STELLE CADENTI
10 agosto
Nella notte di San Lorenzo, di solito (anche se adesso pare che sia slittato il calendario) cadono un po’ di stelle e si esprimono, senza dirli a voce alta, i desideri.
Stanotte, sulla via Tiburtina, altezza Casal Bruciato, c’è qualche briciola di quelle stelle cadenti al bar Manhattan, vicino al Bingo.
Seduto su una seggiola, da solo, c’è un maciste tatuato che potrebbe essere il buttafuori della sala giochi.
Ha un codino come Travolta in Pulp fiction e un fisico strapalestrato che lascia immaginare un periodo in cui, di diventare una stella, ci ha creduto. Stasera ha un’aria malinconica e solitaria, anche se qualcuno passa a salutarlo e si vede che l’ammira, toccandogli le pagnotte tatuate dei bicipiti.
Lui lo guarda con un’aria un po’ malinconica, forse vuole tenere le distanze, non si sa mai.
Perché Manhattan è aperto tutta la notte e ha frequentazioni di tutti i tipi.
Ora a un tavolino, una coppia di lesbiche mature e mascoline si sta consolando per qualcosa andata storta. In un angolo, una procace quarantenne vestita da ghepardo guarda chi entra dalla porta con sguardo da predatrice.
Arrivano altri culturisti, ragazze con tatuaggi strampalati.
Niente di particolarmente hard, ma c’è un profumo di America del Midwest.
Manuel, uno dei miei due figli di altri padri, che mi ha introdotto al Manhattan, dice che ci viene spesso nelle sue notti bianche, perché prova attrazione per i luoghi distopici.
E certo questo bar, già dalle luminarie che sognano una lontanissima Las Vegas, ha qualcosa di incongruo con quello che uno immagina della via Tiburtina.
A partire dalcocomeraro che, pochi metri più in là, offre uno scorcio di una romanità vintage, coi tavolacci di legno macchiato di umido dove stasera, un signore solitario mangia la sua fetta d’anguria seduto accanto al suo cane, che si è piazzato sulla sedia come una moglie e sembra che se la mangi assieme a lui.
Una Roma notturna piena di giovani in bande, indaffarati coi loro smartphone, ma quieta, un po’ scettica: Roma non appare violenta. Non è nemmeno sovraeccitata, frizzante o schizzata.
E’ una città che non esprime più erotismo, come si fosse ammosciata. La vita non è più così Dolce, se mai lo è stata.
E anche se non sono certo in grado di stilare un rapporto Kinsley sulle abitudini sessuali dei romani, m’immagino che a far l’amore siano in pochi e tanti invece a compiere casti rituali coniugali o dedicarsi a sfoghi più o meno deludenti.
Ma in fondo che ne sappiamo? Sul lato intimo dell’umanità, abbiamo solo finzioni.
A Roma d’estate, la notte è il momento migliore per uscire in strada. Si cammina senza troppa paura, anche per i viali della periferia, un tempo luoghi deputati solo alla prostituzione.
Al semaforo c’è sempre Ahmed, da almeno sei anni. L’ho visto invecchiare, imbiancare i capelli e anche perderli. All’inizio lo trovavo invadente, con quella spazzola sempre in agguato.
Ora lo vedo e lo chiamo. “Eh non c’è lavoro capo, niente lavoro” mi dice, alle due di notte, mentre insapona il cristallo cercando di sbrigarsi prima che venga il verde.
Io gli do la moneta e lui, dopo avermi ringraziato, fa dei segni al cielo, come se parlasse con Allah. Non so come farà mai a tornare al suo paese.
Forse, mentre il semaforo è verde, se avrà la fortuna di vedere una stella cadere, può ricordarsi di esprimere il suo desiderio. Ma dentro di sé, non ad alta voce.
(continua il 16 agosto)
Per leggere tutti insieme i capitoli del Diario di Daniele Cini:
Diario di un agosto popolare
Oppure leggili uno alla volta:
ANDARE PER STRADA E ASCOLTARE LA VITA
FREQUENZE DISTORTE
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Daniele Cini
Commenti (2)
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Ho letto con piacere e interesse tutte le cronache di Daniele finora pubblicate, ma questa ha una forza evocativa speciale. Il Manhattan del Tiburtino, l’atmosfera generale di una vita che si trascina stancamente e Ahmed alle prese con la sua fede, con gli automobilisti romani e la sua stella cadente per me è poesia pura. Stupendo.
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