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Dalla parte della capra (e delle donne nate nell’anno 2000)

“La volgarità è il momento di pieno rigoglio del conformismo.”
Pier Paolo Pasolini

Avvertenza
Se volete vedere il Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, invitato a Domenica in per celebrare la Festa del papà, mentre dà delle T… a tutte le donne nate nel 2000 figlia compresa, cercatevi il link per conto vostro. lo troverete in rete in un attimo, ma non qui.

Non sono un “moralista”, come probabilmente penserebbe Sgarbi che, alla fine del suo siparietto televisivo, ha finto di scusarsi con “i moralisti” che si sarebbero scandalizzati per il suo “libero eloquio”. Anzi, i moralisti li detesto: ci sono tre cose (oltre all’ignoranza e agli errori di sintassi) che hanno ucciso il giornalismo e la scena culturale italiana: il moralismo, il conformismo e la volgarità.

Non sono nemmeno tra “gli odiatori” di Vittorio Sgarbi. Gli ho sempre riconosciuto una buona conoscenza della lingua italiana (di questi tempi non è poco), una riconosciuta competenza della storia dell’arte, una straordinaria energia fisica e intellettuale. La sua bulimica ambizione, che tanti condannano, a me fa quasi tenerezza e induce al riso.
Vittorio Sgarbi è l’ultima maschera della Commedia dell’Arte italiana, e le maschere fanno ridere.

Purtroppo, come si dice, è proprio l’uomo che mi è insopportabile.
Per la sua volgarità. Per il suo conformismo. Per il suo moralismo, perché è proprio Sgarbi il campione dei moralisti del tempo corrente.
Ieri le gambe delle sedie coperte dalla Regina Vittoria, oggi il CAPRA CAPRA CAPRA dell’Onorevole Sgarbi.

Per cui cerco di evitarlo: di non leggere niente di lui o che riguarda lui, di schivare le vernici delle sue mostre, di cambiare canale quando appare in video. Giuro, mi impegno moltissimo, ma è difficile evitare un personaggio che ha fatto dell’ubiquità la sua ragione di vita. Conseguendo, bisogna ammetterlo, un clamoroso successo: digitate su Google la parola “Vittorio” e il motore di ricerca vi scodella come primissimo risultato “Vittorio Sgarbi”, prima di “Vittorio De Sica”, “Vittorio Emanuele”, “Vittorio Veneto”, “Vittorio Gassman”, “Vittorio Feltri”…

Il potere infestante di Vittorio Sgarbi raggiunge lo zenit nella Città Estense s-governata da tre anni da Lega e Fratelli d’Italia.  Se sei di Ferrara (di cui Vittorio e Elisabetta Sgarbi sono signori e padroni e dove tengono Corte), se fai il giornalista e sei direttore di Periscopio (un quotidiano nazionale, ma con la sede e un pezzo di cuore a Ferrara), stai certo che tutti i santi giorni Vittorio ti attraverserà la strada. Non hai scampo, lo leggi sui titoli del Carlino e nei comunicati stampa, te ne parlano amici e conoscenti, ti chiedono un parere i colleghi di fuori, da cui invano cerchi di difenderti: “Tu sei di Ferrara come Lui”. “No, veramente Sgarbi è di Ro Ferrarese”.

Così, dopo due tre quattro messaggi piovuti sul mio WhatsApp, ho dovuto cedere. Ho cliccato (in gran ritardo) sul link del famigerato video diventato virale. Che, intendiamoci, non documenta nessun “Evento”, ma l’ennesimo “avvento” in etere del più famoso boomer d’Italia.  Non è una colpa essere un boomer o un babyboomer, anch’io sono nato nella forchetta tra il 1946 e il 1964 (Vittorio Sgarbi nel 1952), è invece (per me) una colpa mortale portarsi addosso e spargere volgarità dovunque ti trovi, dal Parlamento a un dibattito o un’ospitata televisiva.

La cosa insopportabile (anche nello Sgarbi in versione papà) non è solo la capacità di denigrare, aggredire e offendere il prossimo (trattato sempre come un inferiore), ma la pretesa (e lui ne è certamente convinto) di essere lui, il boomer figlio del farmacista del paese, il migliore: il più intelligente e il più colto, il più svelto e il più furbo, e soprattutto il più libero e il più moderno di ogni altro essere umano.

Così interrompe e zittisce chi non lo asseconda con quell’assordante insulto: CAPRA CAPRA CAPRA…. all’infinito.  Oppure, come a Domenica in, si fa scappare (o piuttosto finge di farlo) un insulto triviale e maschilista: le donne nate nel 2000 sono tutte T…  per poi assolversi da solo, rivendicando la sua libertà, il suo anticonformismo e irridendo i moralisti e i bacchettoni che si spaventano e gridano allo scandalo davanti a una parolaccia.

In realtà, non c’è personaggio più conformista, conforme cioè al pensiero mainstream e fedele al potere dominante di Vittorio Sgarbi. Nessuno come lui ha curato gradino per gradino la sua scalata alla fama e al potere, collezionando una carica e un incarico dietro l’altro: ho letto che fino ad oggi ne detiene 17. Manca solo la docenza all’università, ma arriverà anche quella.

Si è coltivato amici, sponsor e protettori nei campi più diversi, ha fatto e ricevuto un milione di telefonate. Ma tutto questo non sarebbe stato sufficiente: per arrivare ai piani alti Sgarbi ci ha messo un impegno e una costanza fuori dal comune, ha speso molte notti nello studio e nella lettura; del resto, anche al Liceo Ariosto di Ferrara passava per uno sgobbone, nemico dei contestatori e amico del preside. A quei tempi era lui il “capretto”.

Da qui la volgarità. Che è il linguaggio preferito dei potenti e di chiunque potente vuol diventare. La volgarità che sommerge la televisione, che trasuda dai social, che conquista gli stadi e le stanze della politica. Sgarbi, mi spiace per lui, non è il nuovo che avanza, ma il vecchio che marcisce ma resiste. Lui, come tanti altri, segue un copione ingiallito, le battute trite e ritrite, i giochetti visti mille volte, le solite mosse da avanspettacolo. Anche per questa estrema ragione cerco di evitare e consiglio di evitare Vittorio Sgarbi. Mi annoia.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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