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Demografia, immigrati e occupazione: le mezze bugie dei dati e il nostro deficit di futuro

È il titolo di un editoriale del Corsera di domenica scorsa di Daniele Manca, il quale spiega che “negli Stati Uniti la disoccupazione è scesa al 3,8% e l’amministrazione guidata da Biden ha creato dal suo insediamento 15 milioni di posti di lavoro. Un indice di solidità economica che sembra contare ben poco visto l’indice, anch’esso basso, di soddisfazione degli americani nei confronti del loro attuale presidente”. Manca si interroga perché se così stanno le cose negli Stati Uniti, può essere che in Europa le cose andranno anche peggio per i nostri Governi sia perché l’occupazione è cresciuta meno, sia perché all’orizzonte ci sono minacciose nuvole nere legate al Patto di Stabilità e Crescita europeo che inciderà non poco sulle scelte dei Governi europei dall’anno prossimo, costringendoli a ridurre i deficit (10 paesi nel mirino tra cui l’Italia) con effetti depressivi sull’economia e sull’occupazione.
Manca si interroga su come mai gli ultimi 25 anni di globalizzazione, avviata da Bill Clinton nel 1999, non siano serviti e tantomeno lo slogan di Bill Clinton del 1992 “It’s the economy stupid”.

Per avere un’idea più chiara della situazione bisognerebbe completare l’informazione dicendo innanzitutto che i 15 milioni di posti di lavoro sono stati creati sia da Trump che Biden dal 2014 al 2023 (il trend è stato costante durante le due presidenze, 2020 escluso per via del Covid), ma ciò è avvenuto in gran parte per la fortissima immigrazione degli ultimi anni, la quale ha consentito anche di tenere bassi i salari e non far esplodere l’inflazione. Si potrà notare nella figura allegata che la cessazione dal 2018 di flussi di immigrazione autorizzati ha portato ad un analogo incremento di quelli non autorizzati (clandestini), esplosi nel 2023 a 1,7 milioni su 2,5 milioni di immigrati (inclusi gli autorizzati e coloro che prendono la residenza).

Gli Stati Uniti sono un paese a fortissima crescita sia demografica sia di immigrati, a differenza dell’Europa che cresce poco in quanto ci sono nove paesi in calo demografico, di cui il maggiore è proprio l’Italia. Gli altri sono: Polonia, Bulgaria, Romania, Grecia, Croazia, Ungheria, Latvia, Slovacchia. 

 Variazione della popolazione nei 27 paesi europei, variazione assoluta e % dal 2017 al 2023, fonte Eurostat.

I due milioni di immigrati in Usa nel 2023 (senza considerare i 500mila che hanno preso la residenza) equivalgono a 2,3 volte (a parità di popolazione) quelli immigrati in Italia. E’ come se in Italia anziché 155mila immigrati ne fossero entrati 356mila.

Nell’Europa a 27 invece la popolazione cresce molto meno. Dal 2014 al 2023 è salita +1,3% rispetto a +5,5% degli Stati Uniti e ciò ovviamente influisce anche sulle possibilità di crescita dell’Occupazione.

Tuttavia, nonostante la minore crescita dell’Europa a 27, l’occupazione europea è cresciuta a valori molti prossimi a quelli americani: +8,8% rispetto a +10,3% e, poiché il vero indice di miglioramento dell’Occupazione è dato dal rapporto tra Occupati e Popolazione 20-64 anni (Tasso di Occupazione), esso è cresciuto in USA molto meno che in Europa: dal 59% del 2014 al 60,5% del 2023 versus dal 68% al 75% in Europa.
Nella vecchia Europa c’è quindi molta più occupazione e molto più welfare che negli Stati Uniti e si vive complessivamente (ancora) molto meglio, specialmente per chi lavora o è povero.

In Italia siamo buoni ultimi come Occupati con un tasso di Occupazione del 66%, ma pur sempre sopra gli Stati Uniti, i quali sono uno dei pochi paesi al mondo ad avere avuto (negli ultimi 20 anni e ben prima del Covid) una caduta della speranza di vita e un peggioramento di tutti i principali indicatori della qualità della vita…quelle cose che per Bob Kennedy contavano molto più del PIL (correva l’anno 1968).
La narrazione che ci viene fatta dai grandi media sugli Stati Uniti è quindi molto diversa dalla realtà che vivono la maggioranza degli americani (specie chi lavora o è povero) e basterebbe leggere i libri super documentati di cosa è avvenuto negli States negli ultimi 20 anni.

Benjamin Disraeli direbbe che i media usano la seconda forma di bugie (le mezze verità) che portano acqua alla narrazione di chi non capisce (“stupid”) la bontà dell’attuale economia, i benefici della globalizzazione e la bontà dell’amministrazione Biden e tantomeno di quei cittadini che vivono nelle buone democrazie europee e non ne capiscono il valore.
Il problema è che una democrazia sta in piedi se oltre a crescere più di un autocrazia (e spesso ciò avviene se si considera il PIL), i vantaggi vengono distribuiti su tutta la popolazione o almeno ai 2/3 come diceva il socialdemocratico Peter Glotz negli anni ’80. Se invece i vantaggi vengono distribuiti solo al 20% e soprattutto ai ricchi e i 4/5 della popolazione non hanno alcun beneficio… il loro futuro diventa fosco. La democrazia non è solo poter votare ogni 5 anni, ma anche poter beneficiare di una prosperità diffusa.
Se i Governi cambiano ma la prosperità non si diffonde mai, allora votare serve a poco.

Un altro aspetto interessante è quanto il forte afflusso di immigrati (sia in Usa che in Spagna) abbia contribuito alla fortissima crescita in questi due paesi dell’occupazione, senza portare via lavoro ai locali, in quanto gli immigrati sono stati impiegati in attività “sporche-brutte e cattive e a complemento di quelle produzioni (manifattura, edilizia e servizi) che non sarebbero sopravvissuti senza immigrati.

In Italia il Governo rivendica gli incrementi degli occupati degli 2 ultimi anni, ma si tratta di dati modesti: dal 2013 al 2022 in Italia gli occupati sono cresciuti solo di 603mila unità rispetto ai 2,9 milioni della Spagna, 2,1 milioni della Germania e 1,7 della Francia. La Spagna, nonostante faccia meno figli dell’Italia (1,16 verso 1,24 per donna) ha creato quasi 5 volte occupati di noi. Come mai? Per via degli immigrati .

Les Echos ha scritto che dei 4,9 milioni di posti di lavoro creati nell’Unione europea negli ultimi quattro anni, 3,8 milioni sono stati coperti da persone nate fuori dall’Unione europea stessa, senza i quali non saremmo riusciti ad uscire dalla recessione post Covid. A conferma, ancora una volta, che l’immigrazione (specie se organizzata e programmata) farebbe un gran bene allo sviluppo degli italiani e che una visione neo-autarchica renderà il nostro Paese sempre più povero.

Le cose sono quindi diverse e più semplici di quello che ci viene spesso raccontato e bisognerebbe parlarne. Invece si parla di armi, di esercito unico europeo (cosa pure importante) ma non di quelle “piccole” cose che interessano quotidianamente ai cittadini come la sanità che non funziona, le migliaia di studenti in depressione, la scuola che non funziona, gli aiuti ai 5,6 milioni di poveri assoluti (che sono triplicati in 20 anni), di quei 4 milioni che lavorano con salari da fame e rimangono poveri anche se sono occupati, di quelle migliaia di giovani che scappano all’estero perché qui i salari fanno schifo, di imposte evase ed eluse da super ricchi e di cose di questo tipo, con cui, purtroppo, devono fare i conti tutti i giorni i nostri concittadini.
Affrontando queste “piccole cose” allora quel deficit di futuro si potrebbe trasformare se non in “sol dell’avvenire”, almeno in una qualche speranza, visto che siamo la generazione che ha prodotto la maggior ricchezza al mondo (in termini di denaro) da quando esiste l’umanità.

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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