Alan Fabbri chiude “a tutela della incolumità pubblica” La Resistenza.
Per un mese o fino alle elezioni? Staremo a vedere.
Tempo di lettura: 4 minuti
Un piatto servito freddo
Ho letto anch’io l’ordinanza del Sindaco che chiude “temporaneamente” le porte del Centro Sociale La Resistenza, e devo purtroppo dire che non riesco a condividere il cauto ottimismo degli amici della Resistenza. E non solo per il fatto che per eseguire i lavori imposti dall’ordinanza ci vogliono molte migliaia di euro e molto di più di 30 giorni. Sono infatti pronto a scommettere: il centro rimarrà chiuso fino alle prossime elezioni amministrative di giugno 2024. Almeno. poi si vedrà.
Frequento spesso La Resistenza, per la presentazione di un libro ma anche per scambiare due chiacchiere con giovani e meno giovani. E’ un posto che mi piace, molto tranquillo, che non mi pare fatiscente. Anzi, è molto bello arrivare alla Resistenza, uscire, se dio vuole, dal “salotto buono” (lindo, pulito, ancorché pieno di gabinetti da campo per il concerto di turno) del nostro Centro Storico inamidato.
Dunque la mossa del Sindaco, priva com’è dei requisiti d’urgenza, mi pare tutt’altro che estemporanea. Sembra piuttosto un atto premeditato. Un piatto da servire freddo, un piccolo trofeo da offrire ai sostenitori più sfegatati. La prima giunta orgogliosamente di destra dal dopoguerra in avanti, quella che aveva accantonato l’idea (almeno per il momento) di intestare una via di Ferrara al glorioso Trasvolatore nonché mandante dell’uccisione di Don Minzoni, non poteva accettare l’esistenza di un “Centro Sociale” (orribile a dirsi), per giunta “autogestito”. E soprattutto con quel nome indigeribile: La Resistenza.
Francesco Monini
Alan Fabbri chiude “a tutela della incolumità pubblica” Il Centro Sociale La Resistenza
Il sindaco di Ferrara ha chiuso il Centro sociale La Resistenza, aderente all’Ancescao, “a tutela della incolumità pubblica”, con una ordinanza firmata il 16 agosto. La stessa ordinanza impone lo svolgimento dei lavori necessari “entro 30 giorni”.
Deve essere messo a norma l’impianto elettrico interno ed esterno, certificata ai fini di sicurezza una vasta copertura esterna in metallo o in mancanza smantellata, sgombrati gli annessi non autorizzati e la piccola biblioteca al primo piano perché non munita di uscita di sicurezza. Questi i principali lavori da eseguire entro il 15 settembre!
Più che ispirato da sana amministrazione, sembra un atto suggerito da “coniglismo mannaro”.
Non servono commenti, ognuno di noi è esperto nell’arte di corteggiamento a lungo termine di elettricisti, idraulici, muratori. Figuriamoci a Ferragosto!
E cosa succede se alla data fatidica i lavori non saranno stati completati? Ancora l’ordinanza: “le opere verranno effettuate dal Comune, senza ulteriori comunicazioni ai proprietari (ma guarda caso, il proprietario è il Comune!), ponendo a carico dei legittimi detentori ogni spesa inerente e susseguente all’intervento”,
Il sottotesto sembra chiaro: non ce la farete mai entro metà settembre, e noi i lavori li faremo quando potremo. E intanto il centro rimarrà chiuso.
E loro, i soci del centro sociale La Resistenza, che fanno? Si dichiarano “felici: infatti l’ordinanza ferragostana prevede il rientro dei soci al completamento dei lavori”. Dunque il Comune pare retrocedere rispetto ad una precedente delibera che escludeva la sede di via della Resistenza dagli stabili dati in gestione all’Ancescao di Ferrara.
Infatti, da anni più di un esponente dell’attuale amministrazione l’ha giurata a quel Centro Sociale, l’unico superstite in città. Lo testimoniano sui social i soliti commenti e dichiarazioni d’amore pro-Alan, dichiarazione apparse sui canali di comunicazione e comportamenti sconcertanti degli uffici comunali che non rispondono alle Pec del Centro, concedono risposte vaghe al telefono, salvo poi, all’improvviso accampare problemi di sicurezza, lavori da svolgere in urgenza e infine decidono che quello stabile l’Ancescao lo deve mollare e basta.
Ora non sembra più così: è probabile che la concessione in mano all’Ancescao, valida fino al 2034, sia risultata giuridicamente inattaccabile. Rimane l’atteggiamento punitivo del Comune nei confronti di associazioni e gruppi non omologati alla maggioranza di destra, confermato anche dallo sfratto ai danni del Centro Servizi del Volontariato e ad oltre venti associazioni.
Probabilmente l’intensa attività associativa del Centro sociale fatta di corsi, incontri, buffet, manifestazioni, laboratori, concerti a totale autofinanziamento, contrasta in maniera troppo stridente con la concezione di politica dello spettacolo, cene galanti, concertoni, ricevimenti sfarzosi che pratica il Comune interamente a spese dei cittadini e a vantaggio degli organizzatori privati.
“Riteniamo che i costi per i lavori siano in gran parte di competenza del Comune – prosegue il comunicato del Centro sociale –. ciononostante non ci tiriamo indietro. Le tempistiche e le modalità proposte dal Comune rappresentano una sfida per i soci, che ora si trovano a dover coordinare la ricerca sia di manodopera qualificata che di una azienda edile disponibile durante il periodo delle vacanze estive. In questo contesto è fondamentale il supporto e la partecipazione di tutti, ricordando che lo spazio appartiene all’intera comunità ferrarese”.
Sostieni periscopio!
Alessandro Tagliati
Commenti (3)
Lascia un commento Annulla risposta
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Ora e sempre RESISTENZA
Colpisce anche a me la codardia di una Giunta che sceglie di uscire con una ordinanza la settimana di ferragosto, nel mese in cui le persone (manodopera in primis) è in ferie e pone la data del 15 settembre come termine per gli adempimenti.
Una precisazione rispetto al riferimento allo sfratto del CSV. In realtà non è uno sfratto, ma un non rinnovo del comodato ad uso gratuito per l’utilizzo dei locali al primo piano di Via Ravenna 52. Locali adibiti non solo come uffici del Centro Servizi per il Volontariato ma come Casa del Volontariato, che dà attualmente la sede legale e/o operativa a circa 60 tra associazioni e gruppi informali.
In questo caso colpisce la mancanza di visione e di conoscenza del mondo associativo, in particolare del Volontariato sociale, senza il quale lo stesso sistema dei servizi pubblici si vedrebbe privato di una risorsa fondamentale e non accessoria, per l’attuazione delle sue stesse politiche di welfare.
Dare Casa alle associazioni significa infatti consentire loro il primo obiettivo per cui nascono: associarsi, riunirsi e dare gambe ai propri progetti.
In questa fase storica particolare, inoltre, la condivisione degli spazi tra più associazioni consente una razionalizzazione delle risorse (spazi, logistica) e una riduzione delle spese per ciascuna.
ma davvero questi gradassi e rancorosi che si comportano da padroni e non da amministratori vinceranno le prossime elezioni?