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di  Gianni Giovannelli
(pubblicato da Effimera*  il 22.10.22)

Son cussì disgrazià che pianzo tanto,
Né so se gò dirito ai sfoghi e al pianto
(Giacomo Ca’ Zorzi  Noventa)

Alle cinque della sera, in un reparto della piccola fabbrica metalmeccanica BC Service, nel cuore del laborioso nord-est, a Noventa di Piave, è morto Giuliano De Seta, diciotto anni appena compiuti, ultimo anno all’Istituto Tecnico Leonardo Da Vinci (Portogruaro). Per poter conseguire il diploma il giovane studente doveva, necessariamente, documentare qualche centinaio di ore di prestazione gratuita nell’ambito del programma di alternanza scuola-lavoro; e così, alle cinque della sera, mentre stava eseguendo le tassative disposizioni ministeriali, Giuliano De Seta ha perso la vita, schiacciato da una lastra d’acciaio, solo, senza scampo. Lo demas era muerte y solo muerte a las cinco de la tarde.

La cosiddetta alternanza fu introdotta con una legge chiamata “buona scuola”, la 107/2015, commi da 33 a 45, quando ministro in carica era Stefania Giannini, in quota “tecnica” legata al gruppo parlamentare del senatore Monti, durante il governo Renzi. Il comma 36 escludeva qualsiasi onere per la finanza pubblica e assegnava al dirigente scolastico la responsabilità di individuare le imprese presso le quali il lavoro gratuito obbligatorio si sarebbe in concreto materializzato, anche con riferimento ai problemi della sicurezza.
Le linee guida attualmente in vigore sono quelle contenute nel decreto ministeriale n. 774 del 4.9.2019, a firma di Marco Bussetti, indipendente di area leghista, quando era in carica il governo gialloverde guidato da Conte e Salvini; si applica altresì la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti varata con il decreto interministeriale 3.11.2017 n. 195.

Non è stato reso noto, nell’immediatezza, con chiarezza e trasparenza, il testo della convenzione fra scuola e impresa che si riferisce all’assegnazione di Giuliano De Seta presso B.C. Service s.r.l.; sappiamo solo – lo ha riferito la dirigente scolastica Anna Maria Zago – che questa società collaborava da tempo con l’ITIS Leonardo Da Vinci. Ancora ignote sono invece le generalità del tutor interno e del tutor esterno, soggetti che secondo l’articolo 4 delle linee guida avrebbero dovuto interagire costantemente fra loro e tenere sotto controllo l’attività svolta. Ma alle cinque della sera, in quel drammatico venerdì 16 settembre, non c’erano, mentre la muerte puso huevos en la herida.
Ci pare davvero difficile rinchiudere questo terribile accaduto nel recinto della fatalità, della semplice disgrazia imprevista e imprevedibile. Il quadro che caratterizza la vicenda è quello di responsabilità plurime, di comportamenti tollerati dalle istituzioni dello stato, concretando quella che con suggestiva immagine venne qualificata ‘complicità ambientale’.

Da molti anni, troppi ormai, l’impunità sostanziale accompagna ogni morte sul lavoro, sia per esposizione all’amianto, sia per consapevole rimozione dei dispositivi di sicurezza, sia, come in questo caso, per una mal concepita, e mal eseguita, alternanza di studi e lavoro.
Chi ha imposto l’alternanza come obbligatoria al fine di conseguire il diploma ha costruito una fitta ragnatela di regole ben difficilmente applicabili (anche, ma non solo, per mancanza di fondi), volutamente dimenticando un idoneo conseguente apparato di sanzioni. Non è questione di invocare un giustizialismo inutile e insensato, come presumibilmente suggerirà la critica interessata dei giuristi ingaggiati dalle associazioni datoriali o da pseudo-sindacalisti foraggiati; è piuttosto la constatazione di come si sia consolidata nel tempo una cultura giuridica e legislativa di appoggio a chi reprime le lotte dei precari nella logistica o le proteste contro il TAV in Val di Susa, ma al tempo stesso reticente nel contrasto di inquinamenti, omicidi sul lavoro, riciclaggi, bancarotte. Per i primi compare sempre più frequentemente l’addebito di associazione per delinquere, per gli altri la conclusione, per una ragione o per l’altra, è l’impunità.

Noventa di Piave era il borgo in cui era nato uno dei più importanti poeti dialettali del secolo scorso, Giacomo Ca’ Zorzi. Amava la sua terra e per questo volle firmarsi “Noventa”. Era un convinto cattolico liberale, antifascista nel ventennio, legato a Croce e a Gobetti; non certo un comunista, ma ugualmente sensibile e attento a quel che avveniva nei ceti popolari. Giuliano, nato in una famiglia di lavoratori emigrati dalla Calabria, viveva a Ceggia, un paese in cui negli anni Sessanta aveva messo radici Potere Operaio. Questa morte, alle cinque della sera, in un piccolo triangolo di territorio veneto capace di lotte sociali e sottomissioni, pronto sempre a lavorare senza risparmio nella speranza di migliorare il destino della collettività, ci deve far riflettere. Magari potrebbe diventare un grimaldello per superare questa bonaccia di apatica rassegnazione in cui siamo caduti, per riaprire una porta sul futuro.

Giovanni Cagnassi, cronista per La Nuova di Venezia e Mestre, il 17 settembre, commentando l’incidente ha così descritto  B.C. Service s.r.l.: “una di quelle aziende specializzate e poco sindacalizzate che sono la spina dorsale dell’economia del territorio e di una zona industriale molto attiva”. L’articolo rende bene il contesto, ci fa comprendere le ragioni profonde della complicità ambientale in cui si radica il consenso e non trova ostacoli una organizzazione neoliberista che in poco conto tiene la vita umana. I genitori della vittima vanno rispettati, nella loro identità e nel loro dolore; e anche nel loro procedere prudentemente, senza proclami. Al tempo stesso vanno sostenuti, evitando ogni strumentalizzazione, quando dicono: “Non ce la sentiamo di esprimerci finché la magistratura non avrà accertato l’esatta dinamica dei fatti. Però, è ovvio, vogliamo sapere la verità su come sia stato possibile che la vita di nostro figlio finisse in questo modo”.

Non credo sia possibile condividere tanta fiducia negli accertamenti della magistratura, a fronte di una inaccettabile incapacità, nella gran parte dei casi, di pervenire rapidamente all’individuazione dei responsabili. E penso sia bene invece esprimersi subito, qui e ora, incalzando senza sosta, perché la “verità”, in casi come questo, è per sua natura ribelle, se non anche rivoluzionaria. E allora potremmo procedere alla redazione di un testo in cui si chiede, ora, che sia reso di pubblica conoscenza il testo della convenzione (deve farlo Anna Maria Zago che dirige l’ITIS Da Vinci di Portogruaro) e che diano subito la loro versione, previa identificazione, i due tutor. I genitori hanno riferito al giornalista del Corriere Andrea Priante (18 settembre, pagina 23) che Giuliano aveva lavorato come operaio presso la B.C. Service s.r.l. nei mesi di luglio e agosto con un regolare contratto di apprendistato. Lascia perplessi un contratto di apprendistato di due soli mesi, fra l’altro risolto proprio quando ebbe poi inizio lo stage di alternanza. Che senso abbia poi un breve stage di alternanza dopo due mesi di lavoro è un bel mistero; certamente va acquisita anche tutta la documentazione relativa a questo contratto (dall’aria assai poco regolare se la descrizione risultasse esatta)  e la direttrice Anna Maria Zago (con i due tutor) dovrebbe sentirsi tenuta a spiegare come le due prestazioni siano state ritenute compatibili. L’assegnazione ad un’impresa metalmeccanica rientra fra quelle a rischio elevato secondo le norme che regolano l’alternanza; dunque era necessario un congruo periodo formazione in presenza, con una idonea informazione sui rischi. Lo svolgimento dell’attività  lavorativa gratuita prima dell’inizio dell’anno scolastico induce qualche perplessità.

 

* ) Effimera è nata nel 2013, dopo la fine dell’esperienza di UniNomade 2.0, avviata nel 2011. Attualmente è un collettivo “virtuale” composto da più di 200 persone, interconnesse tra loro, che risiedono in varie parti del mondo. Una rete di ricercatori e attivisti, accomunati da una pratica di ricerca militante che origina dall’operaismo italiano a partire dai Quaderni Rossi degli anni Sessanta, fino alle più recenti teorie sul capitalismo biocognitivo-relazionale. Si tratta di una realtà assai composita, aperta alla discussione e all’elaborazione collettiva, anche attraverso l’organizzazione di seminari che rappresentano momenti di confronto pubblico e di autoformazione, indirizzati a chiunque sia interessato/a a partecipare. Effimera dedica un’attenzione particolare alle tematiche relative alla soggettività nella crisi, alla precarietà, ai femminismi e alla critica delle identità, nonché all’ecologia politica, alla battaglia per il reddito e alle analisi sul comune e sui beni comuni. Alla ricerca di pratiche e teorie che possano favorire un processo di autonomia e esodo costituente da opporre alle gabbie del capitalismo contemporaneo.

Cover:  foto della Rete Studenti Medi

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