormi cacche sui terrazzi, quasi a sfidare l’ingenuità pervicace dell’intraprendenza umana.

Allora dolce s’affaccia il ricordo dei mari percorsi: Sicilia, le Eolie, le Maldive, l’Africa, il Brasile e m’abbatto avvilito sul letto appena fatto, che ovviamente odora di chiuso e di umidità. Poi faticosamente m’appresto a telefonare a chissà quale polizia per denunciare il rumore invivibile, ma tutto risulta vano.

Che fare? Nun lo saccio! direbbe qualche meridionale scafato e allora, tra un colombaccio petulante, un urlante gabbiano, in un luogo infernale quale è questo, m’appresto a passare le mie vacanze laidesche.

P.S.: E mentre la domenica afosa s’accinge alla notte ancor più calda urla e rumor di lotta scuote la mia via. E un piccolo bassotto strilla all’impazzata due case oltre. Una dama transitante chiama i carabinieri e si scopre che a un rimprovero sul cagnolino abbaiante due ‘forsennati’ si mettono a picchiarsi e a frustarsi con il guinzaglio ovviamente di vera pelle del pelosetto.

Sale l’arma al piano dove sta l’incriminato poi…..mistero. I vicini partono, la strada torna silenziosa. Racconto l’accaduto a Benny, alla Terry e alla Frida, legittimi pelosi che accompagnano i miei nipoti. Scuotono sconsolati le orecchie e commentano che alla demenza umana non c’è mai fine.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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