Dalla piramide al cerchio:
L’organizzazione decentralizzata degli alberi
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Wow! Si chiuderà il buco dell’ozono: quindi cambiare è possibile…ma la concentrazione media di CO2 nell’atmosfera nel 2022 è stata di 417 ppm (parti per milione), 2,1 ppm in più rispetto al 2021. Non accadeva da 2 milioni di anni…ci stiamo avviando verso la 6^ estinzione di massa? L’ultima (la 5^) è avvenuta 66 milioni di anni fa; scomparve il 75% delle specie viventi (e i dinosauri). Furono individuate da Sepkoski e Raup in un noto lavoro del 1982 (Mass Extinctions in the Marine Fossile Record, Science, 215).
Le nostre organizzazioni sono basate sul modello gerarchico del capo. La piramide è l’archetipo e, nonostante il faraone sia scomparso 3mila anni fa, esso vive nelle nostre organizzazioni. La Chiesa cattolica non è da meno, nonostante Gesù Cristo avesse lasciato il messaggio “amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi”.
L’ingegnere Frederick Taylor inventò la catena di montaggio per Ford nel 1913 abbassando la produzione di un’auto da 12 ore a 1. La gerarchia imperava in un mondo in cui i prodotti erano tutti uguali (un’auto T nera) e il lavoro era parcellizzato. Charlie Chaplin che scivola dentro la catena di montaggio lo ricorda. La gerarchia vive anche nel modello di scuola che abbiamo oggi, introdotto dai gesuiti nel XVI secolo: una cattedra con un maestro-pastore e allievi seduti, mutuato dal gregge dove il pastore conduce le pecore che però vivono all’aperto e si muovono nella natura.
Negli ultimi 70 anni sono cresciute le esperienze che riducono la gerarchia nelle fabbriche e umanizzano il lavoro. Per primo fu Adriano Olivetti che già negli anni ’50, mosso da un impulso spirituale e umanitario (a cui aveva contribuito il padre socialista e la madre cristiana valdese), introdusse per primo in Italia le “isole” di lavorazione (e molto altro).
Per Olivetti il differenziale salariale poteva essere max di 7-8 volte tra il dirigente più pagato (lui incluso) e l’ultimo operaio. Lo ricorderà il Papa Francesco nell’udienza a Confindustria: «Se la forbice tra gli stipendi più alti e quelli più bassi diventa troppo larga, si ammala la comunità aziendale, e presto si ammala la società. Un vostro grande collega del secolo scorso (Olivetti ndr) aveva stabilito un limite alla distanza tra gli stipendi più alti e quelli più bassi, perché sapeva che quando i salari e gli stipendi sono troppo diversi si perde nella comunità aziendale il senso di appartenenza a un destino comune, non si crea empatia e solidarietà tra tutti; e così, di fronte a una crisi, la comunità di lavoro non risponde come potrebbe rispondere, con gravi conseguenze per tutti».
Con una produzione diventata sempre più personalizzata si è capito che meno gerarchia c’è, meglio funziona l’azienda, in quanto chi sta in “basso” è bene operi in équipe, risolva i problemi e sappia cosa si sa in alto e viceversa.
Così sono nate nuove organizzazioni teal (si veda Reiventare le organizzazioni di Frederic Laloux), che riducono i livelli gerarchici, creano équipe di lavoro e crescente autonomia. Anche nelle fabbriche tradizionali (di auto…) i livelli gerarchici sono passati da 7 a 3-4 e oggi si lavora molto in équipe. Tra i capi che stanno in alto c’è chi ha capito che nelle équipe è opportuno che ci sia un coordinatore (anziché un capo) e che sia eletto dagli stessi operai anziché nominato dall’alto.
Di recente si sono affermate organizzazioni in cui la leadership non è più verticale ma orizzontale: fornitori e clienti vanno trattati come se fossero in “orizzontale” e il leader è sempre meno uno che “dà ordini o interviene”, ma uno che, oltre a fare quello, “motiva, aiuta, dà la visione”: più allenatore che capo. Segni di evoluzione dalla piramide al cerchio o al mosaico, un modo nuovo di lavorare che dà più soddisfazione a chi lavora e spesso più ricavi.
I babbuini hanno un’organizzazione molto gerarchica e si è dimostrato che i loro glucocorticoidi (ormoni dello stress come il cortisolo) erano molto più alti in quelli che stavano nei ruoli più bassi. E il grasso si addensava nella pancia, mentre nei maschi Alfa su tutto il corpo, come se i subordinati fossero anche nella forma più rotondi, oltrechè passivi, consoni al ruolo gregario. Un giorno accadde che i maschi Alfa morissero per tbc e il gruppo superstite (femmine e maschi in ruoli bassi) instaurò una nuova organizzazione più orizzontale: le analisi del sangue mostrarono che il cortisolo (stress) era diminuito.
Le organizzazioni gerarchiche sono anche più vulnerabili (non a caso internet non lo è). Così si spiega come mai Cortes e Pizzarro riuscirono a sconfiggere con pochi uomini i potenti imperi atzeco e inca, nonostante le migliaia di soldati: erano centralizzati a differenza degli indiani d’America, che infatti resistettero per molti anni alla straripante maggior potenza degli yankee. La loro forza era un’organizzazione decentrata.
La gerarchia è anche capace di fare molto “male”, come dimostrò Hannah Arendt nel suo libro La banalità del male. Ascoltando come cronista Adolf Eichmann, responsabile della morte di milioni di ebrei, capì che ciò che aveva consentito ad un essere umano di fare cose indicibili erano alcuni fattori: a) l’obbedienza ad una forte gerarchia, b) la distanza tra la propria azione e risultati attesi, c) i rapporti spersonalizzati all’interno della gerarchia.
Quando uscì il libro nel 1963, una pietra miliare per capire l’essere umano, fu duramente criticata perché, in base a queste considerazioni, gli umani avrebbero potuto ripetere questo orrore; ma, come sappiamo, Arendt aveva ragione: non ci vuole necessariamente una particolare disposizione al male, basta una organizzazione gerarchica di quel tipo.
Chi ha una organizzazione non gerarchica, scrive Stefano Mancuso nel suo bel libro La nazione delle piante (pag.140, euro 12 ed. Laterza), sono gli alberi che hanno i centri decisionali a livello periferico, e che risolvono i problemi dove nascono, con un’organizzazione decentralizzata e reiterata.
L’Homo cosiddetto ‘sapiens’ (nato 300mila anni fa), in meno di 12mila anni (da quando ha avviato l’agricoltura) ha creato un disastro sulla Terra e, se non cambia rapidamente, produrrà la 6^ estinzione di massa, lasciando liberi gli alberi (nati tra 350 e 700 milioni di anni fa), insieme al resto del creato. Un’apocalisse in corso, di cui la maggioranza – dice Mancuso – non si rende conto.
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Andrea Gandini
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