Lo stop al cracking brindisino, anticipata di un ulteriore mese rispetto alla prevista per marzo 2025, ha suscitato forte preoccupazione tra lavoratori, sindacati e istituzioni. In risposta, la Cgil di Brindisi ha proclamato lo stato di agitazione e il blocco delle prestazioni straordinarie per i lavoratori dell’indotto, uomini e donne impiegate in manutenzioni e ristrutturazioni, trasporti, logistica e servizi, che rappresentano una fetta importantissima della forza lavoro nelle aree dei petrolchimici.
Il 15 febbraio in assemblea davanti ai cancelli
Fin dalle prime luci dell’alba del 15 febbraio i lavoratori di tutte le categorie presenti nell’area industriale si sono ritrovati davanti alla portineria del petrolchimico per discutere i nodi più critici della vertenza e ribadire il proprio no alla chiusura del cracking. Nella riunione di coordinamento di tutti i delegati di fabbrica si è cercato di sintetizzare una posizione unitaria e più forte in difesa dell’occupazione e del futuro della chimica di base. Nei prossimi giorni, assicurano fonti sindacali, proseguiranno le riunioni congiunte delle diverse confederazioni presenti nell’area.
Nei giorni precedenti la Cgil e le categorie coinvolte sono tornate a chiedere al Governo il riconoscimento dell’area di crisi complessa per il territorio di Brindisi e, all’Eni, impegni chiari su un risarcimento della collettività attraverso forestazioni urbane, elettrificazione dei mezzi pubblici, posa di pannelli solari sui terrazzi di scuole ed enti locali.

Una crisi che minaccia l’intero settore
La chiusura dei cracking di Brindisi e Priolo segue una serie di dismissioni analoghe avvenute negli ultimi anni a Porto Torres, Gela e Porto Marghera. Questa scelta rischia di compromettere la tenuta dell’intero settore della chimica di base, con ripercussioni su siti strategici come Ferrara, Mantova e Ravenna. Secondo il sindacato, il mancato mantenimento degli impegni sugli investimenti futuri e l’assenza di garanzie occupazionali rappresentano, in tutta Italia, una grave minaccia per 20 mila lavoratori.
Risulta che Versalis voglia lasciare in marcia l’impianto di produzione del polietilene e pertanto l’etilene che dovrà alimentare l’impianto di polimerizzazione dovrà essere necessariamente importato dall’estero. La chiusura del ciclo del cracking in Italia esporrà con certezza il nostro sistema industriale al reperimento di materie prime dall’estero esponendolo all’imprevedibilità del mercato.
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