Weird Goodbyes: com’è strano dirsi addio
Non mollare mai. Se ci credi, ce la fai. Volere è potere. L’unico ostacolo al tuo successo sei tu.
Quante volte le avete sentite queste frasi? Quante volte i vostri familiari, i vostri amici o i vostri colleghi vi hanno dato questo consiglio?
Pensate invece alle volte in cui un familiare, un amico o un collega vi ha ascoltato profondamente e, con parole sue, vi ha suggerito di lasciar perdere o di rinunciare a qualcosa. Sono decisamente inferiori alle altre, vero?
Intendiamoci: non c’è niente di sbagliato nell’accendere il nostro entusiasmo e la nostra voglia di successo con delle frasi motivazionali. Fa parte della nostra cultura, alimenta le nostre passioni e dà degli stimoli a chi non ne ha più.
Il fatto è che la società altamente performativa in cui ci ritroviamo non si adatta a noi. Siamo noi che ci adattiamo, spesso con affanno e preoccupazione, a una narrazione un po’ tossica del successo. Dovremmo imparare a lasciar andare, a lasciar scorrere la vita dalle nostre mani, senza che lo stigma del fallimento annebbi la nostra vista.
Così, nell’epoca del quiet quitting e della maggiore consapevolezza del benessere psicologico, c’è un pezzo che ben descrive l’abbandono di qualcosa che non fa per noi, che sia un lavoro, una relazione o una schema mentale. Come nelle migliori ballate dei R.E.M., Weird Goodbyes dei National è una sequenza cinematografica di immagini e sensazioni: c’è una vecchia macchina che arranca sotto la pioggia – metafora di un pezzo della nostra vita che se ne sta andando, che non ce la fa più – mentre il segnale radio va e viene. Il protagonista accosta sul ciglio della strada, sperando che sia un problema passeggero, ma sa già che non è così.
Il crescendo emotivo è scandito da un beat incessante e dall’alternanza delle due voci: quella calda e confidenziale di Matt Berninger, l’altra più melodiosa e sofferta di Bon Iver. L’amara verità del ritornello è un colpo al cuore, specialmente sul finale, e dà un senso all’inquietudine e ai dubbi delle strofe. Perché sì, per quanto possa sembrare strano, dirsi addio è necessario e inevitabile, prima o poi.
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Paolo Moneti
Commenti (2)
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Bellissimi, sia il pezzo che l’articolo. Grazie Paolo!
Paolo sai sempre essere attuale e un interprete incredibile di questo frangente storico !!! Bravo !