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No al carcere per le donne incinte. Ogni bambino e ogni bambina hanno il diritto di nascere in libertà.  

Rilanciamo la campagnaMadri Fuori, dallo stigma e dal carcere, insieme ai loro bambini e bambine”

Il DdL sicurezza prevede, fra le varie misure repressive, la non obbligatorietà del rinvio della pena per le donne incinte e per le madri di bambini fino a un anno di età.  Il rinvio non solo diventa facoltativo, con tutti i problemi inevitabilmente legati anche alle tempistiche per ottenerlo, ma può essere rifiutato laddove si ritenga che la donna possa commettere ulteriori reati.

Di fatto, con questa previsione, il governo riesce a peggiorare persino il codice Rocco, nonostante la Costituzione si esprima in maniera estremamente chiara a favore della tutela della maternità e dell’infanzia e  nonostante i pronunciamenti nello stesso senso della Corte costituzionale e delle convenzioni internazionali. Con questa norma, non solo si punisce la donna per la “doppia colpa” di aver tradito col reato la “missione” materna, sulla scia dello stereotipo patriarcale; ma si permette che lo stigma ricada pesantemente sul/sulla di lei figlio/figlia.

Abbiamo sempre affermato che nessun bambino e bambina dovrebbe stare in carcere, che il carcere non è luogo dove la relazione madre bambino possa essere serena, tantomeno può essere il luogo ove una donna possa portare avanti in condizioni di sicurezza e dignità la propria gravidanza e, infine, partorire. E neppure possono essere soluzioni congrue gli ICAM, istituti a custodia attenuata, che sono pur sempre strutture carcerarie. Né sarebbe sostenibile la soluzione di separare i neonati e le neonate dalle proprie madri, come ricordato sia dal CPT- Comitato Prevenzione Tortura che dalla Corte Europea dei Diritti Umani che cita la pertinente disposizione dell’OMS, secondo cui un neonato sano deve rimanere con la propria madre. Piuttosto, le case- famiglia potrebbero rappresentare una alternativa accettabile per le detenute partorienti e i loro bambini o bambine che non godono di un domicilio sicuro e dignitoso. Ma le case- famiglia, già previste per legge e parzialmente finanziate solo per alcuni anni, non sono state costruite.

Rilanciamo quindi con forza i contenuti della campagna Madri Fuori, dallo stigma e dal carcere, insieme ai loro bambini, che due anni fa ha visto una forte mobilitazione a difesa dei diritti delle donne e dei figli. Dobbiamo contrastare le norme del ddl governativo, superare gli ICAM e costruire le case famiglia.

Chiediamo alle organizzazioni della società civile di aderire a questo appello e di farlo conoscere, condividendo le iniziative perché il ddl sicurezza sia modificato.

Chiediamo a tutti coloro che pensano che questa misura sia insostenibile in un paese civile di sottoscrivere l’appello.

Le adesioni all’appello, sia di singole persone sia di associazioni, possono essere inviate a info@societadellaragione.it

Sottoscrivono l’appello:
Daniela Dacci, Denise Amerini, Maria Luisa Boccia, Grazia Zuffa, Sofia Ciuffoletti, La Società della Ragione, CRS- Centro Riforma Stato, L’Altro Diritto, Katia Poneti, Susanna Ronconi, Giulia Melani, Michele Passione, Patrizia Meringolo, Franco Corleone, Monica Toraldo di Francia, Francesca Torricelli, Vincenzo Scalia, Stefano Anastasia, Tamar Pitch, Leonardo Fiorentini, Giusi Furnari, Valentina Calderone, Susanna Marietti, Ornella Favero, Redazione Ristretti Orizzonti, Antigone, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Elena Zizioli, Sbarre di zucchero, Francesco Monini Periscopio 

 

Per un aggiornamento sulla condizione delle madri e dei bambini detenuti, leggi il recente articolo di Letizia Giangualano “Madri detenute e bambini in carcere, qual è la situazione in Italia?”. il Sole 24 ore, 18 liglio 2024

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