Contratti pirata:
come fare i signori con i soldi di chi lavora
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Contratti pirata: come fare i signori con i soldi di chi lavora
“Sono un pirata ed un signore”, cantava di sé un autoindulgente Julio Iglesias. Entrambe le categorie tornano d’attualità: pirati, che si mettono d’accordo con i signori coi soldi altrui, quelli che non danno a chi lavora per loro.
La prossima volta che qualcuno vi dirà che la CGIL ha firmato dei contratti che prevedono una paga oraria inferiore alla proposta sul salario minimo, sbattetegli in faccia la storia del nuovo contratto dei call center. E’ un caso di scuola. Le parti che hanno firmato il contratto sono l’Assocontact (imprese) e la Cisal (lavoratori). Sulla Cisal c’è un interessante precedente del 2022: il Consiglio di Stato (e la Corte Costituzionale di seguito) hanno stabilito che questo sindacato non può essere considerato “comparativamente più rappresentativo” sul piano nazionale rispetto a chi firma i contratti nazionali di categoria (ovvero Cgil, Cisl e Uil), non solo perché rispetto a loro non rappresenta quasi nessuno, ma soprattutto perché in una comparazione tra iscritti non viene per terzo, quarto o quinto, ma (ad esempio) per settimo. Vale a dire che non è dotato di una rappresentatività tale per cui arrivi, per numero di iscritti, subito dopo le tre sigle più rappresentative. Quindi, in italiano, non può essere definito “comparativamente” più rappresentativo.
Siccome la Cisal è uno di quei sindacati che piacciono al governo attuale, allo scopo di conferirgli “per legge” un’autorevolezza che non ha e legittimarlo ai tavoli nazionali così come al CNEL, la dizione contenuta nel DDL governativo sulla sicurezza sul lavoro è stata cambiata: possono partecipare i sindacati “maggiormente rappresentativi”. Ora, se io ho cinquanta iscritti sono “maggiormente rappresentativo” rispetto ad un sindacato che ne ha quaranta. Ma il trucco sta proprio nel cancellare la necessità di comparazione: senza bisogno di mettersi a confronto con i sindacati che firmano i contratti nazionali, infatti, qualunque sindacatino che aggreghi iscritti pari agli abitanti di un rione di paese può definirsi “maggiormente rappresentativo” di quello che abbia iscritti pari ai residenti in un condominio. Con questo trucchetto il Governo legittima al tavolo associazioni di scappati di casa (e sto indicando la migliore delle ipotesi) conferendo loro la stessa dignità di chi rappresenta decine, o centinaia di migliaia di persone. Il risultato è il contratto pirata, quello che, come facevano i pirati, se ne frega delle regole e fa strame di diritti e tutele.
Questa premessa era necessaria per capire cosa è successo nel recente rinnovo di contratto dei contact center. I lavoratori dei call center dovrebbero essere inseriti in termini di tutele contrattuali nel comparto delle Telecomunicazioni. Assocontact però ha trovato la controparte sindacale che le ha permesso di firmare un contratto nazionale a parte, a condizioni (per lei) migliori, e per i lavoratori e lavoratrici nettamente peggiori. Questa “controparte” è appunto la Cisal, che ha siglato il 4 dicembre un contratto che prevede una paga oraria di appena 6,50 euro per gli operatori assunti come co.co.co e un aumento di soli 7 euro al mese per gli altri. Inoltre, condizioni peggiorative per quanto riguarda la maternità e i permessi. Lo denunciano Slc Cgil, Fistel Cisl e UilCom, le tre sigle confederali delle telecomunicazioni. Agli addetti dei call center viene da anni applicato il contratto collettivo delle telecomunicazioni firmato con Asstel(aderente a Confindustria). Questo accordo è in vigore per tutti i 140mila dipendenti delle telecomunicazioni in Italia, dei quali i circa 40mila operatori di call center fanno parte. La piattaforma sindacale di rinnovo contrattuale nel settore TLC rivendica un aumento di 260 euro al mese per recuperare l’inflazione. Nel frattempo le due associazioni di furbastri hanno pensato bene di smarcarsi per riportare indietro tutele e diritti degli operatori telefonici. Facciamo finta che voi facciate parte dei trentottomila che non hanno una tessera Cisal in tasca. Sareste contenti di vedervi applicare un contratto firmato da gente che ha avuto il mandato dai restanti duemila (immagino non siano numeri esatti ma, appunto, chi li ha?). Secondo voi, perché un’associazione di padroni firma un contratto solo con un sindacato di minoranza? Per filantropia o per risparmiare denaro e avere mani libere?
Attualmente, su circa 900 contratti nazionali, solo un terzo sono stati firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi, e con controparti aderenti alle principali associazioni datoriali. Non è possibile affidarsi solo ai giudici – oppure alle assemblee dei lavoratori – per far cessare questa concorrenza al ribasso, che in alcuni settori (ne cito giusto altri tre oltre ai call center: trasporti, logistica e appalto assicurativo) costringe anche le organizzazioni più rappresentative a sottoscrivere contratti nazionali a condizioni che non sono le migliori, ma le meno peggiori. E’ indispensabile una legge sulla rappresentanza sindacale. Ci vogliono regole che consentano di misurare il peso di ogni sindacato in termini di iscritti e di conseguenza la sua titolarità a firmare contratti validi per tutti (il famoso erga omnes), in modo che il contratto sia applicabile a tutti solamente se almeno il 50 per cento più uno (in termini di rappresentatività) dei sindacati lo firma. Ma appunto, come lo si determina questo dato? Esiste un Testo Unico sulla rappresentanza sindacale, di origine negoziale ed ora assunto all’interno di una convenzione sottoscritta anche dall’Inps e dall’Ispettorato del Lavoro: ma non basta, perché vale solo per il settore industriale e per le aziende che aderiscono a Confindustria – e peraltro sono tante le aziende importanti che ne sono uscite per farsi dei contratti ad hoc.
Peccato che attualmente al Governo ci sono persone che i pirati li invitano ai tavoli nazionali.
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Nicola Cavallini
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