Giunge un tempo, difficile da gestire, quando l’età ti crea attorno il vuoto dell’assenza e che proustianamente solo la memoria riesce a rendere realtà. Gianpi sapeva bene che il nostro rapporto si fondava sul comune amore per Elettra che riusciva a coagulare attorno a lei affetti, stimoli intellettuali, sociali, umani.
Negli ultimi anni il gioco che inscenavamo era questo. Elettra mi aveva creato come personaggio in un suo bellissimo romanzo: Tavor. E per ragioni esistenziali e soprattutto per esigenze narrative. Così suona la dedica: “La prima copia ai miei amici Vittoria e Gianni, personaggi importanti in queste pagine, persone importanti nella mia vita, Elettra. Ferrara Aprile 2005“.
Ecco allora nascere il cattedratico –ça va sans dire– Venturini. Anzi ‘Il Cattedratico-Presidente’ che nelle sue vacanze nel Rodigino in una famosa villa di nobili ferraresi vien chiamato “il Conte”. Da qui il gioco instaurato con Gianpi, alias Gpt, alias Gian Pietro.
Nelle nostre quasi quotidiane telefonate Gpt sollevava il microfono e con voce stentorea chiamava Elettra dal suo studio: “E’ il Conte!”. Del resto, mentre la conoscenza con Elettra si perdeva nel corso degli anni, da quando cioè s’insegnava giovanissimi nell’Istituto Tecnico per Ragionieri, quella con Gpt. era più recente. Non però la conoscenza della sua famiglia.
Il padre il mitico dottor Testa che ha curato nei difficili anni del dopoguerra intere generazioni di adulti e bambini. La moglie che faceva parte del ristrettissimo gruppo delle donne, poche, che contavano in città, capeggiate dalla Contessa Teresa Giglioli Maffei, erede della più importante famiglia aristocratica di Ferrara. E ancora ricordo l’arrivo del dottore nella nostra minuscola cucina che riempiva quasi del tutto con la sua stazza. E con occhio critico palpeggiava sia me che mio fratello.
Poi nel corso degli anni, ho cominciato a leggere le opere di Gianpi. A cominciare dalla Strage di Peteano. E a proposito di ciò che quel libro e la militanza politica ha significato per lui tendo a condividere il giudizio di Fiorenzo Baratelli, intellettuale impegnato e figura di alto rilievo nella sua città e non solo: “Oggi, lo voglio ricordare come amico e compagno di tante battaglie politiche e culturali condotte insieme durante la comune militanza nel Pci, poi come ‘cani sciolti’ di una sinistra in perenne crisi. Ha ragione il figlio e amico Enrico Testa a definire Gian Pietro più anarchico che comunista. Nel senso che aborriva ogni forma di potere quando diventava arroganza, intolleranza, prepotenza, magari anche in nome di ideali nobili...”.
Una parentesi straordinaria è rappresentata dal suo soggiorno napoletano e la fondazione di un giornale. Così scrive l’amico Sergio Gessi nel suo articolo apparso su Periscopio dell’8 gennaio 2023: “Nel percorso giornalistico, che è fil rouge della sua vita (specificare ‘professionale’ sarebbe riduttivo, perché cronista Gian Pietro lo è nel sangue), dopo l’esperienza a il Giorno, maturata a cavallo fra gli anni ’60 e ’70, è poi passato a l’Unità e in seguito a Paese Sera, per poi farsi promotore, a metà degli anni Ottanta, del solido e coraggioso settimanale Avvenimenti. A Napoli ha fondato e diretto Senzaprezzo, uno dei primissimi quotidiani a diffusione gratuita vincendo, grazie allo stile e all’accuratezza del lavoro suo e della redazione, lo scetticismo di chi riteneva che un giornale gratuito non potesse fare informazione seria, puntuale e senza condizionamenti.”
E a Napoli, meta delle nostre annuali vacanze a Lipari, con Elettra e Gianpi passammo giorni straordinari tra scoperte di trattorie speciali, negozi di lusso o le bancarelle del mercato, e le solenni visite nei musei. O ridevamo ai miei racconti di quando fummo sloggiati dall’Hotel Paradiso a Posillipo da Maradona, che ne fece il suo quartier generale, sapendo benissimo la mia repulsione per il calcio e il mio vanto di non aver mai visto una partita dal vivo.
L’ironia di Gianpi si esercitava proprio nella possibilità di lanciare il suo giornale che avrebbe dovuto circolare gratuitamente ma con un severo sguardo critico sul contenuto e anche mettendo in gioco un’altra tra le sue propensioni: quella di épater le bougeois, poiché è indubbio che tra le sue vene stilistico-narrativa c’è sicuramente quella di provocare stupore.
Il momento sicuramente dove più condividemmo le nostre ‘specialità’ culturali è stato raggiunto con il suo testo L’ultima notte di Savonarola (Ferrara, liberty house, 1990), con una mia prefazione. Il libretto rimane tra i ricordi più cari che mi rimangono di Gianpi, a cominciare dalla dedica: “Ai miei amici Vittoria e Gianni. A Gianni prefatore d’eccellenza con tanta, tanta riconoscenza. Gian Pietro. Dicembre 1990“.
E per concludere mi si perdoni l’autocitazione, ma è tutta a favore di un ricordo di Gianpi: “Nel dramma delle parole-poesia si consuma il dramma di un Savonarola che, a tratti riveste i colori magici dell’infanzia dell’autore o gli scatti convulsi di una ideologia che è, è stata, passione e che rompe il velo sottile della favola poetica per assicurare all’autore, al lettore, al pubblico la disperazione della storia.“
Arrivederci Giampi, ciao Elettra. Ci ritroveremo.
Cover: Gian Pietro Testa con Elettra Testi nel 2017 (foto Giorgia Mazzotti)
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Gianni Venturi
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