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di Riccardo Noury
portavoce di Amnesty International Italia

Tra il 4 e il 13 luglio una delegazione di Amnesty International e Human Rights Watch ha visitato la Grecia per svolgere ricerche sulle circostanze del naufragio del 14 giugno al largo di Pylos, costato la vita a oltre 600 persone e su quanto si stava facendo per accertare le responsabilità.

Le prime osservazioni della delegazione hanno confermato le preoccupazioni espresse da varie altre fonti sulla dinamica del naufragio.

In un incontro con la delegazione, alti funzionari della Guardia costiera greca hanno dichiarato che le persone a bordo del peschereccio si erano limitate a chiedere cibo e acqua e avevano espresso l’intenzione di proseguire la navigazione verso l’Italia. L’imbarcazione della Guardia costiera aveva accostato al peschereccio utilizzando una corda per capire se chi era a bordo volesse aiuto. Dopo i primi “negoziati”, la corda era stata lanciata indietro e il peschereccio aveva ripreso la navigazione.

Invece, molti dei 104 sopravvissuti hanno concordemente dichiarato che un’imbarcazione della Guardia costiera giunta sul posto attaccò una corda al peschereccio “Adriana”, con 750 persone a bordo, e iniziò a trainarlo, facendolo prima oscillare e poi inabissare. Hanno aggiunto che le persone a bordo avevano chiesto di essere soccorse e che, ore prima del naufragio, avevano sollecitato aiuto con un telefono satellitare.

Le profonde discrepanze tra le testimonianze dei sopravvissuti e la versione fornita dalle autorità greche rendono urgentemente necessaria, secondo Amnesty International e Human Rights Watch, un’indagine efficace, indipendente e imparziale.

Le autorità greche sono note per il mancato accertamento delle responsabilità per i respingimenti, violenti e illegali, alle loro frontiere. Ciò solleva preoccupazioni rispetto alla loro capacità e volontà di svolgere indagini efficaci e indipendenti sul naufragio di Pylos.

Anche in occasione del naufragio del 2014 presso l’isola di Farmakonisi, i sopravvissuti avevano accusato la Guardia costiera greca di aver fatto manovre azzardate per trainare la loro imbarcazione verso le acque della Turchia. Nel 2022 la Corte europea dei diritti umani ha condannato la Grecia per avere mal gestito le operazioni di soccorso e per non aver indagato adeguatamente, in particolare riguardo alla gestione delle testimonianze dei sopravvissuti.

Parallelamente all’indagine greca, l’Ombudsman dell’Unione europea ha annunciato l’intenzione di aprire un’indagine sul ruolo di Frontex nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, compreso il naufragio del peschereccio “Adriana”. Sono in gioco importanti aspetti del ruolo, delle prassi e dei protocolli dell’agenzia e riguardo a cosa questa abbia fatto per rispettare i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale e delle leggi dell’Unione europea riguardo a questo e ad altri naufragi.

Riccardo Noury è dal 2003 il portavoce di Amnesty International Italia, organizzazione per la difesa dei diritti umani di cui fa parte dal 1980. Ha scritto “Non sopportiamo la tortura” (Rizzoli Libri Illustrati, 2001), “Poesie da Guantánamo” (2007), “La testa altrove” (Infinito Edizioni, 2020), “La stessa lotta, la stessa ragione” (People Pub, 2020) e “Molla chi boia. La lenta fine della pena di morte negli Usa” (Infinito Edizioni, 2022). È coautore di “Un errore capitale” (Edizioni Cultura della pace, 1998) e “Srebrenica. La giustizia negata” (Infinito Edizioni, 2015). Ha curato “I dimenticati. Coloro che non sono ripartiti dopo la pandemia” (Infinito Edizioni, 2020) e “Le donne di Minsk” (Infinito Edizioni, 2021). Dal 2003 è responsabile dell’edizione italiana del Rapporto annuale di Amnesty International. Scrive, attraverso i suoi blog, su Corriere della Sera, Fatto quotidiano, Focus on Africa, Articolo 21 e Pressenza.

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