È quasi l’alba, e stiamo camminando per le strade in cerca di un bar, di un minimarket o di un qualsiasi riparo dal nostro vagabondare. Sì, abbiamo la fame di chi ha fatto tardi, e anche il più rattrappito dei tramezzini confezionati ci sembra il giusto premio per aver attraversato indenni un’altra notte.
Eppure, lo sai, c’è ben poco da festeggiare: sei inerme di fronte alle tue fragilità, e quel confine tra l’essere vittima e carnefice non è mai stato così sottile. Parli di progetti, di nuove possibilità, ma in cuor tuo sai già che sono soltanto parole con cui riempirai il presente, e non il futuro.
Non sei veramente qui, non stai assaporando il momento. O perlomeno fai finta di assaporarlo, perché è così che si fa da queste parti: si indossa una maschera e si evita di scavare a fondo per paura, pigrizia o vergogna. Riempiamo tutto il riempibile per non fare i conti con il vuoto che ci attende.
Il tuo è un grido d’aiuto strozzato sul nascere. Io l’ho colto, e spero che non sia troppo tardi.
Vorrei poterti aiutare, ma non so come.
Resta con me. Non lasciarti andare.
Si sta facendo giorno, e ce n’è di strada da fare.
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Paolo Moneti
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