APPELLO
Cultura è Pace e Pace è Cultura.
Contro il sionismo e l’occupazione di Gaza.
Per il popolo palestinese ed il popolo israeliano.
Moni Ovadia ha lanciato un allarme sulla gravità di un problema enorme.
Lo ha indubbiamente lanciato a modo suo, da artista impegnato quale è ed è sempre stato, e lo ha lanciato in qualità di Direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.
Non avrebbe mai dovuto venire a Ferrara al servizio della Destra e della famiglia Sgarbi.
Ha fatto bene oggi a prendere cappello, dopo le accuse vergognose e assurde di antisemitismo del senatore Alberto Balboni e Vittorio Sgarbi.
Moni Ovadia sì è espresso con estrema facilità di comprensione da parte di qualsiasi persona, da parte di ogni individuo o da parte di ogni altra libera testa pensante alla quale potesse essere rivolto in città, come altrove ed ovunque, nel mondo. Per questo va ringraziato.
La più triste delle conferme sulla reale, enorme, gravità del problema, viene dal fatto che ad incolparlo per avere fatto questo, vale a dire che ad accusarlo pubblicamente per essersi espresso e comportato in questo modo… è stato il Presidente della Fondazione Ferrara Arte, suo grande amico ed estimatore, Vittorio Sgarbi. Colui che, al contrario di Banksy, (tanto per intenderci), lo ha portato per davvero Moni Ovadia, tra noi, in città, come interlocutore artistico e culturale ben accolto e ben remunerato.
In precedenza vi è anche stato chi, come il senatore Alberto Balboni, ha espresso “un sentimento di vergogna” per aver accolto Moni Ovadia al vertice dell’istituzione più prestigiosa della città. E di cosa si deve vergognare Ovadia? Di essere un ebreo ma contro il governo sionista di un politico corrotto come Netanyhau?
Scopo di questo appello è di porre una riflessione su una discussione inesistente, ma di cui si ha davvero un disperato ed urgentissimo bisogno.
Quella che riguarda il destino di milioni di individui inseriti nel contesto geopolitico mediterraneo della Striscia di Gaza, Territori della Autonomia Nazionale Palestinese, a sua volta inserita nel contesto mediorientale inerente lo Stato di Israele, cioè laddove si sta consumando una crisi umanitaria generalizzata di estrema, massima gravità.
La discussione è impossibile mantenerla viva ed è per questo che non esiste: se solo si tenta di avviarla centrandola anche solo su uno degli infiniti aspetti della “Questione Israelo-Palestinese”, ecco che viene regolarmente e inevitabilmente chiusa sul nascere, in qualsiasi contesto.
Perché? Perché da decenni si continua (volutamente) a confondere antisionismo con antisemitismo. Perché essere antisionisti, cioè criticare una ideologia, viene visto e trattato come antisemitismo, cioè come avversione, ostilità e persecuzione razziale e religiosa contro gli appartenenti al Popolo Ebraico?
Perché oggi l’accusa di essere un o una antisionista ti può mandare in carcere?
Perché chi si oppone alle idee del sionismo, viene immediatamente additato e zittito?
Questo è uno dei principali temi su cui bisognerebbe iniziare a riflettere, poiché risulta ormai chiarissimo a tutti che il Governo dello Stato Israeliano, applicando fino in fondo la sua ideologia di matrice sionista, non si fermerà finché l’ultimo/a palestinese che vive in Palestina non sarà o espulso/a o ucciso/a.
L’invito, rivolto a tutti, è di aderire a questa chiamata per continuare la discussione con la speranza di portarla a compimento in maniera libera e partecipativa, non curanti di fastidiose interferenze che appartengono a sistemi di potere duramente provati e fortemente compromessi che di veritiero e di utile non hanno nulla, e ben poco da offrire allo sviluppo della società civile e all’affermazione della cultura universale della pace.
Essere a favore della pace contro la guerra è una necessità morale per le conseguenze che sempre comporta per gli indifesi, per i civili, per i non combattenti, Che triste certezza ammettere e constatare che le maggiori vittime di ogni guerra non sono i soldati, i combattenti e gli eserciti militari, ma le popolazioni civili, i più deboli, gli indifesi, le donne, le mamme, i vecchi, i bambini, che la subiscono ingiustamente senza nemmeno capire il perché…
Ovunque, nel mondo, tutti coloro che hanno a cuore la condizione e il destino di entrambi i popoli, vivono una angosciante montagna russa emotiva
Per chi poi vive in Occidente, nell’affrontare le problematiche conseguenze della guerra appena esplosa nel contesto mediterraneo israelo-palestinese “contro Hamas”, si è aggiunta l’aggravante di vedere i leader e i governi nazionali mettere da parte ogni pretesa di imparzialità.
Il giro in giostra, su questa angosciante roller-coaster emozionale, prevede ora il superamento del salto nel vuoto e l’attraversamento del tunnel degli orrori. Dopo la Guerra al Covid e in concomitanza con la Guerra in Ucraina, le uniche armi rimaste a disposizione sono due parole imprescindibili, intercambiabili ma mai divisibili l’una dall’altra: cultura e pace.
Per capire cosa si intende voler dire basta aggiungere un accento: cultura è pace e pace è cultura
indifferentemente e sempre.
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Franco Ferioli
Commenti (3)
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Rispetto Moni Ovadia per aver dichiarato con coraggio e con profonda verità che che “l’attacco di Hamas è il risultato della politica cieca di Israele”, non mancando di sottolineare però che “la morte di una sola persona, sia israeliana o palestinese, è sempre una tragedia”.
Questa situazione è il risultato di politiche cieche, di occupazione e colonizzazione dei vari governi israeliani che si sono succeduti negli ultimi settantanni.
Il popolo palestinese è stato dimenticato dalla comunità internazionale. Chi oggi giustamente si inorridisce per le immagini dei civili israeliani, sequestrati, barbaramente uccisi, lo ha mai fatto in tutti questi anni nei confronti dei palestinesi sottoposti ad ogni genere di vessazione, violenza, assedio? Lo ha fatto nei confronti di bambini, uomini, donne, anziani della striscia di Gaza uccisi dai raid israeliani?
Non esistono giustificazioni per tali barbarie. È giunto il momento di porre fine a questa spirale di violenza. Come ci ha insegnato Tiziano Terzani, dobbiamo arrestare questo orrore in corso. L’odio e la cecità non porteranno a nulla di positivo. È urgente riconsiderare la situazione. E’ necessario un grande ripensamento. Uniamoci per la Pace, facendo leva sulla diplomazia, la cultura, l’arte e la gentilezza del cuore. Questi elementi possono aprire la strada a un nuovo umanesimo in cui l’individuo sia veramente al centro della vita, come cantava Gaber.
Abbiamo bisogno di creare un nuovo spazio di consapevolezza, libero dai condizionamenti religiosi, razziali, ideologici. Sfidiamo il tradizionale concetto del bene e del male, cercando di fare del nostro meglio per promuovere la conoscenza, la cultura, la creatività e soprattutto l’Amore per seminare la Pace. Come Consigliera Comunale di Ferrara, mi apro al dialogo e mi unisco a questa chiamata per un mondo migliore, in cui l’umanità prevalga sul conflitto.
Anna Ferraresi
Accolgo l’appello ed esprimo volentieri il mio punto di vista.
Premetto che, per poter avere piena comprensione delle dinamiche sottintese alla delicata situazione israelo-palestinese, non si può prescindere dalla conoscenza approfondita e obiettiva di tutti gli antefatti storici che condussero a un conflitto ormai quasi secolare. Solo approcciando con occhio critico e imparziale il passato è infatti possibile coglierne gli errori, analizzarli e farli diventare monito affinché la storia, nei suoi aspetti più tragici, non abbia a ripetersi.
Conscia di non avere adeguata conoscenza per potermi addentrare nella delicatissima questione, posso però affermare che la guerra, a mio avviso, non è mai la risposta in grado di risolvere un qualsivoglia conflitto.
Non lo è il nazionalismo che considera la propria visione del mondo e dei contesti geopolitici l’unica possibile e ammissibile.
Non lo è nemmeno la cieca acquiescenza di chi si schiera dalla parte di chi è vittima di un attacco senza soppesare con attenzione i retroscena che hanno spinto l’aggressore ad agire in un certo modo.
Ovadia ha ben espresso tutti questi concetti nel suo breve, incisivo intervento rilasciato alla stampa.
In una situazione come quella che vede la difficile convivenza tra popolo israeliano e palestinese, penso che un’eventuale soluzione al conflitto non passi attraverso prese di posizioni nette, ma per la consapevolezza che solo una parziale rinuncia da entrambe le parti potrebbe portare a un primo passo nella giusta direzione. Se la Palestina non è solo aggressore, ma anche vittima, altrettanto Israele non è solo vittima, ma anche aggressore. La storia l’ha ampiamente dimostrato.
Questo è il mio pensiero, con la speranza che la pace possa finalmente trionfare.
Tutte riflessioni condivisibili con l’ aggiunta, a mio modesto parere, che ad Hamas e ai governanti israeliani, i palestinesi e un loro Stato autonomo non sono in agenda dai tempi di Arafat.