CUCIRE LA PALESTINA.
Sul flash mob del 15 febbraio
Tempo di lettura: 3 minuti
CUCIRE LA PALESTINA.
Sul flash mob del 15 febbraio.
Ferrara, 15 febbraio. Dopo una infinita settimana di freddo e di pioggia tagliente, oggi c’è il sole, l’aria fina e il cielo pulito, una tale sorpresa che ti scopri ottimista nonostante le quotidiane brutte notizie. Dobbiamo arrivare al 2 per cento del Pil di spese militari, dice Ursula von der Leyen, che per l’Italia vuol dire altri 11miliardi di Euro, Una cosa talmente scandalosa, talmente folle, che probabilmente accadrà, e abbastanza presto.

È bello camminare in centro; ed è incredibile: Ferrara è governata dagli ignorantissimi fascisti del terzo millennio, eppure resiste, non cede un grammo sulla sua bellezza. La resistenza della città di pietra batte la nostra resilienza 5 a 0.
Arrivo all’appuntamento delle 16 in Piazza Cattedrale, davanti al cantiere infinito del Duomo, siamo, rapido calcolo, in centocinquanta, forse in duecento, formiamo un grande cerchio con cartelli e bandiere, donne e ragazze, come sempre, in larga maggioranza.
“Siamo in tanti”, dico a un’amica che mi sta a fianco: “NO – risponde – siamo in pochi. Dove sono tutti i bravi ferraresi mentre la Palestina è condannata a morte?”.
A turno le donne, le palestinesi e le ferraresi, “recitano” frase per frase il documento delle Donne per la Palestina . Un grande striscione chiede una cosa semplice e sacrosanta, di Riconoscere lo Stato di Palestina. È quello che non vuole Trump, e di conseguenza non vogliono né il Governo e il Parlamento italiano, né il Consiglio Comunale di Ferrara.
Sul selciato, dentro il cerchio, 4 lunghe strisce di stoffa, nero bianco verde e rosso, i colori della bandiera palestinese. Le strisce sono accostate l’una all’altra, ma il vento di marzo le scompiglia, le fa volare via; per fare la bandiera occorre cucirla: e una ventina di donne si inginocchia, prima gli spilli, poi l’ago e il filo. Ed è questo, mi pare, il messaggio più potente, un antico gesto femminile di cura che diventa metafora, racconto di un popolo che da 80 anni vuole conquistare, anzi, ri-conquistare la propria terra, la propria patria.
Patria questa volta è una bella parola, è Terra Madre. Esattamente come lo fu per “gli italiani senza Italia” del Risorgimento.
Ho cercato il nome di chi ha cucito la prima Bandiera Italiana nel 1794 (quella ancora conservata a Reggio Emilia); naturalmente non c’è il nome della donna o delle donne che la cucirono, ma solo quello dei due uomini che la “inventarono”: Luigi Zamboni, giovanissimo studente a Bologna, insieme al più noto Cesare Battisti. Li ricordiamo giustamente come martiri, ma senza un ago, un filo e una donna, la bandiera italiana non sarebbe mai nata.
Ferrara, 16 febbraio. Così è per le donne palestinesi che cuciono la loro bandiera portando in tutto il mondo il dolore e le lacrime di un popolo violentato e il diritto a una patria e a uno Stato sovrano.
Cucite la vostra storia donne palestinesi, alla fine la bandiera sarà pronta…
Leggi Su Periscopio, due giorni fa, alla vigilia del flash mob, Chi ha paura della Palestina,
Per leggere gli articoli e i racconti di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’Autore.

Sostieni periscopio!
Francesco Monini
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Lascia un commento