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Ferrara film corto festival

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Corrente alternata, corrente continua: AC/DC a Campo Volo

Corrente alternata, corrente continua: puro, semplice e ignorante Rock’n’Roll, nulla di più nulla di meno, nel mezzo trentatre anni dall’ultima volta che vi ho visto in concerto, quarantaquattro anni dalla prima cassetta. Nel mezzo la mia vita, le gioie, i dolori, le risate, le lacrime. Quando, a casa di Masce, il suo fratello maggiore ci registrò una Basf C90 con For those about to Rock io e Chiaro non eravamo ancora adolescenti. Ora che l’adolescenza l’abbiamo passata da decenni, ieri sera a Campo Volo l’abbiamo ritrovata.

Se vuoi il sangue, ragazzo, l’avrai, ma rimarrà dentro l’arena, la violenza delle corde stuprate da Angus, il martello della batteria, e Brian che grida al microfono, assorbono la violenza dall’aria e la trasformano in rock. Non ci sarebbe violenza nel mondo, se il mondo diventasse Rock ‘n’ Roll. Il ritorno in nero, cari i miei ragazzi, fu un momento durissimo, Bon Scott era morto e tutto sarebbe potuto finire. I demoni del fuoco escono dal palco lontano e ci aggrovigliano le budella, costringendoci a saltare, ballare e cantare senza nessun dopo, solo un fottuto adesso. Per sempre. No, non siamo stari abbattuti dalle fiamme, da loro ci siamo rigenerati, siamo rinati come delle arabe fenici, senza nessuna età.

Anche il temporale ha avuto paura di noi, ci ha schivato, ma la folgore e la sua luce hanno incendiato l’arena – il riff di Angus è sempre uguale, non si dimentica, ci si dibatte, lo si assorbe, ti brucia dentro. Poi sì, qualche birra, e Bon vieni a bere con me, con noi, si sente che sei su quel palco, io ti vedo, noi lo sappiamo che sei lì, per te suonano anche le campane dell’inferno. Dodici rintocchi, ci squassano, manca solo la mazza da dieci chili contro il pesante ottone, ma ti capiamo Brian, i bicipiti non sono più quelli di una volta. Uno sparo nel buio ci crea apprensione, ma è solo musica, hard blues, solo quello, nessuna violenza vera esce da quella Gibson diavoletto, le corde ci tengono sulle corde. Intanto tengo duro, continuo a ballare mentre tu continui a scuotermi tutta la notte, mentre il treno del rock ‘n’ roll ci porta in un’altra dimensione, spara per emozionarci, laggiù fino a Sin City.

Non ci accontentiamo di dare un osso al cane, no, noi vogliamo di più, delle sporche azioni a buon mercato, ma non gratis, tanto lo sappiamo che cane mangia cane.

I Marshall sparano nell’ etere il loro alto voltaggio di adrenalina nebulizzata in milioni di particelle di anima e sudore, diavolo, non è un brutto posto dove stare questo mondo se non ci fosse più questa marmaglia crudele, falli sparire Angus col tuo riff!

La notte ormai ci ha accolto e noi saliamo su in macchina con voi e percorriamo l’autostrada per l’inferno, perché in paradiso non conosciamo nessuno, sulla nostra Cadillac c’è anche quel gran pezzo di Rosie, mentre Angus duetta con Malcolm, anche se non c’è, ma le due chitarre si danno la voce, una risponde all’altra.

Ed ora visto che siamo verso la fine, sia fatto il Rock, lascia che la Gibson ti indichi la strada, fino a quando la dinamite farà definitivamente esplodere la gioia della nostra gioventù, sopra questo mondo ammalato di nostalgia e cattiveria.

Alla fine, per quelli a cui piace il Rock vi salutiamo, tra gli spari dei nostri cannoni, che non fanno male come le bombe dei potenti, ma ci garantiscono l’eternità, in una notte che sancisce ora e per sempre la nostra amicizia.

Grazie ragazzacci per ciò che mi avete fatto provare, non da ora ma dall’alba della mia adolescenza, a cavallo di due secoli e di un millennio, che vi vede ancora protagonisti.

We salute you, fire.

 

Ferrara film corto festival

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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