Con le teste che ci abbiamo …
Il concerto di Capossela è grande come un mondo
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Con le teste che ci abbiamo. Il concerto di Vinicio Capossela
Walter Benjamin, studiando il processo di estetizzazione della politica avvenuto in Germania nel periodo fra la caduta della Repubblica di Weimar e il trionfo del Nazismo, proponeva come antidoto la politicizzazione delle arti.
Vinicio Capossela, citando il filosofo tedesco, dice la stessa cosa in questo modo: “Quando la politica diventa spettacolo, spesso incivile, allora lo spettacolo deve diventare politica, civile”.
“Con i tasti che ci abbiamo” è il titolo dello spettacolo che Capossela sta portando in giro per l’Italia, ed è anche l’ultima canzone eseguita nell’ottimo concerto che Capossela ha tenuto il 10 ottobre al Teatro Comunale di Ferrara.
Scrive Capossela sul suo sito: «I tasti del pianoforte, smontati e privati del loro compito diventano schegge di qualcosa che si è rotto, di un mondo fatto a pezzi come da un congegno che ti è esploso tra le mani. Con i tasti che abbiamo, ci siamo fatti infilzare senza che ne sia venuta beatitudine ma sono venute tredici canzoni, fastidiose e urgenti. Sono canzoni che non si sottraggono al tempo e che parlano da sé: affrontano i temi del pericolo e della grazia, che viviamo in dimensione collettiva, messi sul piatto e serviti con tasti rotti come posate. Pezzi di legno e smalto che a volte feriscono a volte carezzano, a volte grattano la schiena. Possono essere schegge, coltelli o amuleti, ma è comunque tutto quello che abbiamo per affrontare i mostri fuori e dentro di noi. Affrontarli insieme è meglio che affrontarli da soli”.
Con i tasti che abbiamo e … Con le teste che abbiamo: mi permetto di giocare con le parole nel titolo di questo articolo per sottolineare la convinzione che l’immaginazione sia la grande opportunità che abbiamo di trasformare i nostri limiti in possibilità.
Quello di Vinicio Capossela è stato un concerto spettacolare che ci ha aiutato ad ascoltare e ad ascoltarci.
È stato uno spettacolo meraviglioso di politica civile che ci ha emozionati, provocati, commossi e divertiti.
Non è un caso che la scaletta del suo spettacolo [1] fosse imperniata su brani stupendi, selezionati con cura fino a comporre un continuum coerente che potrebbe rappresentare un dizionario di quelli che dovrebbero essere i temi dell’attualità politica.
Oltre a canzoni scelte dal suo vasto repertorio, Capossela ha eseguito tutto l’ultimo album “Tredici canzoni urgenti”, nato dall’urgenza di interpretare e dare voce ai problemi più stringenti del momento storico che stiamo vivendo: la guerra, la violenza di genere, la cattiva educazione alle emozioni, l’abbandono scolastico, la delega da parte degli adulti all’intrattenimento digitale in cui versa l’infanzia, la cultura usata come mezzo di separazione sociale, il carcere inteso come reclusione senza rieducazione, il parossismo consumistico generato dal capitalismo predatorio.
Canzoni fatte apposta per invitarci ad un impegno collettivo, in un periodo in cui siamo sprofondati sul divano di fronte alla continua spettacolarizzazione della realtà. Un mondo in cui ogni cosa, compresa l’emozione, è stata domiciliarizzata e disincarnata sotto un velo che ha nascosto alla coscienza la preparazione della peggiore delle catastrofi: la guerra, con tutto il corollario della violenza, dell’avvelenamento, della semplificazione e della vanificazione di ogni sforzo culturale volto a costruire una comunità di uomini liberi e uguali”.
Tutto il concerto è stato memorabile, gli arrangiamenti musicali hanno impreziosito le “coliche di immaginazione” di Capossela e le scenografie incantevoli le hanno contestualizzate.
Vorrei ricordare la versione fantastica del Cha cha chaf della pozzanghera, quella esuberante di Uomo vivo, quelle intense e commoventi di Minorità e de La crociata dei bambini, quella delicatissima de Il bene rifugio e quella strepitosa di All’una e trentacinque circa, impreziosita dalla bella partecipazione di Ellade Bandini alla batteria, artista ferrarese con una invidiabile carriera da turnista.
Il tour è appena iniziato, di date ce ne sono ancora 28 quindi, se siete nei paraggi di quelle località, vi consiglio vivamente di partecipare a quel rito collettivo che è un concerto di Vinicio Capossela.
Non è superfluo annotare che l’artista, oltre ad essere un ottimo musicista, è anche uno scrittore eclettico e prolifico ma è anche l’artista a cui i giornalisti musicali hanno consegnato più targhe Tenco per il miglior album [2] e la stessa targa per la migliore opera prima [3].
Note:
[1] Sul divano Occidentale, All you can eat, La parte del torto, Staffette in bicicletta, Bene rifugio, Parla piano, La cattiva educazione, Ballata del carcere di Reading, Minorità, Cha cha chaf della pozzanghera, La crociata dei bambini, Ariosto governatore, Gloria all’archibugio, Bardamù, I musicanti di Brema, Maraja, Che coss’è l’amor, Camminante, All’una e trentacinque circa, Tempo di regali, Uomo vivo, Con i tasti che ci abbiamo
[2] Nel 2001 con Canzoni a manovella, nel 2006 con Ovunque proteggi, nel 2011 con Marinai, profeti e balene, nel 2019 con Ballata per uomini e bestie e nel 2023 con il suo ultimo lavoro Tredici canzoni urgenti.
[3] All’una e trentacinque circa del 1991.
Cover e foto nel testo di Mauro Presini
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Mauro Presini
Commenti (1)
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bellissime canzoni e bellissimo pezzo, grazie Mauro Presini.